Carismi, 100 posti di lavoro a rischio

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“Non è chiaro lo scenario che si sta delineando intorno a Carismi dal punto di vista occupazionale e non solo. Noi siamo preoccupati e per questo, come sindacato, anche nell’interesse del territorio, abbiamo alzato un fuoco di sbarramento per tutelare i lavoratori”.

A dirlo è il segretario generale della Fisac Cgil, Daniele Quiriconi, a margine di un incontro a Firenze per chiarire la posizione del sindacato in merito alla ristrutturazione del sistema del credito in Toscana dal punto di vista occupazionale che, secondo Fisac Cgil, è stato impostato solo sui tagli.
Carismi è uno dei grandi interrogativi sulla scena toscana e una delle grandi paure per il sindacato: in primo luogo per i lavoratori, in secondo luogo per l’impatto sociale e ultimo, ma non per importanza, per la ricaduta sul territorio di un’eventuale operazione di ricapitalizzazione con l’ingresso di un soggetto terzo, ma estraneo al contesto territoriale.
“Fino a poco fa – spiega Quiriconi – con l’ipotesi dell’arrivo dei soggetti che erano state avanzate, si parlava di circa 100 esuberi su un organico di oltre 600 dipendenti. Adesso, con l’arrivo sulla scena di nuovi operatori, per la ricapitalizzazione della banca la situazione potrebbe essere mutata anche verso scenari più complicati. Per noi rimane una linea ferma nella gestione degli esuberi: non si lascia nessuno per strada e si punta a un piano che possa essere gestito con l’accompagnamento alla pensione”. Un’ipotesi, quindi, di massima tutela dei lavoratori se i numeri lo consentiranno, perché il futuro occupazionale degli impiegati targati Carismi in gran parte, secondo la Cgil regionale, dipende da chi sarà il soggetto che immetterà nuova linfa nella banca di San Miniato. Insomma la linea che il sindacato propone è la stessa già sperimentata per la riorganizzazione della controllata Cassa di Volterra, dove l’accordo si è chiuso con un accompagnamento alla pensione per 40 lavoratori. “La questione è semplice in termini occupazionali – continua il segretario dei bancari toscani della Cgil – se entrerà un Fondo, questo non ci tranquillizza perché per sua natura tendenzialmente non ha bisogno dei livelli occupazionali di una banca”. Le paure della Cgil però non si fermano qui: oltre ai lavoratori infatti, come spiega Quiriconi, ci sono i problemi del territorio. “La paura è di assistere a scenari che in Toscana abbiamo già visto: arriva una struttura che ha la testa nel nord Italia o all’estero, rastrella liquidità e poi però investe altrove con una forte contrazione del sostegno del territorio, anche in termini di erogazione di credito. Questo scenario potrebbe avere un impatto pesante e purtroppo storicamente lo abbiamo già visto”. “Infine – continua Quiriconi – in linea generale in questo caso e per quello che abbiamo già conosciuto c’è la questione dell’impatto sociale sui risparmiatori e piccoli risparmiatori che hanno acquistato obbligazioni, anche se per la San Miniato la situazione non è ancora delineata e quindi c’è da capire cosa accadrà”.
Una situazione al momento fatta più di ombre che di luci, almeno per due dei punti che il numero uno della Fisac Cgil toscana individua come fondamentali: il lavoro e l’economia del territorio e il valore dei titoli emessi dalla banca. Di sicuro, al momento l’unica cosa certa è che qualcuno, come previsto da Banca d’Italia, dovrà entrare e apportare nuovo capitale alla San Miniato. Fondamentale sarà capire chi sarà questo soggetto e per quale scopo lo farà e da qui si potrà già intuire quello che sarà il futuro piano industriale di Carismi. I nodi si dovrebbero sciogliere entro metà ottobre, al netto di nuove proroghe.
Una situazione, quella di Carismi, che si va a incastonare in un contesto regionale che negli anni, in virtù delle ristrutturazioni, ha già visto perdere vari posti di lavoro, per ora senza grandi traumi, ma comunque con la perdita di livelli occupazionali, perché gli istituti di credito sembrano, secondo la Cgil, avere utilizzato spesso i tagli come misura tampone per la riorganizzazione del sistema bancario.

