Codice della crisi, Conflavoro: “Così non si aiuta ripresa”

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“Così non si aiuta la ripresa”. Ne è certa l’associazione ConfLavoro del presidente Roberto Capobianco, che prende posizione sugli emendamenti al codice della crisi d’impresa e chiede minori oneri per i titolari di aziende.

Secondo quanto prospettato nel decreto, scatterà l’obbligo della nomina dell’organo di revisione e controllo per tutte le società che sono tenute alla redazione del bilancio consolidato, che controllano una società obbligata alla revisione legale dei conti, che hanno superato per due esercizi consecutivi almeno uno dei limiti indicati nella legge, cioè avere il totale dell’attivo dello stato patrimoniale superiore ai 2 milioni di euro o la stessa quota di ricavi delle vendite e delle prestazioni, oltreché dieci dipendenti occupati in media nel periodo di riferimento. Un recente emendamento a prima firma dell’onorevole leghista Comaroli proponeva di alzare i parametri suddetti ben oltre quanto era il limite imposto dalle legge a oggi in vigore al fine di diminuire il numero di imprese che saranno sottoposte al medesimo obbligo. “La nostra associazione – spiega la confederazione nazionale delle piccole e medie imprese – era in sintonia con quanto presentato dall’onorevole Comaroli che aveva previsto un emendamento, oggi dichiarato inammissibile, che alzava i parametri di applicazione del Dlgs 14/2019. Senza modifiche vi sarà infatti un ulteriore onere economico e procedurale a carico delle aziende, come se le stesse a oggi non fossero già sufficientemente gravate da una normazione che non agevola il compito degli imprenditori”. “Conflavoro – prosegue l’associzione – auspica che dunque si possa avviare un percorso nel quale sia dia vita ad un impianto normativo nel quale, anche attraverso un confronto tra le parti sociali, si trovi una modalità che si concluda con minori oneri e procedure a carico dei titolari di aziende. Inoltre la norma qua in esame pone i professionisti, nella specie i sindaci e revisori legali, nella condizione di dover non solo denunciare un indicatore di un andamento negativo della società che potrebbe essere sentore di un loro possibile stato di insolvenza, ma di fungere sostanzialmente e nella pratica da essere loro stessi pre accertatori di una negatività dello stato di salute economica in cui versa l’impresa. Questo con tutti i relativi e negativi rilievi anche di natura finanziaria che detti accertamenti potranno portare agli imprenditori anche dal punto di vista dell’accesso al credito”.
“In tutti i tavoli ministeriali, parlamentari e in tutte le circostanze – conclude Conflavoro Pmi – in cui ci siamo trovati a dover esprimere il nostro parere di associazione datoriale, abbiamo sempre assunto un atteggiamento di grande rispetto istituzionale e di apertura al mondo del lavoro, il tutto finalizzato alla ricerca di soluzioni tecnico-amministrative che possano agevolare l’economia del nostro Paese partendo dall’assunto che più sviluppo imprenditoriale significa più lavoro. Il Dlgs 14/2019, pur nella rispettabile prospettiva di voler garantire la sicurezza di una solidità economica dell’azienda accertata dai professionisti a ciò demandati, ci sembra possa essere un aggravio delle incombenze a carico delle imprese a cui non faccia seguito un’automatica prospettiva di incremento delle capacità economiche della singola azienda, fine ultimo cui ogni norma dovrebbe tendere proprio nell’ottica primaria di creare maggior lavoro”.

 

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