“Ho temuto che mio figlio morisse in ambulanza” foto

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Doveva essere una serata di svago e divertimento e invece, per la famiglia di Mioara Popina, si è trasformata in un incubo a causa del brutto incidente che è capitato al figlio di 8 anni, il piccolo R., volato giù da un’altalena battendo violentemente la testa a terra e per come si sono poi svolti i soccorsi sul posto e in ospedale. Mioara Popina, in Italia da 23 anni, vive con la sua famiglia: il bambino di 8 anni suo malgrado protagonista della storia che vi raccontiamo e una bimba molto brava nella ginnastia artistica, oltre che con suo marito.

“Avevamo accompagnato i bambini a Galleno alla Pro Loco dove era prevista dal tardo pomeriggio una manifestazione sportiva in cui le bambine della ginnastica ritmica di varie squadre si sarebbero esibite e poi avremmo dovuto cenare tutti insieme. Una manifestazione a cui erano presenti un centinaio di persone, tra cui il vescovo di San Miniato monsignor Migliavacca e il sindaco di Fucecchio Alessio Spinelli, assolutamente estranei ai fatti. Mia figlia infatti è molto brava nella ginnastica ritmica e nella sua categoria è già arrivata anche a competizioni nazionali”.
“Tutto è avvenuto intorno alle 20 di domenica 8 luglio – racconta Popina – quando stavamo assistendo alle prove ginniche delle bambine e tre bimbi tra cui il mio R. erano fuori dalla struttura, un tendone, che giocavano su dei giochi, forse costruiti e messi lì dagli organizzatori. A un certo punto, mio figlio è volato via dall’altalena facendo una sorta di capriola in aria, ricadendo a terra con lo sterno per poi rimbalzare letteralmente sul terreno, finendo per sbattere la testa contro, probabilmente, un sasso. Una brutta caduta, tanto che il bimbo subito dopo è rimasto fermo a terra, è diventato pallido e non parlava. Ovviamente per me lo spavento è stato tantissimo, quando ho visto questa situazione ho subito cominciato a urlare, poi pochi secondi dopo, ripresa la lucidità, ho controllato che le vie respiratorie fossero libere visto che R. non si muoveva e non parlava e ho verificato che la lingua non fosse andata all’indietro. Abbiamo chiamato i soccorsi. In quel momento c’è stato anche chi ha avuto il coraggio di dirmi di stare calma, che non era niente, ma io ho temuto che mio figlio potesse morire. Alcune persone hanno subito spostato l’altalena sicuramente per evitare che gli altri bambini potessero farsi male. Pensi – racconta Popina – che ad avvisarmi che mio figlio si era fatto male sono stati gli altri bambini, mentre gli adulti stavano a guardare. Poi dopo ci sono state anche persone della pro loco gentili che mi hanno aiutata nella difficoltà della sitauzione. Dopo che avevamo chiamato i soccorsi e dopo che avevo spiegato all’operatore del 118 la situazione e che il bambino non dava segni di reattività, mi è stato detto che avrebbero mandato un’ambulanza e il medico. L’ambulanza della Pubblica Assistenza di Santa Croce sull’Arno è arrivata abbastanza rapidamente ma a bordo c’erano due volontari che non sapevano giustamente cosa fare oltre le loro competenze, l’unica cosa che hanno fatto è stato mettere il collare a R”. Per dovere di cronaca da precisare che i volontari della P.A. di Santa Croce oltre ad applicare il collare, come hanno riferito, hanno anche subito preso i paramentri vitali del bambino e informato la centrale del 118 della situazione in attesa dell’arrivo dell’automedica.” I volontari comunque, – continua la mamma di R. – si sono resi subito disponibili e hanno fatto tutto quello che era in loro potere secondo me, il problema era che il medico non arrivava: abbiamo atteso, dalla prima chiamata, almeno 23 minuti prima che il dottore con l’automedica ci raggiungesse. Ben 23 minuti nei quali né io, né i volontari che aevano già fatto il loro dovere, né gli altri presenti che si erano resi disponibili ad aiutarmi sapevamo cosa fare. Per evitare equivoci, aggiungo che sono anche una volontaria della Misericordia di Altopascio, quindi non sono certo prevenuta verso il sistema dell’emergenza urgenza e verso le associazioni che vi operano e che per altro non reputo la pro loco responsabile dell’accaduto”.
E qui nascono i primi interrogativi di Popina come genitore e come cittadino: “In primo luogo vorrei sapere perché in prossimità della manifestazione sportiva non era presente un’ambulanza con il defibrillatore come previsto dalla legge per quanto ne so io e comunque vorrei sapere se il sistema dei soccorsi era stato informato preventivamente del fatto che vi fosse una manifestazione con delle bambine che si esibivano nella ginnastica ritmica e potevano anche farsi male. Presumo di no visto che l’automedica per arrivare ha impiegato almeno 23 minuti e che la Pubblica Asssistenza di Santa Croce, che sottolineo ha fatto tutto quello che poteva fare, ha inviato un’ambulanza con due volontari”.
Nel parcheggio dello spazio dove la Pro Loco fa le sue manifestazioni c’è anche uno stallo riservato in modo molto chiaro all’ambulanza, come si vede nella foto scattata il 10 luglio.
