Omicidio, Giuseppe fu fermato in auto con l’amico in carcere

Due persone che si conoscono, ma come tantissime. Che vivono in due province diverse, che non hanno una frequentazione quotidiana. Non era facile collegare Danny Scotto e Giuseppe Marchesano. Gli investigatori dell’Arma dei carabinieri ci sono riusciti e ora attendono la convalida del fermo da parte del Gip nelle prossime ore. A giorni sono attesi anche i primi esiti sul materiale ritrovato nella casa al primo piano di via di Dietro, a Casteldelbosco di Montopoli Valdarno (Omicidio a Casteldelbosco, fermato un amico di Giuseppe). E resta da affidare l’autopsia sul corpo del 27enne raggiunto e ucciso da 6 colpi di arma da fuoco nella sera di venerdì 9 novembre, il giorno in cui Danny Scotto compiva 27 anni.

I tratti del dramma che si è consumato prima di cena, quel venerdì sera, sono quelli del delitto passionale. Non nel senso romantico del termine, ma in quello, semmai, che rimanda al patos greco, alla sofferenza che matura, si alimenta della sensazione di non essere accettato, esplode scaricando un’arma su qualcuno che, a quel punto, non ti rifiuterà più. Danny continua a dirsi innocente, a dire che lui, a Casteldelbosco, in quella casa in cima alle scale, non andava da tempo. Secondo chi indaga, però, c’è andato quella sera, mentre gli amici, gli altri, quelli di tutti i giorni di una vita normale da 27enne che vive da solo, aspettavano Giuseppe in pizzeria. Marchesano, lì, non c’è mai arrivato, ma come succede tra amici, hanno pensato che avesse avuto un contrattempo, che avesse magari fatto tardi al lavoro e hanno aspettato il giorno dopo per andare a cercarlo. Giuseppe, quel giorno, dal lavoro era uscito prima e avrebbe avuto tutto il tempo di prepararsi per uscire e raggiungere gli amici. Ma per quella sera, stando alle indagini, Danny aveva un piano diverso. Forse voleva festeggiare con l’amico perso un po’ di vista. Con un giorno di scarto tra l’omicidio e il ritrovamento del cadavere e il fine settimana a rallentare le analisi nei laboratori della Sezioni Investigazioni Scientifiche (i militari per i rilievi erano lì già domenica mattina), per i detective dell’Arma non era facile trovare un possibile colpevole. Ad aiutarli, alla fine, è stato forse il fatto che hanno condotto indagini a tuttotondo, senza pregiudizi, affidandosi alle carte e all’esperienza. Ci sono le sensazioni, in questi casi, che non sono i presentimenti, ma sono quei cassetti di memoria che si aprono solo quando hai lavorato tanto per riempirli. C’è l’intuito, che non è fortuna, ma capacità di riprodurre una circostanza che, in qualche modo, hai già vissuto. Eccoli, allora, Danny Scotto e Giuseppe Marchesano spuntare insieme: erano in auto, insieme, diversi mesi fa, fermati in un normale posto di blocco. Quella sera i due erano insieme e non hanno destato alcun sospetto. Ora quei nomi vicini sono qualcosa da approfondire. Scotto ha da poco acquistato due pistole, una compatibile con quella che ha ucciso Giuseppe. Danny, convocato in caserma, si è tradito: ha detto di aver perso di vista l’amico, di non tornare in quella casa da tempo, di non essere uscito mai di casa il 9 novembre. Di non essere mai uscito di casa nel giorno del suo compleanno. Un giorno in cui, capita a tutti, ci scappano desideri e bilanci, progetti e rimpianti, come può esserlo un’amicizia intensa che si perde. Non è stato in casa Danny per le telecamere, che il suo pick up lo riprendono a 4 chilometri da casa di Giuseppe, in un orario compatibile con quello dei fatti. Coincidenze, è doveroso ripeterlo, secondo lo Scotto, in stato di fermo in carcere a Pisa, da dove si professa innocente. Indizi di colpevolezza per gli inquirenti, che continuano le indagini, le analisi, i rilievi e gli interrogatori. Alla fine, un’indagine classica su un delitto, se si vuole, altrettanto classico, dove i carabinieri del nucleo investigativo sono stati bravi a ricomporre un puzzle con metodi che ricordano forse quelli letterari ma che per una volta diventano efficaci anche nella realtà. Un puzzle fatto da tessere che per il momento non sono il Dna e le prove scientifiche ma l’investigazione classica, fatta di deduzioni ed elementi da accostare insieme. Un lavoro condotto in questo modo per le circostanze e anche per il vantaggio che il presunto assassino aveva sugli inquirenti. Indizi che ora dovranno trovare conferma nei risultati delle analisi. 

Gabriele Mori ed Elisa Venturi

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