Cuoiodepur, sentenza del Tar respinge il ricorso: la lettera

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Una lettera che potrebbe far riflettere il comprensorio del Cuoio, ma anche la Regione Toscana, entrambi costretti ora a porsi qualche domanda su alcuni aspetti del sistema dello smaltimento dei reflui. A scriverla, a commento di una sentenza pronunciata dal Tar , è l’avvocato Luca Scarselli, della sezione Valdarno Inferiore dell’Unione Inquilini Pisa. Con questa missiva aperta porta all’attenzione degli amministratori locali e regionali quanto emerso nella sentenza 89/2019, pronunciata meno di un mese fa dal Tar di Firenze. Una sentenza particolare per certi aspetti, come spiega Scarselli, visto che il Tar era chiamato a dirimere una controversia su un’autorizzazione per lo smaltimento di alcuni rifiuti tra la Regione e Cuoiodepur, l’impianto di trattamento di vari tipologie di reflui nato a servizio dell’indotto conciario in sponda sud dell’Arno, che con il tempo si è specializzato anche nel trattamento di altre tipologie di reflui.
Il Tar fiorentino, che rappresenta una primo grado di giudizio e quindi questa sentenza non va presa come definitiva, tant’è che probabilmente Cuoiodepur la impugnerà in secondo grado, nelle motivazioni però non si è limitato a respingere il ricorso di Cuoiodepur, ma riporta una serie di dati, rilevati principalmente da Arpat, e relativi ad alcune rilevazioni e verifiche fatte negli ultimi anni, da cui emergerebbero, secondo Arpat, una serie di violazioni degli ordinamenti che governano il sistema del trattamento dei rifiuti e la tutela ambientale. Tra le varie cose si parla dello sversamento di reflui nel torrente Malucco , immissario dell’Arno. Valutazioni che al momento rappresentano solo un elemento di prova e per tanto non sono state validate, dal punto di vista gudiziario, da un contraddittorio tra le parti davanti a un giudice terzo e quindi vanno lette con tutte le cautele del caso e non prese come prova cristallizzata.
Riportiamo integralmente il testo della lettera aperta di Luca Scarselli indirizzata agli amministratori locali e regionali.

“Tramessa tramite posta certificata ai sindaci, agli assessori, ai consigli comunali di San Miniato, di Montopoli in Valdarno, di Santa Maria a Monte, di Castelfranco di Sotto, di Santa Croce, ai consiglieri del consiglio regionale della Toscana e all’assessore all’ambiente della regione Toscana al presidente della regione Toscana
Lettera aperta sulla sentenza del Tar Toscana, gli sversamenti nel Torrente Maulucco e comunicazione all’Autorità giudiziaria della gestione dell’impianto di depurazione gestito da Cuoiodepur.
Ill.mi sindaci, Ill.mo presidente ed Ill.mi assessori e consiglieri, la nostra associazione si occupa, oramai da anni di tematiche ambientali, ed è venuta a conoscenza del fatto che il Consorzio Cuoiodepur ha perso un ricorso al Tar Toscana.
In particolare, il ricorso verteva su un provvedimento di diffida del 2017 e alcuni limitazioni al trattamento dei rifiuti imposti alla suddetta Azienda.
Non ci interessa tanto la questione delle autorizzazioni ma, invece, ciò che emerge dal testo della sentenza in cui si legge che Cuoiodepur avrebbe: “… accettato rifiuti liquidi sapendo già in fase di omologa e, quindi, preventivamente, che non rispettavano i criteri di conformità analitica per le sostanze pericolose di cui alla tabella 5 dell’allegato 5, concretizzando il reato di smaltimento illecito di rifiuti che è stato oggetto di comunicazione all’Autorità giudiziaria competente.”
In particolare, da un verbale di Arpat riportato in sentenza emergerebbe: “Per quanto sopra, è stata trasmessa circostanziata comunicazione all’Autorità giudiziaria competente, per continuata attività illecita di gestione e smaltimento rifiuti in violazione dell’art.137 comma 7 e dell’art. 29-quattuordecies del D.Lgs.n.152/06”.
L’art. 137 comma 7 dispone che: “Al gestore del servizio idrico integrato che non ottempera all’obbligo di comunicazione di cui all’articolo 110, comma 3, o non osserva le prescrizioni o i divieti di cui all’articolo 110, comma 5, si applica la pena dell’arresto da tre mesi ad un anno o con l’ammenda da tremila euro a trentamila euro se si tratta di rifiuti non pericolosi e con la pena dell’arresto da sei mesi a due anni e con l’ammenda da tremila euro a trentamila euro se si tratta di rifiuti pericolosi.”

