“Serve un comune unico”. Intervista con Franco Donati

Una vita passata a far crescere il distretto, lavorando nell’interesse collettivo del mondo imprenditoriale dei conciatori, raccogliendo le sfide del mercato e dei clienti, cercando di trasformare quella che per molti anni è stata un’attività semi artigianale in un processo industriale in grado di fare numeri importanti, tanto da arrivare ad essere forse il principale indotto dell’economia della provincia di Pisa. Oggi il mondo propone nuove sfide: quella ambientale, quella della sicurezza, vista la recrudescenza dei furti, e quella di riuscire ad interloquire con un mercato sempre più sofisticato e assetato di innovazioni com’è il mondo del lusso. Franco Donati, da anni alla guida dell’Assoconciatori come presidente, dà l’idea di non avere ancora finito il proprio lavoro, perché vuole fare ancora molte cose. E’ pronto a cogliere tutte queste sfide con la consapevolezza di chi ha visto crescere il distretto conciario, trasformarsi e diventare ciò che oggi è. Parlando con Franco Donati, l’impressione è che non vi sia cosa su cui si sottragga al confronto, con il piglio di chi ha ancora voglia di fare ed è fermamente convinto che si possa sempre migliorare. In questa intervista, a Il Cuoio in Diretta racconta l’anno che sta per cominciare, dando il punto di vista della più importante associazione di categoria del comprensorio su vari temi.

