Ponticelli, 12 lettere di licenziamento in due aziende

Si preannuncia un Natale tutt’altro che sereno per dodici lavoratori di GM Operation e Pigu, due delle quattro aziende risultanti dal concordato che nel 2015 pose fine al calzaturificio Gemini, legato alla famiglia Meliani. Le due imprese del settore calzaturiero, con sede nella zona industriale di Ponticelli, responsabili della manovia e della rifinitura, hanno infatti inviato lettera di risoluzione del contratto a una dozzina di lavoratori. Lettere arrivate mentre i dipendenti stavano portando avanti una protesta.

Al centro della vertenza ci sono gli stipendi arretrati di alcuni lavoratori, che non vengono pagati dallo scorso agosto e che venerdì scorso avevano portato alla decisione da parte della Cgil di indire uno sciopero, poi rilanciato anche per la giornata di lunedì. Poi le lettere di licenziamento, a conclusione di un rapporto con i lavoratori – alcuni dei quali in forza all’azienda da oltre trent’anni – che negli ultimi due anni e mezzo è andato sempre più deteriorandosi anche a seguito di vari ritardi nei pagamenti. Tempistiche sospette, per il sindacato, che adesso intravede gli estremi del comportamento antisindacale. “Fino a quando l’azienda è stata una, le cose hanno filato liscio – raccontano alcuni dipendenti –. Poi tutto è andato peggiorando”. Storico marchio della zona fondato da Bruno Meliani all’inizio degli anni ’70, il calzaturificio Gemini nel 2011 è andato a concordato. Cambiano i titolari e alla fine nel 2015 il risultato sono quattro aziende distinte, fra cui Pigu e la GM Operation, intestata alla moglie di Meliani, Luisa Desideri. Sua la firma sulle lettere di licenziamento, nelle quali si richiede anche ai lavoratori di tornare a lavoro per altre due settimane a copertura del periodo di preavvisto. “E’ veramente una beffa – afferma Fabio Carmignani, della Cgil Zona Cuoio –. Si firma una lettera di licenziamento inviata in questi giorni e datata al 17 novembre, primo giorno di sciopero. Elemento questo che alcuni potrebbero interpretare come una ritorsione verso la legittima protesta dei lavoratori. Valuteremo pertanto con i nostri legali il da farsi”. A fare da cornice a tutto questo, specie nei giorni che hanno preceduto lo sciopero e i licenziamenti, le varie voci trapelate in azienda circa la volontà di una ditta dell’empolese di prendere in mano la produzione riassumendo i lavoratori, ai quali era stato prospettato persino il licenziamento collettivo. “Sulle prime ci era stato detto che avrebbero licenziato tutti, salvo riassumere 3 o 4 persone da ricollocare nel settore commerciale – raccontano alcuni –. Poi è venuto fuori che un’altra persona si sarebbe occupata di prendere in mano la parte della produzione, quindi la dozzina di operai dipendenti dalle due ditte che si occupano di manovia e rifinitura”. “La nuova proprietà – continua Carmignani – avrebbe però potuto richiedere le dimissioni dei dipendenti che, quindi, avrebbero dovuto rinunciare a tutto iniziando un nuovo rapporto di lavoro, senza dare vere alternative. Di qui la decisione di scioperare, a cui è seguita la lettera. Un pessimo atteggiamento da parte dell’azienda”.

Nilo Di Modica

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