Il Cuoio dopo Rossi: il dissidio cova, primi cedimenti nel Pd

Restano apparentemente quieti, o per meglio dire attoniti, gli animi dei militanti fra case del popolo e sezioni democratiche della Zona Cuoio. Eppure la tempesta, congressuale o meno, è all’orizzonte. Se la Valdera piange il Cuoio non ride, e anzi a pochi giorni dall’annuncio dell’uscita dal partito del presidente della Regione Toscana Enrico Rossi, annovera la prima uscita di peso, quella di Massimo Baldacci, storico esponente prima di Pci, Pds e Ds oltre che segretario dell’unione comunale del Pd a San Miniato dal 2010 al 2014.

Uscita dettate da un lungo percorso critico, in verità, che da molti mesi matura in tante segreterie in modo quasi parallelo alla parabola del presidente della Regione Toscana, senza necessariamente rappresentare l’inizio di una vera e propria scissione. L’ex sindaco di Pontedera ha colto di sorpresa molti col suo gesto, ivi compresi quelli che in questi ultimi tempi avevano radicato la sua corrente in vista di una battaglia interna, ma di certo ha dato voce a una sofferenza reale che cova nei circoli, dove anche chi resta affila le armi in vista del congresso. E mentre da Milano e da Lineapelle si consumano armoniosi siparietti fra amministratori del comprensirio dai cui fioccano selfie con gli esponenti renziani più alla moda in provincia di Pisa e in Toscana a vantaggio delle bacheche facebook, dinamiche ben più grevi si consumano all’ombra della Rocca e non solo. Volendo restare in ambito sanminiatese, infatti, i rumors sulla scissione parlano di un imminente addio alla maggioranza anche del consigliere Francesco Lupi, che si sarebbe preso qualche giorno di tempo per riflettere. In Valdegola poi, dove la corrente “Democratici e Socialisti” negli ultimi mesi aveva radicato in vista di uno scontro interno al partito, i pensieri sulle decisioni irrevocabili si fanno più foschi, ma non per questo più tranquilli. Nella vicina Montopoli poi, altri sarebbero sull’uscio, indecisi fra una rischiosa fuga in solitaria ed una battaglia congressuale che non dà garanzie. Fra questi, forse, il consigliere comunale Jonathan Rimicci, che per ora non conferma. “Da qualche anno questo non è il Pd che ho sempre votato e appoggiato, da partito vicino al popolo operaio e diventato il partito delle banche e dei poteri forti” scrive il consigliere sul suo profilo. “Tanti bocconi amari inghiottiti con la speranza che qualcosa cambiasse, se oggi un pezzo così importante per me e la mia storia di partito se ne va via cambia tutto”. Parole che, sempre secondo i rumors, vedrebbero d’accordo personaggi come l’ex segretario Sandro Vanni ed anche l’ex sindaca Alessandra Vivaldi, attenta osservatrice della politica locale che da due anni non rinnova la tessera.

Un fenomeno, quello della critica alla linea dominante da parte di ex amministratori e uomini di partito, trasversale a quasi tutti i comuni del comprensorio: da Santa Maria a Monte, dove da tempo la quasi totalità dell’ex giunta Turini non segue più la linea e non rinnova la tessera, a Castelfranco, dove fra i più insofferenti alla fase renziana c’è sicuramente da tempo anche Graziano Turini. Il caso santamariammontese, poi, si arricchisce di una dinamica congressuale come sempre più complicata che altrove. Un panorama che già da mesi vedeva giocare in difesa i rossiani, guidati dall’attuale segretario Massimo Caponi e, pare, anche dall’ex sindaco Bernardo Vellone, contro malumori e picconate di lettiani legati al centro storico e di un’ala cattolica composita della quale i renziani rappresenterebbero solo una parte: quella più debole, degli sconfitti alle ultime elezioni. A Santa Croce poi, l’ex primo cittadino Osvaldo Ciaponi è fra i più attivi animatori dell’area dei dissidenti all’interno del partito. “Sono da sempre un uomo di sinistra e i miei riferimenti e orientamenti sono verso chi è portatore dei valori della libertà, della giustizia sociale e dell’uguaglianza e verso chi sta dalla parte del lavoro e del disagio” dice l’ex sindaco, ancora membro del partito. “Sto con chi considera la sinistra il luogo di questi valori e la portatrice delle proposte giuste per risolvere i problemi del Paese. Non posso stare invece con chi la considera un peso o un intralcio da cui liberarsi per fare politiche più liberiste e personali”. Più pacifica, infine, la situazione fucecchiese, dove nei prossimi giorni si terranno comunque riunioni importanti per il partito nelle quali, c’è da scommetterci, i consiglieri da sempre più critici avranno qualcosa da dire. Intanto, per tutti, i prossimi quattro mesi di congresso saranno certamente complicati. E se c’è chi, come il sindaco di Castelfranco Gabriele Toti, critica le modalità di chi “ha deciso di mollare” in una battaglia scoppiata “per colpa del segretario nazionale”, annunciando di esprimere tutta l’insofferenza in sede di congresso “appoggiando candidati alternativi a Renzi alla segreteria”, c’è anche chi semplicemente tira dritto per la sua strada. Fra questi il segretario dell’Unione Comunale del Pd di San Miniato Simone Giglioli, renziano, che bolla l’intera operazione-Rossi come “figlia della vecchia logica del proporzionale”. “Dispiace molto per l’abbandono di compagni di assoluto valore come Massimo Baldacci – continua. – Ma devo prendere atto del fatto che anche chi oggi lascia il Pd, nella maggior parte dei casi lo fa individualmente, a seguito di malumori maturati da molto tempo e non certo di una scissione vera e propria, condannata comunque all’irrilevanza”.

 Nilo Di Modica

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