CariParma a caccia dei titoli dei piccoli azionisti Carismi

I primi effetti della nuova era in cui è entrata Carismi, che ha portato alla fusione per incorporazione con Credit Agricole-CariParma, cominciano già a farsi sentire sul territorio. Al di là dei nuovi assetti della banca, che sembra aver salvato almeno i livelli occupazionali e riassegnato alla sede di San Miniato il ruolo di direzione regionale del gruppo, c’è la questione dei piccoli azionisti, i retail come vengono chiamati in gergo tecnico.

Dal cda della scorsa settimana di Credit Agricole-CariParma infatti non è uscito solo il nuovo assetto delle strutture della banca, ma anche un’offerta che punta a riportare nella mani del socio di maggioranza le azioni ancora in giro e ora controllate da piccoli investitori, escluse le Fondazioni. Un’operazione che riguarda gli ex investitori della San Miniato, ma anche delle altre banche recentemente acquisite. In pratica si tratta di quel 2,6 per cento di azioni che sono detenute da chi aveva, in anni passati, investito nelle Carismi e che poi nel 2016, dopo la chiusura del bilancio 2015, aveva visto assottigliarsi progressivamente il valore della proprie quote per arrivare all’ultimo anno quando queste sono diventate praticamente non vendibili, illiquide, come dicono in banca.
Da un lato quindi piccoli pacchetti azionari che al momento non sarebbero vendibili, dall’altro un colosso come Credit Agricole-CariParma che lancia un’offerta per rientrare in possesso di quelle piccole quote, un’operazione interessante e sicuramente significativa per quelle che saranno le future politiche della banca.
In pratica giovedì scorso, dopo l’incorporazione, è stato fissato il valore di concambio dalle quote Carismi con quelle Credit Agricole – CariParma, ed è stato stabilito che un’azione Carismi vale 0,043 azioni ordinarie del nuovo gruppo, un processo di diluizione inevitabile visto che da una banca più piccola si passa a una più grande. E a Carismi non è andata peggio che ad altri, visto che per la Cassa di Rimini il concambio addirittura è stato fissato a 0,032.
Una situazione, quella delle azioni in mano a piccoli risparmiatori, che a San Minaito rappresenta il 2,6 per cento del vecchio pacchetto azionario. Fatta per non lasciare in giro quote di fatto illiquide.
“Proprio per questo – spiegano dall’ufficio relazione con l’esterno di CariParma – vogliamo recuperare quelle quote. Per evitare che i nostri retail si trovino con dei titoli illiquidi. Da qui è nata l’offerta che abbiamo presentato, che è rivolta solo ai piccoli azionisti e non coinvolge le Fondazioni. Per ciascuna azione posseduta e apportata alle offerte, gli azionisti retail delle tre Banche (Crc, Carim, e Carismi) riceveranno un corrispettivo in denaro che valorizza le azioni al valore dell’ultimo aumento di capitale e che è pari a 0,500 euro per azione di Cassa di Risparmio di Cesena, 0,194 per azione di Cassa di Risparmio di Rimini e 0,445 euro per azione di della Cassa di Risparmio di San Miniato. Inoltre gli azionisti che aderiranno all’offerta e rimarranno clienti attivi della banca per i prossimi tre anni, parteciperanno agli utili del gruppo bancario Crédit Agricole Italia del 2020 (quotato in borsa, a differenza di Cariparma, ndr). Il 2,5 per cento dell’utile del gruppo al 2020 verrà, infatti, ripartito in modo da riconoscere ai soci (retail) delle tre banche che avranno aderito e resteranno clienti attivi, un ulteriore corrispettivo in denaro per ciascuna azione posseduta e apportata alle offerte. Il corrispettivo differito è stato calcolato in modo da riconoscere uno specifico valore anche ai warrant detenuti dagli azionisti retail di Cassa di Risparmio di Cesena. Nella volontà di mantenere gli attuali azionisti retail come clienti, a coloro che aderiranno alle offerte saranno, poi, riservate condizioni agevolate ad hoc sui principali prodotti. Il gruppo Crédit Agricole persegue, infatti, l’obiettivo di creare valore nei territori delle tre Banche e di costruire una partnership duratura con gli attuali clienti, che per la gran parte coincidono con l’azionariato retail; a questo fine sono stati destinati per la realizzazione delle offerte complessivamente 20 milioni di euro”.
In pratica quindi Credit Agricole-Cari Parma, si propone di di liquidare i piccoli pacchetti Carismi che erano stati acquistati negli anni, dagli investitori (per lo più del territorio che avevano comprato anni fa anche a 18-20 euro l’una) rendendole subito liquide e pagando, tenuto conto del concambio, 0,445 euro per azione e in più riservando 2,5 per cento dell’utile di Credit Agricole del triennio 2018- 2020 a coloro che accetteranno ora l’offerta.
Per la prima fase dell’operazione sulle tre banche acquisite Credit Agricole – Cariparma ha destinato 20 milioni di euro con i quali stimano di riuscire a acquisire le quote retail oggi illiquide. “Questa operazione spiegano dall’ufficio relazioni esterne del gruppo francese – è per evitare la totale svalutazioni di quei titoli e riconoscere una quota in denaro liquido ai retail fin da subito e evitare situazioni che abbiamo già visto accadere con altre banche italiane, perché il nostro obiettivo è creare rapporti sani con i territori dove cominciamo ad operare dopo queste acquisizioni”.
Sull’altro fronte ovviamente questo significa che quel pacchetto di 2,5 per cento della quote ex Carismi che era in mano al territorio potrebbe, confluire nel pacchetto di maggioranza dove oggi i francesi rappresentano il 95 per cento.
Un nuovo corso quindi nei rapporti con i territorio basato su nuove logiche, indipendentemente da come andranno le sottoscrizioni dell’offerta, dove la banca si propone di fare la banca svincolata da legami non puramente economici con il territorio, offrendo servizi e opportunità a clienti sia privati che aziende, con una ripartizione chiara dei ruoli, uscendo da quel meccanismo di banca compressa in un territorio forse fin troppo piccolo per gli scenari della finanza post crisi, che fino ad ora è stato rappresentato Carismi e che alla fine probabilmente sarà più in linea con i nuovi tempi e con il resto del mondo, a cominciare dalle potenzialità di internazionalizzazione rappresentate da un gruppo bancario europeo.

 

Gabriele Mori

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