‘Ripartiamo dalla partecipazione’, il commento di Lari, Pieroni e Millozzi sul referendum

“La partecipazione al referendum ha dato nuovo ossigeno alla democrazia”. È da qui che occorre ripartire secondo il segretario provinciale Pd Alessio Lari, dopo il risultato del voto di Ieri. Un commento che riportiamo integralmente, insieme all’analisi del consigliere regionale Andrea Pieroni, che si interroga invece sul futuro che attende il Paese, e al commento del primo cittadino di Pontedera Simone Millozzi.

 

Il commento del segretario provinciale Pd Alessio Lari
Ci sono appuntamenti ai quali non si deve mancare e ci si deve fare trovare pronti: è il caso dei tantissimi italiani che si sono recati alle urne per il referendum costituzionale. I cittadini hanno dimostrato grande consapevolezza dell’importanza della consultazione referendaria. Questo al di là dei vari posizionamenti è un bel segnale per la nostra democrazia. La vittoria del no è netta, non ci sono alibi e il presidente del consiglio e segretario del Pd Matteo Renzi, nel discorso pronunciato durante la notte, non si è lasciato andare a quel solito vizio di dire che “nessuno ha vinto, ma nessuno ha perso”. Il Pd dovrà approfondire in ogni sede, a partire dalla prossima direzione nazionale le ragioni di questa sconfitta. Nella nostra provincia il Sì ha vinto di stretta misura, i buoni risultati del Sì dei territori provinciali sono stati compensati dalla prevalenza del No su Pisa e dell’area pisana.
Anche su questo ci confronteremo e sarà necessaria una approfondita riflessione. Ma ciò su cui dobbiamo concentrarci ora è il partito, uscito da questo referendum con la consapevolezza di aver fatto un buon lavoro grazie all’impegno e alla passione di tanti iscritti che si sono mobilitati credendo in questa proposta di riforma, ma anche con qualche elemento di stanchezza e divergenza. Adesso dobbiamo ripartire. Giorni fa ho comunicato la nuova impostazione della segreteria provinciale.
Servirà un lavoro approfondito sul territorio, catalizzare l’entusiasmo nato intorno al referendum come base di ripartenza dei circoli e ovviamente marcare stretto i temi sociali, del lavoro, degli enti locali. La partecipazione a questo referendum ha dato nuovo ossigeno alla nostra democrazia. Democrazia che non può esistere senza i suoi valori costituzionali e repubblicani, e che ha nei partiti il ruolo di garanti della partecipazione democratica.

Il commento del consigliere regionale Pd Andrea Pieroni
Ho votato Sì, da non renziano, perché, in scienza e coscienza, pensavo che la riforma fosse utile alle istituzioni ed al Paese e che dovessimo esprimerci sul merito, lasciando in un canto simpatie, antipatie, apoteosi, risentimenti o rancori. Ragionando cioè da cittadini e non da tifosi o da falangi armate. Ma la grande partecipazione al voto e l’ampiezza della vittoria del No non lasciano spazio all’interpretazione. Questa volta sappiamo chi ha perso. Paradossalmente invece non sappiamo chi ha vinto. Perché il fronte del No non rappresenta un’alternativa politica all’attuale maggioranza.
Sono convinto che gli elettori abbiano sempre ragione anche quando il loro voto ci fa male. Quello che si apre oggi è un passaggio stretto e delicato per il Paese e per il Partito democratico. Renzi ha giocato la partita al suo modo, personalizzando e caricando il referendum di significati politici che oggi lo costringono alle dimissioni. Ha giocato, ha rischiato, ha perso, merita l’onore delle armi, ma le dimissioni sono inevitabili. Ora serve responsabilità per il bene dell’Italia ed evitare che il Paese finisca in mano al Movimento 5 Stelle, alla Lega o ad alleanze innaturali, unite solo da un nemico comune da sconfiggere.
Il presidente Mattarella saprà guidare la crisi nel modo migliore, possiede l’esperienza e la saggezza necessarie per prendere le decisioni più opportune. Serve responsabilità per preservare il patrimonio politico, culturale ed umano costituito da Pd. La sua edificazione è costata fatica, sacrificio ed energie preziose a tanti, la sofferenza di scelte laceranti, anche sul piano umano, allorché nacque l’Ulivo, che del Pd fu progenitore.
Renzi deve avere ora l’umiltà di ammettere i propri errori di valutazione, di non aver capito gli umori autentici della gente, di non aver compreso che non si vive di sola rottamazione e giovanilismo! Se decidesse di rimanere alla Segreteria del Pd solo per meditare rivincite non farebbe un buon servizio al Pd ed all’Italia. Il Pd deve tornare ad essere una comunità politica fatta di ascolto e di confronto, di dialogo e di rispetto; deve arricchirsi della diversità di opinioni e di idee, deve includere per ampliare i propri confini. Evitando scorciatoie quali quelle volte a fare campagna acquisti nel centrodestra che i risultati hanno dimostrato di essere infruttuose.
Del resto, già le elezioni amministrative tenutesi in questi mesi (vedi gli esiti traumatici di Roma e Torino, passando per Arezzo, Grosseto e Cascina, per finire con Monfalcone) ci dicono come il Pd abbia perso il contatto con ampi settori della società (dal mondo del lavoro dipendente a quello delle libere professioni, dalle fasce sociali più fragili al ceto medio). Serve una politica meno muscolare e divisiva, meno dirompente e manichea, serve un nuovo spirito di condivisione, pacificazione ed unità. In attesa dei congressi, questo dovrà essere il tratto di coloro che, ad ogni livello, saranno chiamati a guidare il Pd nel prossimo futuro.
Una riflessione sul dato regionale. Se da un lato in Toscana il Sì ha vinto con 5 punti di scarto sul No (52,5% contro il 47,5%), il voto ci conferma una Regione spaccata in due. Nel centro della Regione prevale il Sì, sulla costa vince il No. Dunque, anche in questa circostanza, la Toscana costiera ci invia un sos, una richiesta di attenzione che non possiamo eludere oltre. Da qui la necessità di accelerare e rafforzare politiche ed interventi regionali che guardino con maggiore forza e decisione a questa porzione strategica della nostra regione.