Poi Popina riprende il racconto e dice: “Quando il medico è arrivato, ha guardato il bambino, poi ha digitato qualcosa su un tablet dicendo che non era un codice rosso, ma verde. A quel punto ho chiesto al medico quale fosse la sitauzione ma non mi ha dato una risposta che ho ritenuto esaustiva. Quando poi ho chiesto come si chiamasse il medico ai volotnari della Pubblica Assistenza di Santa Croce sull’Arno mi hanno detto che loro non potevano dirmelo (come se il nome di una persona fosse un dato sensibile, da sottolineare che un decreto di alcuni anni fa imponeva la riconoscibilità di chi opera nel pubblico impiego). Comunque sia, il medico dopo aver guardato il bimbo ci ha detto che potevamo andare in ospedale a Empoli. Il bimbo nel frattempo era sempre in uno stato confusionale. Ho chiesto al medico se poteva venire in ambulanza con noi e lui mi ha detto che non era necessario. A quel punto – continua Popina – è cominciato il viaggio verso Empoli: io sono salita sull’ambulanza con mio figlio e durante il tragitto il bambino si addormentava, non era molto reattivo agli stimoli e non sapevo se questo accadeva perché stava male o se era normale, non sapevo che fare… è stato un viaggio infernale, perché non capivo cosa stava accadendo a R. Ho temuto che mio figlio morisse in ambulanza nonostante la buona volontà di tutti a cominciare dai volontari”.
L’ambulanza nel giro di relativamente poco tempo ha raggiunto il pronto soccorso di Empoli all’ospedale San Giuseppe e qui secondo la mamma di R. ci sono stati altri passaggi frettolosi.
“Quando siamo arrivati in pronto soccorso sono cominciati gli accertamenti. Il medico ha fatto le radiografie e visto che non emergeva niente né alla testa né al tronco né all’addome, dopo un paio di ore, ci ha dato i fogli e ha dimesso il bambino. Il bambino comunque continuava a stare male e ad avere la nausea forte, ma il medico ci ha detto solo che se aveva dolore alla testa o alle altre parti del corpo colpite, gli potevamo dare una tachipirina. Quando gli ho chiesto cosa fare se vomitava, se aveva altri problemi mi ha detto di stare tranquilla,  e ha annotato sul referto che la madre era ansionsa. L’unica cosa positiva dell’esperienza dell’ospedale di Empoli sono stati i tempi di accesso al pronto soccorso, relativamente brevi: da quando siamo arrivati a quando il bambino è stato visto da un medico sono passati meno di 30 minuti. Io avrei voluto però che lo vedesse un pediatra o almeno un neurologo per essere sicuri che non avesse danni di nessun tipo alla testa. Nei giorni successivi infatti, lunedì scorso ho portato il bimbo dal pediatra che mi ha detto di sottoporlo ad altri esami per essere sicuri che non vi siano danni, vista la natura violenta dell’impatto quando è arrivato al suolo dopo la caduta.
“Mi sarei aspettata un tipo di assistenza diversa dalla sanità Toscana – continua Popina – tutti, amici e parenti che stanno altrove mi dicono che fortuna che tu abiti in Toscana almeno da voi la sanità è buona, quindi mi sarei aspettata una maggiore attenzione, 23 minuti di attesa sono un’eternità… e se mio figlio aveva dei danni che necessitavano di cure urgenti? Perché l’automedica ha impiegato 23 minuti e poi perché la Pubblica Assistenza di santa Croce sull’Arno ha inviato un mezzo con due volontari senza un medio a bordo? (da infomazioni apprese in ambito sanitario l’ambulanza con medico a bordo non è più utilizzata da anni e il personale da inviare lo stabilisce la centrale del 118 ndr). Sottolineo che i volontari, quello che potevano fare lo hanno fatto, quindi i dubbi non sono sulle persone che hanno operato ma sul sistema. E poi al pronto soccorso perché mio figlio non è stato visto da un neurologo o da un pediatra? E ancora forse vista la natura del trauma poteva essere utile tenerlo in ospedale almeno una notte e vedere come evolveva?. Insomma ho avuto l’impressione di un trattamento sbrigativo. Ripeto – aggiunge Mioara Popina – io non posso dire che siano stati fatti errori non essendo un medico, ma non mi sono sentita assistita come avrei voluto nella vicenda di mio figlio”.
Ultima nota di rammarico che esprime Popina è per la condotta di alcuni mezzi di informazione e mentre lo dice a stento trattiene le lacrime: “Il Cuoio in Diretta ha riportato molto sommariamente l’episodio con alcune inesattezze nella dinamica ma sostanzialmente in modo corretto, quello che mi ha colpito invece è stato che alcuni mezzi di informazione oltre ad aver scritto inesattezze, hanno sottolineato che si trattava di un bambino straniero”. Qui la mamma visibilmente commossa aggiunge: “Mio figlio è nato in Italia, parla italiano, fa le scuole italiane, i suoi ricordi di bambino sono legati a questo Paese, i suoi amici sono qui, non capisco dove nasca la necessita di dire straniero, dal momento che credo che un bambino che si è fatto male sia un bambino che si è fatto male indipendentemente dalla nazionalità e non credo che alla notizia dire che il bambino è straniero apporti elementi fondamentali. Io personalmente sono in Italia da 26 anni, ho sempre lavorato e mi sono costruita una famiglia. Di questo si può ringraziare un certo modo di pensare sostenuto da Salvini e da un’area politica. Quando però mia figlia va alle competizioni internazionali per la ginnastica ritmica con i colori italiani, come è accaduto recentemente a Rimini, nessuno si preoccuapa di dire che è albanese allora è italiana. I miei figli a 18 anni possono chiedere di diventare cittadini italiani, ma francamente credo che Salvini e i suoi sostenitori, la cittadinanza italiana se la possano tenere”.

 Gabriele Mori

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