Primo maggio, lavoro e sicurezza nelle piazze del Cuoio foto

Al lavoro in sicurezza. Con la sicurezza di un lavoro. Sono tanti i significati che si ottengono accostando le parole lavoro e sicurezza in una stessa frase. Sulle morti bianche, però, si sono concentrate le riflessioni del primo maggio nelle piazze, comprese quelle di Fucecchio e di San Romano: i comuni del distretto del Cuoio si sono ritrovati lì.

Gli infortuni sul luogo di lavoro, alcuni con esito mortale, infatti, quest’anno hanno particolarmente toccato la Toscana, che è arrivata anche ad approvare un protocollo. Ma il lavoro, per non uccidere, ha bisogno di tempo e lucidità, cose che in tempo di crisi spesso mancano. Quello che c’è, invece, è il ricatto del lavoro, quello “o questo o niente”, che il territorio si trova a conoscere solo in tempi recenti. Un lavoro diverso da come concepito in passato, quello sul quale oggi si riflette. Ma che, proprio per questo, impone una riflessione seria. Che oggi ha toccato le piazze. In un giorno comunque di festa: accanto a sindacati e sindaci c’era anche la musica delle bande. 
Massimiliano Sonetti, segretario provinciale Pd Pisa
“Non può esistere il 1 maggio senza mettere al centro quella dignità che solo una piena occupazione porta con sé. In altre parole, per la Festa del Lavoro si deve tornare a parlare di lavoro. È un compito difficile, soprattutto nella stagione in cui la precarietà ha occupato uno spazio drammaticamente ampio nella vita delle persone. È proprio da qui che vorrei partire. Dalla lotta alla precarietà, che non riguarda solo un contratto di lavoro a tempo determinato. Riguarda uno stato d’animo che accompagna l’esistenza degli esseri umani, in particolare i giovani. La maggioranza dei giovani del nostro tempo hanno un sentimento di negatività e sfiducia nei confronti del futuro. Non era mai accaduto nella storia degli ultimi decenni, dove le giovani generazioni immaginavano un futuro in cui grazie al lavoro fosse possibile contribuire alla felicità collettiva e, di riflesso, personale. Vivere e occuparsi del bene pubblico all’interno di una comunità vuol dire fare i conti con il profondo disagio, a volte inconsapevole, dei giovani che ogni giorno la vivono. A scuola, a casa, per strada, con gli amici, sui social. Ma la precarietà non appartiene solo ai giovani. Ci sono persone che, non più giovani, hanno perso il lavoro e devono fare i conti, giorno dopo giorno, con l’umiliazione di non poter mantenere con serenità la propria famiglia. Sono donne e uomini coraggiosi che ogni mattina si guardano allo specchio e trovano la forza di andare avanti. Stare dalla loro parte non è solo di sinistra: è semplicemente giusto. La precarietà del lavoro è un virus tremendo che intacca anche il senso di comunità. La precarietà isola le persone, trasformando la solitudine in paradigma di intere esistenze. Questa solitudine viene fomentata da chi ha a cuore solo il portafogli e il consenso politico. Il nostro compito non è spegnere quel fuoco, ma contribuire a indirizzarlo verso uno sforzo collettivo che tenda al bene di tutti. Aprendo le porte, contro la paura, per la giustizia sociale e la pace. Il senso del 1 maggio passa dalla lotta contro questi fantasmi che si materializzano nelle vite delle persone, spesso all’improvviso. Il senso del 1 maggio risiede nella nostra capacità, come partito, di rimuovere questi fantasmi e ogni altro ostacolo per la piena realizzazione della persona nel suo tempo. Il senso del 1 maggio è nel senso di comunità che solo un’esistenza felice può garantire. E questa felicità passa dalla qualità del lavoro e della vita di chi lavora. Non credo esista una missione più importante di questa per celebrare degnamente il 1 maggio. E fino a che ci saranno vittime sul lavoro, definite ‘morti bianche’ ma che invece più ‘nere’ non potrebbero essere, non credo sia opportuno parlare d’altro in questo Paese. Ripartiamo, da qui, insieme? Buona Festa del Lavoro a tutte e a tutti”.

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