Il commento del sindaco di Pontedera Simone Millozzi
“Ho sempre ritenuto che “a caldo” sia impossibile fare analisi serie sulle consultazione elettorali e che al massimo si possano raccogliere impressioni, per definizione parziali e provvisorie.
Ma ci sono dei numeri e degli esiti che il giorno dopo mi sembrano incontrovertibili.
In primo luogo il dato più importante: una straordinaria partecipazione popolare con una affluenza superiore ad ogni aspettativa. L’indizio certo per capire lo stato di salute di una democrazia è l’affezione del popolo ad esercitare la propria sovranità attraverso la partecipazione al voto. Nonostante una campagna elettorale estenuante e la complessità della materia trattata il dato dei votanti ci racconta di un paese che, nonostante la devastante crisi sociale ed economica, ha ancora energia ed orgoglio per non accartocciarsi in silenzio e con indifferenza intorno alle enormi difficoltà che lo hanno attraversato. È un buon segno.
Ero (e sono) convinto che la riforma costituzionale proposta potesse costituire un passo avanti e rendere più efficienti e adeguate le istituzioni con il superamento del bicameralismo paritario e della frammentazione prodotta dalle distorsioni di un federalismo troppo conflittuale.
Non abbiamo tuttavia saputo evitare, commettendo errori di personalizzazione evidenti, che sul contenuto della riforma si innescassero divisioni così profonde e lacerazioni talmente insanabili da trasformare il quesito referendario in una battaglia politica aspra, strumentale e diversa contro il Governo e contro il PD, con gli inevitabili esiti che conosciamo. Penso davvero che sia un’occasione persa per l’Italia ma spero anche che l’imponente dibattito venutosi a creare ci lasci un capitale di consapevolezza diffusa da investire nel futuro prossimo dell’agenda politica.
A Pontedera, in controtendenza all’esito nazionale, è prevalso il SI. Credo che sia il frutto di una campagna elettorale capillare, su cui mi sono peraltro e convintamente speso in prima persona, fatta di moltissime occasioni di confronto tra la gente e di approfondimento vero sul merito della riforma. Abbiamo combattuto lealmente per il si senza mai demonizzare le ragioni di chi stava combattendo per il no; voglio ringraziare tutti coloro che all’interno del PD e del comitato si sono mobilitati credendo nelle buone ragioni di merito del progetto che abbiamo proposto.
Più in generale penso che gli elettori con il voto del 4 Dicembre abbiano chiesto legittimamente alla classe politica una attenzione maggiore ai drammi ed alle sofferenze di quegli strati di società che temono per il proprio presente, proposte e soluzioni per le generazioni angosciate per il proprio futuro e quello dei propri figli, strategie industriali ed investimenti per creare posti di lavoro e tutelare più e meglio la precarietà di quello esistente.
Una politica che non scarichi sul meccanismo delle regole democratiche la propria debolezza, che non segua la scorciatoia di nuove architetture costituzionali senza aver prima ritrovato la sintonia con il popolo e la capacità di rappresentarne le dinamiche. Una politica insomma che si occupi di fornire protezioni sociali dove mancano e di migliorare le condizioni di vita dei cittadini accogliendone le istanze ed includendoli in circuiti organizzati della partecipazione.
L’unica forza politica che ha il respiro e la visione per affrontare tale sfida è il Partito democratico. Per quanto posso lavorerò affinché non sia il momento delle recriminazioni quanto, piuttosto, del dialogo e di una rinnovata unità ancorata al profilo di una sinistra moderna ed europea capace di perseguire la sfida del riformismo e di arginare il populismo dilagante. Può e deve farlo, senza pretese di autosufficienza, all’interno del quadrante politico dell’intero centrosinistra riallacciando in modo serio e profondo un rapporto, oggi incrinatosi, con molti strati della società civile e tornando a parlare ai movimenti ed alle associazioni del civismo e della legalità.
Da esponente politico penso sia necessario anticipare il congresso del partito in modo tale da aprire un confronto libero al nostro interno tale da definire e chiarire la linea politica da seguire, a partire da una correzione seria della rotta che per me significa una svolta culturale e politica ed il recupero dell’identità di un centrosinistra di governo. Un congresso che abbia l’ambizione di riportare il PD ad essere un laboratorio culturale e politico e non un comitato elettorale permanente, capace, con umiltà, di elaborare strategie chiare e di lungo respiro, di elaborare un pensiero autonomo in grado di parlare al paese, di ascoltare e dialogare con quelle parti della società duramente colpite dalla crisi – aree periferiche, aree popolari, classi lavoratrici.
Da Sindaco, infine, penso che adesso la priorità sia garantire l’approvazione della legge di bilancio e predisporre una legge elettorale condivisa che riequilibri il rapporto tra governabilità e rappresentanza. Occorre un governo che traghetti il paese, senza ulteriori incertezze, fino alle prossime elezioni e che non disperda daccapo le buone cose che il governo Renzi ha fatto in questi due anni per garantire ai comuni di svolgere il proprio ruolo di sviluppo e governo del territorio”.

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