Lo scenario toscano
“Nella regione – hanno spiegato i sindacalisti – il calo degli addetti in 5 anni è stato superiore alla media nazionale con il -12,12% e oggi si attesta su 24.157 unità. Dal 2008, inizio della crisi, il calo è di oltre il 22%. Cosa analoga si può dire per il calo degli sportelli (-11,65%) superiore di oltre 2 punti la media nazionale.
In Toscana continuano a crescere i depositi per il combinato disposto della crisi degli investimenti a risparmio su prodotti alternativi che incoraggiano le famiglie a privilegiare il conto corrente, sia per la perdurante stagnazione di investimenti delle imprese. Siamo arrivati alla cifra record di 69 miliardi e 298 milioni (+39% rispetto al 2008). Analogamente cresce il numero dei conti correnti mentre rimangono sostanzialmente stabili altri rapporti definiti conti tecnici.
I depositi delle famiglie sono anch’essi in aumento anche se pare di assistere da qualche mese a un assestamento superiore i 57 miliardi.
Sempre piatti gli impieghi, ancora 16 punti percentuali in meno rispetto al 2011 con industria e servizi altalenanti, e le costruzioni in caduta libera oltre il 41% sotto il dato di 5 anni fa. Sofferenze ancora poco sotto i 16 miliardi in attesa di misurare gli effetti delle misure attuate”.
In definitiva i dati esposti testimoniano come la ‘tenuta’ del sistema bancario in Europa avviene maggiormente in paesi nei quali il ciclo economico tiene meglio che altrove e la Germania lo dimostra. Nonostante la grande quantità di titoli derivati ‘in pancia’, il sistema tedesco tiene rispetto a quello italiano dove il perdurare della crisi, testimoniato dai fallimenti e dal numero di licenziamenti che anche in Toscana nei primi 7 mesi del 2016 hanno sopravanzato gli avviamenti a tempo indeterminato di 8800 unità con buona pace del Jobs Act, produce nuove sofferenze, crediti deteriorati, mancanza di redditività delle banche.
Alla luce di questi fatti, appare riduttiva una politica fatta di interventi tampone come sono stati il pur importante Fondo Atlante, affrontando caso per caso le situazioni di crisi aperti: vale per le 4 nuove banche tra cui Etruria, vale per Mps per la quale se si fosse agito per tempo anche con un intervento pubblico diretto negoziato con la Ue, si sarebbero potute evitare situazioni difficili come le attuali, vale per il riassetto o la fusione di Banca Popolare Vicenza con Veneto Banca sulla quale la Fisac e la Cgil continuano ad essere contrari, che interessa un migliaio di lavoratori in Toscana soprattutto a Prato.
“In definitiva – dicono i sindacalisti dei bancari dalla camera del lavoro di Firenze – contestiamo un approccio che affronti i problemi dalla coda, partendo dai tagli, dagli esuberi, dai lavoratori che hanno pagato un prezzo già pesante, fatto di contratti di solidarietà e riduzione di salario, senza affrontare il tema di quale modello di banca, in grado di aumentare i ricavi sia necessario soprattutto senza misure forti per il rilancio economico, unica possibilità per rilanciare anche le banche, ricostituendo il necessario, clima di fiducia tra risparmiatori, lavoratori, imprese. Senza questa riflessione le banche nel breve periodo continueranno a macinare crediti deteriorati e le ricapitalizzazioni, al di là della oggettiva difficoltà a concludere operazioni di mercato, che rischiano di essere inefficaci. E’ per questa ragione che le Organizzazioni Sindacali nazionali hanno chiesto una cabina di regia presso Palazzo Chigi, come fu con il Governo Prodi nel 1998 ed è per questo, per una condivisione di misure, ad esempio per la riqualificazione professionale dei lavoratori, che il 19 luglio è stato sottoscritto il Protocollo regionale sul credito tra Regione e Sindacato anche in relazione alle innumerevoli situazioni di ristrutturazione delle banche locali”.

Gabriele Mori

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