Stabilizziamo la scuola, “Mancheranno 9mila lavoratori a settembre”

A settembre in Toscana, tra personale Ata e docente, circa 9mila posti rimarranno scoperti (3.200 su Firenze), di cui circa 6mila già coperti da personale a tempo determinato (3mila su Firenze), più vanno contati i circa 2mila posti liberatisi per pensionamenti e Quota 100 (circa 400 su Firenze). Insomma, la scuola toscana vivrà una vera e propria condizione di emergenza.

Lo hanno ricordato oggi 12 marzo i lavoratori della scuola (dalla materna alle superiori) scesi in piazza per Stabilizziamo la scuola, giornata di mobilitazione nazionale di Flc Cgil, Cisl Scuola e Uil Scuola Rua per chiedere al governo di stabilizzare i precari (alla piattaforma si sono aggiunte anche le sigle sindacali Snals e Gilda). I sindacati chiedono “la stabilizzazione dei supplenti, un consistente piano di assunzioni dei docenti per coprire gli oltre 150mila posti liberi a livello nazionale che ci saranno dal primo settembre, una fase transitoria in cui stabilizzare il lavoro dei docenti già abilitati o con 3 anni di servizio, misure che risolvano in modo chiaro e definitivo i problemi generati dalla vertenza dei diplomati magistrali, la stabilizzazione nell’organico di diritto dei 56mila posti autorizzati tra organico di fatto e deroghe su sostegno su cui la scuola deve poter contare con continuità, appropriate misure volte a garantire a tutte le regioni del sud organici adeguati, con l’obiettivo di diffondere il modello pedagogico organizzativo del tempo pieno”.
Sinistra Italiana sostiene, spiega Ettore Bucci, “la mobilitazione sindacale unitaria contro le autonomie differenziate nel comparto della scuola. Regionalizzare l’istruzione pubblica significa distruggere un sistema nazionale già afflitto da gravi squilibri tra aree territoriali. Come sottolineato dalla Cgil Pisa, questo è ‘il frutto di scelte politiche che già negli ultimi anni hanno più volte indebolito le condizioni di vita delle persone’. Invece è fondamentale investire a livello unitario per le assunzioni di personale docente e Ata, per uniformare al meglio il diritto agli studi. Noi diciamo no, pertanto, alla ‘secessione dei ricchi’, perché crediamo che tutto il Paese abbia il diritto di disporre di standard comuni alti rispetto ai servizi pubblici. Come per l’istruzione, anche in sanità, lavoro, ambiente e diritto alla salute c’è infatti un ruolo decisivo giocato dalla fiscalità generale (e non regionale) in favore dell’attuazione dei principi costituzionali: strumenti unitari sul territorio nazionale sono infatti la garanzia pratica della rimozione degli ostacoli materiali che pregiudicano la crescita delle libertà e dei diritti delle cittadine e dei cittadini. Come chiesto dal nostro segretario Nicola Fratoianni, è inoltre indispensabile che sia consentito alle Camere di entrare nel merito delle questioni: non è possibile che tali materie siano infatti oggetto di mera trattativa tra governo e amministrazioni regionali di Lombardia, Veneto, Emilia Romagna”.

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