Caso Raghi, “Quella sera i Piazzesi cercarono un fanale”

“Quella sera, quella strada di campagna, la via Maremmana era buia, non c’erano luci, a noi per fare i rilievi servirono i fari dei vigili del fuoco”, queste le prime parole del sottotenente dei carabinieri Davide Daini, comandante del nucleo radiomobile di San Miniato, che questa mattina 22 maggio 2019 ha riferito in aula al Pubblico ministero e al giudice monocratico per descrivere la scena che si trovò davanti la sera del 15 dicembre 2016 quando venne allertato perché lungo la via Maremmana era stato travolto e lasciato lì sull’asfalto senza soccorso, forse già privo di vita, un giovane di 30 anni.

Entra nel vivo, anche per la sua tragicità, il processo per l’omicidio stradale di Raghi Cioni. I genitori e il fratello della vittima, gli imputati Mauro Piazzesi e suo figlio Alessandro ritenuti dalla procura responsabili di aver travolto e ucciso senza prestare soccorso il 30enne nella sera di due anni e mezzo fa, sono tornati in aula al tribunale di Pisa, davanti al giudice monocratico per la seconda udienza del processo che dovrà fare luce sulla morte del 30enne di San Miniato, un evento che sconvolse l’intero comprensorio del Cuoio.
Dopo le valutazioni sull’ammissibilità o meno di alcuni elementi di prova portati in aula dal sostituto procuratore Giovanni Porpora che gli avvocati dei Piazzesi hanno cercato di non far entrare nel fascicolo del giudice, è cominciato il dibattimento. Questa mattina è stato ascoltato il primo testimone della procura, il comandante del nucleo radiomobile dei carabinieri della compagnia di San Miniato Daini, che fin da subito coordinò le indagini dai primi rilievi, fino a quando i Piazzesi chiamarono i carabinieri cercando di raccontare agli uomini dell’Arma tre giorni dopo i fatti, che avevano trovato il proprio furgone fortemente danneggiato e che era stato sottratto del gasolio senza che loro ne sapessero niente. “In quei giorni noi non facevamo altro che cercare quel veicolo della Iveco che aveva ucciso il Cioni – ha raccontato in aula Daini -, poiché nei frammenti del vetro del fanale che avevamo raccolto accanto al corpo di Cioni, avevamo trovato la scritta ‘Ive’. Poi la domenica mattina del 18 dicembre ci arrivò la telefonata dei Piazzesi, quando arrivammo sul posto loro sostenevano che qualcuno aveva preso a loro insaputa il loro veicolo e che poi lo aveva riportato al suo posto. Il furgone, un Daily Iveco era fortemente danneggiato e in terra proprio nella rimessa raccogliemmo oltre 40 frammenti del furgone che poi sequestrammo. Inoltre il veicolo era danneggiato nel fanale destro. Quando vidi il furgone dissi ai Piazzesi che volevo sapere la verità”.
La seconda parte delle domande del pubblico ministero si è concentrata sui rilievi fatti attraverso le celle della telefonia cellulare dell’utenza che al tempo dei fatti era riferibile ad Alessandro Piazzesi, una parte dei rilievi sulle celle agganciate avrebbe permesso ai carabinieri di stabilire gli spostamenti di Alessandro Piazzesi, nella mezz’ora prima della morte di Raghi e in quella successiva. Collocando intorno alle 17,45 circa, ora della presunta morte di Raghi il Piazzesi nell’ambito della stessa cella telefonica che irradia quella porzione di via Maremmana dove fu ritrovato il corpo di Raghi e quindi dove tutto fa pensare fosse stato travolto e ucciso il 30enne. Non solo: i carabinieri attraverso i rilievi della celle e grazie al filmato di una telecamere che si trova a La Serra, sono riusciti a stabilire anche gli spostamenti del Piazzesi in quella sera, tra le 17,02 e le 17,46, fino alle 18,45, ipotizzando che il furgone in questo periodo di tempo si sia spostato in direzione nord a partire dalla cella di Montespertoli verso Ponte a Egola.
Dalle telefonate fatte dal Piazzesi quella sera tra le 17 e le 18,45 i carabinieri al momento delle indagini abbastanza scrupolose e certosine, avevano anche rintracciato una telefonata fatta a un grossista di pezzi di automobili e furgoni di Santa Croce sull’Arno. Una telefonata su cui il Sottotenente Daini aveva fatto un’approfondita indagine, riuscendo a ricostruire attraverso le tracce informatiche, i documenti di accompagnamento della merce e la fattura, reperite nei pc del magazzino e del corriere incaricato della consegna, l’ordine di acquisto di un fanale destro di un Daily. Un acquisto che il Piazzesi poco dopo i fatti che portarono alla morte di Raghi avrebbe ordinato al magazzino di autoricambi, un elemento che gli avvocati della difesa avevano provato a non far arrivare nel fascicolo del giudice facendo opposizione ma senza successo.
Un’udienza impegnativa e dolorosa, quella di oggi, soprattutto per i genitori e il fratello di Raghi Cioni, assistiti come parte civile dall’avvocato Alberto Benedetti e dall’avvocato Letizia Giovannetti. Una mattinata che ha costretto i familiari a tornare con la mente a quella tragica sera in cui il loro figlio che aveva la sola ‘colpa’ di trovasi in sella alla sua inseparabile bici lungo via Maremmana, quando il furgone dei Piazzesi, come ipotizzato dalla procura, lo travolse.
Si tornerà in aula purtroppo tra quasi un anno, il prossimo 29 aprile 2020, quando si svolgerà il controesame della testimonianza del Sottotenente Daini, che ha il merito di avere identificato in soli 3 giorni, con pochi dati a disposizione, il veicolo che presumibilmente travolse Cioni oltre ad altri elementi di prova significativi. Una calendarizzazione che ha lasciato emotivamente perplessi i genitori di Raghi.

Gabriele Mori

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