Siccità e Arno tra storia e magia

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di Valerio Vallini

E’ noto che nel corso dei secoli siccità e inondazioni si sono susseguite con ritmi più o meno regolari.
Nel nostro Valdarno di sotto, le notizie di grandi siccità con conseguente abbassamento del livello dell’Arno sono riportate nelle corrispondenze dei comuni in modo sporadico. Si dovevano attendere eventi eccezionali come nel 1416 quando l’Arno andò in secca e non fu possibile trasportare il grano per via fluviale. Scrive M. Masani: “Nacquero liti ed allora il comune di Fucecchio chiese al Capitano di giustizia di segnare i confini oltreché delle Cerbaie, anche quelli dei comuni di Galleno, Orentano e Staffoli”.

L’essenzialità del fiume si manifestava nei periodi di siccità. Si legge in una nota del volume L’Arno Disegnato a cura di Nanni, Pierlulivo e Regoli, edito nel 1996: “Nel 1833 una prolungata siccità impedisce la navigazione sull’Arno riducendo alla miseria molti navicellai e bardotti e quel paese (Santa Croce) che ritrae tutto dall’Arno ora si ritrova in una inconcepibile povertà”. La dipendenza dal fiume balzò evidente quando una prolungata siccità ridusse i movimenti dei navicelli provocando disagi e miseria e assalti ai boschi con furti di legname e generi commestibili.
“Navicellai e bardotti – scrive A. Nesti nella sua Breve Storia di Santa Croce sull’Arno, 2009 – presi da disperazione, e dopo aver distratte tutte le robe di casa per vivere, si gettarono a danneggiare le boscaglie di Montefalcone, di Pozzo e di Poggio Adorno, rubando legne per venderle per cui dové prendersi il compenso di stanziare una brigata di polizia che li raffrenasse”.
Nell’Ottocento e non solo – qualche episodio accade anche nei tecnologici anni 2000 – contro la siccità si mobilitavano processioni di flagellanti. Oggi il flagello è in disuso anche se, va detto, l’equazione sangue-acqua affonda al tempo delle caverne. Comunque questi riti hanno quasi sempre effetto: prima o poi la pioggia verrà.
Ricorda l’antropologo Lucio Lombardi Satriani. La siccità ha fatto riemergere l’ambizione atavica di dominare il clima e le stagioni. Una pretesa che si esprime ora nel riproporsi di teorie scientifiche sull’induzione della pioggia, ora nella riscoperta di rituali magici o religiosi. Proprio ieri l’arcivescovo di Foggia, Giuseppe Casale, ha invitato tutti i sacerdoti a pregare perché piova. E domenica scorsa, a Sinnai, un paese a dieci chilometri da Cagliari, quattrocento persone hanno seguito la processione e l’invocazione ad pentendam pluviam rivolta a Sant’ Isidoro. Alla fine, naturalmente, è piovuto, e il fatto che lo stesso fenomeno si fosse verificato anche il giorno prima non ha messo in discussione i poteri del santo. I riti per l’acqua e contro la siccità – dice Lombardi Satriani – sono diffusissimi in tutte le aree etnologiche, cioè tra quelle che impropriamente vengono definite popolazioni primitive’ e sopravvivono anche nelle culture folkloriche delle classi subalterne.
La siccità, in popolazioni dove l’economia è prevalentemente agricola, ha l’effetto dilacerante del dramma e il rapporto di pretesa verso la divinità può diventare esasperato: Tempo fa – dice Lombardi Satriani – in un centro della Calabria, conclusa la processione la pioggia non arrivò. Allora i fedeli buttarono in un burrone la statua del santo. Talvolta la stessa invocazione può essere violenta, come questa invettiva che, in sardo, ancora viene pronunciata in Barbagia: Dacci l’acqua, o Signore, in questa necessità. Bada che, se non ci darai l’acqua, ti uccideremo.
[…] La Chiesa – dice Lombardi Satriani – tende a valorizzare, come espressione di vera fede, queste manifestazioni. Vittorio Dini e Laura Sonni nel saggio La Madonna del Parto, dedicato al rapporto tra la realtà e l’immaginario nel mondo agro-pastorale, hanno parlato d’una connessione ideologica tra la vita umana e la vita della pianta coltivata ambedue sviluppantesi nello stesso destino. In questa visione la siccità diventa un segno che si riempie di significati ulteriori. Ed è qua che la contraddizione tra tecnologie sofisticate e rituali magico-religiosi trova una sintesi. Da una parte c’è il dubbio che una concausa della siccità sia l’azione dell’uomo sull’ambiente (la devastazione delle foreste, la distruzione della fascia di ozono), dall’altra la siccità viene avvertita come punizione. Colpa razionalmente identificabile e colpa avvertita in termini magici confluiscono in un nucleo comune: scienza e mito recuperano il ruolo centrale dell’ uomo nel governo dell’ ambiente.

 

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