Ricordi di una stagione socialista

di Valerio Vallini

Il buffo era che ad aprire la porta trovavi subito uno/una che si spacciava: “Ciao compagni!”. E chi l’aveva mai visto/a? Anzi, se a qualcuno pareva che avesse traccheggiato o pascolato in area sospetta o nelle stanze piccì, nel corso, un altro gli tappava la bocca: “che venga, che venga!”. E l’affissione all’albo? E lo statuto? E tutto quello che doveva essere fatto per evitare infiltrazioni, colpi gobbi, trasformismi e tutta la delizia del fondo pentola della politica? “Che vadano a farsi sfottere!”, diceva l’aperturista”.

S’intruppavano figure da commessi d’assalto, tutti borsa e cravatta e tanto di brillantina e lingua sciolta tutto schiuma e schiume di parole a boccali: “Socialisti da sempre, e giù con Nenni e Lombardi e Mancini che parevano stati compagni di banco. Oh l’odiata genìa i demo-socialisti in odore di fascio o che quando va bene puzzano di conformismo anti-atlantico e infine la chiave magica, la parola d’ordine: senza i comunisti non si governa!”.
Costoro chi li conosceva, chi l’aveva mai visti? Ma fu tutto un “vieni! Accomodati! Di qua dal banco, al mestolo! Sei quello che ci voleva!”
È che eravamo pochi, ridotti al lumicino e c’era da impinguare le sezioni, le seggiole vuote, e far tessere e qualcuno che desse una mano a reggerlo il manifesto e così a stendere tappeti al compare cretino che portava cinquanta voti di preferenza e il pazzo scatenato ma che aveva dalla sua i tromboni della stampa locale, e chi aveva il mattone e chi la polizza assicurativa e chi il portatore di utopie, di sogni! I puri sono necessari! I puri servono all’aracne del professore, di lui che dall’alto tesseva. Oh la parlata dubitosa e sottile, quel mettersi le mani nei capelli e avere sulle spalle tutto il peso dell’idea, del partito, delle alleanze strategiche: a sinistra s’intende, a sinistra! E sinistra voleva dire Piccì. Non era facile essere forza aggiunta e per di più al governo con gli invisi Diccì e qui tramando per non essere nel sottoscala al posto della ramazza. E allora le grida si dovevano sentire e la porta aperta a chi volesse entrare anche a forza e guai a fare filtro e analisi e esami di ammissione. A tutti, a tutti andarono aperte le sezioni!
Ci vollero anni per vedere la spazzatura, l’arroganza, lo strepito parolaio, il gesto rivolto a impinguarsi, i faccendieri. Anni! Ma intanto, in qualche modo s’usciva o pareva di uscire dalla melma dalle terre basse verso le percentuali a due cifre e fu Midas! E tutto rifluì, incanalò aggrovigliandosi nella grande ala craxiana, tutto fu orgoglio, e ritrovato senso e voce e bandiere al vento. Oh quanti videro in Lui il condottiero, il vendicatore di troppa minorità, la pappa molle dei De Martino, i servi sciocchi! Tutti per Craxi, tutti per lui e i quattro moschettieri d’assalto: De Michelis, Martelli, Del Turco, Signorile, la gioventù pimpante e rampante, radiosa e variopinta, di nuovo linguaggio: l’antiruggine della politica, un vento nuovo, anzi una bufera nello stagno.
Tutti felici e vennero voti e battimani e l’onda lunga e anche l’orgoglio italico e Sigonella (si ebbe perfino il plauso delle nappe nostalgiche: “Che uomo! Tener testa a Reagan!”). E colpi a destra e a manca, e un crescendo, un salire la piramide del potere, il cristallo lo svettante, lo scintillare, e tutta la stampa in movimento e cinema e teatro e i comunisti a mangiar polvere e i democristiani nell’angolo, la narcosi, il sapore intenso del potere: ago, pernio, cifra della bilancia e poi, sul più bello, quando l’onda pareva sempre lunga e ovunque clienti e questuanti e riverenze: crak! per un Pio Albergo Trivulzio e tutta s’aggrinzì, s’accartocciò la piramide e il villico-populista (leggi Di Pietro) che tuonava rozzo a colpi di maglio. Fu tutto un volteggiar di toghe e daghe giuridiche, uno squittir di manette, e s’adombrò il volto del condottiero, s’igrigì, s’incupì e fu un grande buttarsi dalla barca in fiamme, un fuggi fuggi, e ci fu sangue e vittime innocenti e un parapiglia fra chi s’era empito le tasche ed ora: “Non c’ero, non vidi, non seppi!”. E le sezioni ebbero i muri cascanti e i manifesti scollati e un Craxi fu tre volte negato e i socialisti squagliati, liquefatti, annegati nel coro dei grandi silenzi, delle sezioni scomparse, dei simboli rotti. Fu il dramma.

 

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