Macello selvaggina, da tutta la Toscana tranne S.Miniato foto

Il nuovo impianto per la lavorazione della selvaggina a San Miniato, inaugurato 5 mesi fa, ha già all’attivo la lavorazione di varie centinaia di capi e, vista la qualità del lavoro, si conferma un servizio utile anche per la tutela della salute dei consumatori. Qui arrivano gli animali abbattuti dai cacciatori di tutta la Toscana, in particolare dal senese, ma solo in minima parte dal comprensorio del Cuoio, nonostante in questa zona le associazioni dei cacciatori vantino un numero ragguardevole di tesserati.

Dall’abbattimento dell’animale alle tavole dei ristoranti, l’ambizioso progetto è nato per rendere tracciabile la provenienza della carne di selvaggina, dando così al consumatore la certezza di mangiare un prodotto sano. L’impianto, infatti, inaugurato lo scorso mese di ottobre, opera seguendo i protocolli della Asl tramite dei dottori veterinari addetti ad assicurare il rispetto di determinati requisiti igienico-sanitari. Per altro la realizzazione di questo centro è stata attesa e pensata nel tempo, richiedendo la mobilitazione di diverse forze ed un contributo messo a disposizione dalla Regione, oltre all’investimento economico del gestore. Ad oggi gli animali selvatici lavorati sono circa 300, cinghiali e caprioli in particolar modo. Ciò è sintomo di come questa recente attività stia già prendendo campo, riscuotendo l’apprezzamento di cacciatori e ristoratori delle principali province toscane. Però strano a dirsi, visto che la struttura è ubicata all’interno dei macelli nella frazione samminiatese di La Catena, le carni finora pervenute per essere esaminate e macellate derivano in scarsa parte dai cacciatori che operano nel territorio samminiatese. Infatti, come confermano dallo stabilimento di macellazione, gestito dal Consorzio macelli, la quasi totalità dei capi arriva soprattutto dalle province di Siena e di Firenze, in maniera minore da quella di Pisa. Eppure la localizzazione del centro, uno dei primi in Toscana con queste tipologie d’avanguardia nella lavorazione della selvaggina cacciata, era stata facilitata proprio nel macello di San Miniato in vista dell’ampia presenza sul territorio di cacciatori formati in materia di igiene e sanità, ovvero abilitati dopo un corso a svolgere le prime manipolazioni sulla selvaggina e capaci di riconoscere eventuali anomalie nella carne. Senza contare che San Miniato, inoltre, si pone al centro di un bacino di utenza che ben risponde al consumo di carne selvatica. Il servizio, invece, per ora mette in luce come ad usufruirne siano principalmente le squadre di caccia provenienti dai comuni più lontani, mentre gli stessi operatori del macello si aspettavano una maggiore risposta locale. “Come previsto dalla legge, il nostro centro è un passaggio obbligato per le squadre di cacciatori che, dopo l’abbattimento, vogliono vendere la carne in modo corretto” spiegano i gestori del macello. “La commercializzazione infatti – continuano i gestori – richiede la lavorazione in sede con il controllo da parte di medici competenti: se la carne è sana, verranno rilasciate le relative certificazioni sanitarie. Il vantaggio va innanzitutto a favore del consumatore: oltre a mangiare un prodotto locale sicuro, si evita ad esempio il problema della trichinellosi, patologia che deriva dal consumo di carne non controllata recentemente manifestatasi anche in provincia di Lucca”. Passaggio fondamentale, quindi, quello del prelievo per la ricerca del parassita trichinella, le cui analisi sono svolte in collaborazione con l’istituto zooprofilattico sperimentale delle regioni Lazio e Toscana. La risposta del territorio samminiatese, tuttavia, nonostante gli scarsi conferimenti dal territorio, risulta migliore per quanto riguarda l’acquisto della carne dai ristoranti locali: i principali acquirenti restano i ristoranti senesi e pisani, ma alcuni sono anche di San Miniato. I gestori del macello, però, si stanno già attivando per la vendita ai banchi della grande distribuzione, in base anche ai quantitativi che arriveranno nei prossimi mesi.

Serena Di Paola


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