Il “tremuoto” che danneggiò anche Fucecchio foto

di Riccardo Cardellicchio

 

Mancano pochi minuti al tocco. La gente è a tavola. Donne e bambini, soprattutto. Gli uomini sono ancora nei campi. Vi rimarranno, come di consueto, fino a pomeriggio inoltrato. In tempo per la cena. E’ il 14 agosto 1846. Non piove da giorni. Nelle chiese si prega perché arrivi la pioggia. La terra è arida, segnata da ferite profonde. Non ne può più. “Sulla Toscana, – annota G. Tabani – a memoria di uomini, non corse mai per avventura un anno siccome questo di cui scrivo. L’inverno non ha avuto d’invernale che il nome; fervida la primavera; l’estate provata abbiamo fervidissima. Chiuse, giusta la santa frase, le cateratte del cielo, il terreno bagnato unicamente dal sudore degli agricoltori, ha ingratamente risposto alle loro fatiche”. E la gente si chiede: “Quest’anno che sarà di noi?” E si affida ai santi protettori e patroni.

 

All’improvviso, “una romba tremenda, spaventosa” o, come affermano altri, “un fracasso d’un suon pien di spavento” annichilisce grandi e piccini. E’ il “tremuoto”. La gente esce dalle case. Cerca di capire. Non è facile. Nessuno che sappia rispondere. Fucecchio non ha mai subito un evento di tale intensità. Non ci sono né morti né feriti, ma le case lesionate sono numerose, in modo particolare nelle campagne. E il campanile della Collegiata “minacciava rovina”. Tanto è vero che si rende necessario demolirne il tetto e il pilastro. Si pensa di rimuovere le campane, ma si soprassiede perché non si hanno altre scosse importanti. La Chiesa s’attiva per sollecitare i benestanti a intervenire in favore dei disastrati.

Con il passare dei giorni si viene a sapere che l’epicentro del “tremuoto” è stato nelle colline pisane: tra Orciano (il più colpito), Lorenzana, Montescudaio, Riparbella, Guardistallo. La scossa è stata sussultoria, intensa… Ha toccato anche Volterra, Rosignano, Pisa, Livorno e buona parte del Valdarno Inferiore. “Un gran numero d’infelici hanno avuto tomba nelle case rurali sparse nelle campagne vicine a’ paesi più danneggiati”. Sessanta i morti, centinaia i feriti.

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