 Cominciamo dai numeri, la parte sempre più antipatica. Come sarà il 2016 dal punto di vista economico per il distretto conciario?
“La situazione è complessa, ma ci sono molti elementi che fanno pensare positivamente, con moderazione, all’anno che sta per cominciare. I nostri acquirenti, i marchi della moda, sia negli outlet che nel segmento di mercato più alto, quello del lusso, nelle ultime tre stagioni hanno svuotato i magazzini, non c’è più niente. Grazie a una politica di protezione dovuta anche alla crisi, è inevitabile che nei primi tre mesi del 2016 arrivino nuovi ordinativi che daranno impulso e i cui risultati si vedranno più dal secondo trimestre che non nel primo. L’inizio anno presenterà una situazione simile a quella che è stata nel 2015, poi nei trimestri successivi avremo segnali non di ripresa, perché in realtà le cose non stanno andando male, ma di maggiore lavoro e incrementi di fatturato”.
Questo, dal punto di vista occupazionale, come si ripercuote sul mercato del lavoro? I sindacati recentemente hanno parlato di segnali non positivi, come un ritorno al lavoro nero o comunque a situazioni irregolari.
“Le ripercussioni sul mercato del lavoro saranno immediate: con la ripresa di un maggiore impulso nella produzione, avremo anche un aumento dei livelli occupazionale. Non sono d’accordo con i sindacati, per quanto negli ultimi anni siano diventati più partner che contro parti, quando parlano di segnali preoccupanti: la crisi c’è stata e c’è in tutto il mondo, il nostro fortunatamente è un settore che ne ha vista poca lavorando con segmenti di mercato che sono praticamente immuni dalla crisi econonomica, quelli del lusso. Anche dal punto di vista occupazionale questo non ha avuto grosse ripercussioni. La questione lavoro nero. Non vedo segnali preoccupanti, chi è che oggi si dà al lavoro a nero? Praticamente nessuno, poi le mele marce ci sono da tutte le parti e può darsi che qualcuno provi a forzare le regole e non troverà certo il nostro appoggio, ma il distretto conciario mi sembra abbastanza immune da questi problemi. Anzi per certi aspetti stiamo vedendo che alcune fasi della produzione che erano state delocalizzate torneranno qui nel comprensorio”.
Poteco sembra essere una chiave di volta per il futuro di tutto il distretto cosa vi aspettate da questa realtà?
“Poteco in effetti è dove nascono le idee del futuro. Li c’è la formazione e la ricerca. Poteco dimostra quanto noi si creda nel distretto. Quando capimmo che mancava la formazione decidemmo di investire perché se si vuole stare di fronte ai nostri clienti, agli interlocutori del mercato, bisogna investire in formazione e ricerca. Dai corsi di Poteco uscirà il futuro del distretto in termini di maestranze e di imprenditori. Abbiamo investito in formazione di personale, ma anche in formazione di manager con i corsi per i figli degli industriali. I nostri clienti sono sempre più in allerta e quindi anche noi dobbiamo essere sempre più attenti. La ricerca è il futuro nell’ambito delle tecniche e dei materiali, ma anche nell’ambito della moda dell’ambiente. Poteco nei prossimi anni avrà un incremento di lavoro e dovrà fare 10 volte quello che fa oggi. Noi siamo un distretto dinamico che è costretto a lavorare sulla ricerca, a differenza di chi fa un prodotto che è sempre uguale, noi viviamo sull’innovazione”.
Anche la proposta di creare nel Comprensorio una fiera di settore rientra nel processo di innovazione?
“Questa idea è un po’ più fine. Recentemente è stata lanciata così, ma in realtà penso a una cosa diversa, penso a due periodi dell’anno che poi rispondano ai cicli produttivi per la stagione uomo e per la stagione donna, in cui le concerie si aprono ai clienti. Creare un meccanismo per cui il cliente va in conceria a scegliere i materiali e in tempo reale l’industria gli produce il prodotto come lo vuole lui. Il primo contatto magari avviene nelle fiere, ma poi visto anche la necessità di riservatezza per i processi industriali, è necessario poter interloquire con il cliente in azienda. Ad esempio il cliente arriva e chiede un prodotto l’azienda che a qualche cosa di simile, ma non soddisfa a pieno la necessità della grande firma. A quel punto in tempo reale viene prodotto un campione che risponda alle esigenze della casa di moda. Penso a due periodi dell’anno in cui le concerie si aprono su appuntamento ai clienti che arrivano da tutto il mondo, l’associazione può organizzare l’arrivo, l’accoglienza e le visite, facendo rimanere i clienti qui su territorio per alcuni giorni e questo potrebbe anche benefici all’indotto ricettivo.
Questa soluzione potrebbe essere veramente innovativa per migliorare il rapporto tra fornitore e cliente. Noi lavoriamo con il segmento del lusso. I nostri acquirenti non vengono qui a comperare un bene primario o gli diamo delle emozioni oppure non riusciamo a stare sul mercato. Noi dobbiamo colpire la loro immaginazione con prodotti eccellenti e innovativi.”.
E sul fronte ambientale pensate di innovare? In questo territorio la questione ecologica è una della più dibattute storicamente
“Non è che lo pensiamo, è indispensabile. Il rispetto dell’ambiente passa pienamente nel concetto di rinnovamento o ammodernamento, se vogliamo continuare ad essere interlocutori dei grandi marchi di moda. Oggi è necessario perseguire le certificazioni, arrivare a una produzione ecosostenibile a impatto zero, ad esempio i nostri clienti sempre più spesso ci chiedono come produciamo, dove finiscono i rifiuti e questo è un altro elemento che fa la differenza per stare sui mercati. L’obiettivo è arrivare a produrre senza scarti, senza spreco di acqua, senza emissioni nell’ambiente e certificare tutto questo. Nel giro di 2 o 3 anni vorremmo certificare la produzione ad “Acqua 0″. Dobbiamo eliminare le discariche per avere la certificazione che produciamo senza scarto, valorizzando la materia prima seconda. Tutto certificato da un ente che controlla e che garantisce la sostenibilità ambientale del prodotto, a cominciare dal fatto che nelle materie prime seconde non ci deve essere cromo”.
La sicurezza. I furti in conceria si verificano con una frequenza abbastanza elevata, dopo un periodo di relativa tranquillità, abbiamo visto il fenomeno tornare di forte attualità. Come pensate di difendervi? A Ponte a Egola stanno mettendo telecamere praticamente private, a Santa Croce che fate?
“Il problema della sicurezza è una questione su cui riflettiamo da tempo. Quando c’era il prefetto Tagliente proponemmo un progetto di videosorveglianza che però fu stoppato dalla rigidità della leggi, poi prima di andarsene da Pisa Tagliente ci disse: partite che si trova il modo di fare un’operazione nel rispetto della legge. E noi da due anni stiamo lavorando in questo senso. Abbiamo anche costituito una commissione apposita in associzione e presto metteremo in campo un sistema di videosorveglianza tecnologicamente avanzato, in grado di garantire più sicurezza per tutte le aziende. Si parla di un sistema dotato di vari punti di osservazione in grado di inviare automaticamente una serie di alert ogni volta che rileva un comportamento sospetto. Non possiamo permetterci di avere personale dedicato alla vigilanza con una centrale dove l’operatore osserva per tutte le 24 ore perché servirebbero 5 o 6 persone. Invece noi riusciremo ad avere un sistema efficace in grado di segnalare in tempo reale i reati predatori alle forze dell’ordine, senza utilizzare personale. E’ stato un percorso difficile, perché la cosa più delicata e molto importante è ottemperare alle leggi sulla privacy, ma alla fine una soluzione con l’aiuto di tutti si è trovata. C’è ancora da definire alcuni aspetti, come il posizionamento della telecamere, ma il lavoro è avviato. Abbiamo scelto di aspettare invece di andare a piazzare una serie di telecamere proprio perché volevamo puntare su soluzioni altamente tecnologiche, mettere le telecamere collegate ad un centro di osservazione sarebbe stato più facile, ma più dispendioso e forse meno efficace”.
Il rapporto con la politica. Nella sua relazione annuale, a primavera, aveva lanciato qualche provocazione ai sindaci a cominciare dalla situazione delle strade del distretto conciario. Cosa vi servirebbe per lavorare meglio?
“Devo dire che con i sindaci francamente noi andiamo d’accordo, senza troppi problemi. Certo, dal punto di vista generale, la prima cosa che ci servirebbe è un comune unico di tutto il Comprensorio. Ha fatto bene la Regione a proporre questa soluzione. Sono anni che se ne parla ma non si riesce a farlo. Fino ad oggi si è ipotizzata un’unione comunale, che mi sembra una soluzione che non serve a molto. La politica deve dare della risposte. La logica è di razionalizzare e ridurre gli sprechi e allora facciamo questo comune unico vorrà dire che anche le poltrone si stringeranno. Per noi avere un unico interlocutore come distretto significherebbe accelerare i processi e poter lavorare in modo più chiaro. Pensi a quanti interlocutori ogni volta che si fa un accodo di programma: i singoli comuni, una volta la provincia di Pisa oppure quella di Firenze se siamo a Fucecchio e la Regione. Insomma, una moltitudine di soggetti, normative e leggi. Le province le hanno già in qualche modo ridimensionate, ora sarebbe ottimale avere come interlocutori un comune unico e la Regione eliminando passaggi. Pensi solo dal punto di vista urbanistico cosa avrebbe significato avere un comune unico nello sviluppo dei distretti industriali, con un unico piano regolatore. Invece di avere tante piccole aree industriali si sarebbe potuto pianificare uno sviluppo più organico a nord e sud dell’Arno. La soluzione potrebbe essere il modello di Parigi. I francesi quando sono andati a riorganizzare, ogni tre municipi ne hanno fatto uno. Noi lo diciamo da 20 anni di tagliare le famose poltrone che rimangono attaccate al sedere”.

 

Gabriele Mori

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