Non solo, da gli stessi verbali citati in sentenza si evidenzia: “Dall’esame di tali dichiarazioni [ovvero le domande di conferimento di rifiuti liquidi che ogni produttore deve compilare, dichiarando l’assenza di sostanze tossiche o pericolose così come definite nella tabella 5 dell’allegato 5 alla parte terza del D.Lgs. n. 152/2006] è emerso che, nell’80% dei casi, è stato dichiarato il falso: sono state allegate analisi che attestano la presenza di tali sostanze, contraddicendo quanto dichiarato nella scheda.
Infatti il principio di inderogabilità dei limiti per le sostanze pericolose (cadmio, cromo esavalente, mercurio, piombo, solventi organiciazotati, composti organici alogenati compresi i pesticidi clorurati, pesticidi fosforiti, composti organici dello stagno) di cui alla nota..”
Oltretutto, in una altra parte delle sentenza emergerebbe: “In particolare, l’ARPAT ha rilevato che il Consorzio:
– ha continuato ad accettare presso il proprio impianto tipologie di rifiuti liquidi non consentiti ai sensi dell’art.110, comma 3, lett. a), ovvero che non rispettano i limiti di accettabilità in fognatura, in alcuni casi relativi alle sostanze pericolose inderogabili di cui alla nota 2 della tabella 5, allegato 5 alla parte terza del D.Lgs.n.152/06
– ha proceduto a by-passare (cioè scaricare senza trattamento nel fosso adiacente l’impianto che si immette nel rio Maulucco, affluente del fiume Arno, dichiarato area sensibile ai sensi della delibera CRT n.6 del 25/1/2005) in media 3.200 mc/giorno di reflui civili, caratterizzati da un significativo carico organico con COD (282 mg/I),azoto ammoniacale (44,4 mg/I) e tensioattivi (14,8 mg/I) superiori ai limiti di tabella 3,allegato 5 alla parte terza del D.Lgs. n.152/06 ed un valore di escherichiacoli di 5.800.000 UFC/100 ml
– ha accettato e trattato, da settembre 2016 a marzo 2017, nel proprio impianto di depurazione circa 7.000 tonnellate al mese di rifiuti non consentiti, alcuni dei quali presentavano concentrazioni elevate di cloruri (fino a 39.000 mg/I) e di COD (fino a78.680 mg/I), valori notevolmente superiori ai limiti previsti per gli scarichi in fognatura riportati nella tabella 1 di cui all’art.20 del Regolamento di accettabilità degli scarichi del Consorzio Cuoiodepur
– ha accettato rifiuti liquidi con concentrazioni di inquinanti e in particolare di sostanze pericolose (arsenico, cadmio, cromo esavalente, mercurio, piombo, selenio,solventi organici aromatici, ecc.), superiori ai limiti previsti sia dalla regolamentazione interna che dalla normativa nazionale
– ha accettato rifiuti liquidi sapendo già in fase di omologa e, quindi, preventivamente,che non rispettavano i criteri di conformità analitica per le sostanze pericolose di cui alla tabella 5 dell’allegato 5, concretizzando il reato di smaltimento illecito di rifiuti che è stato oggetto di comunicazione all’Autorità giudiziaria competente.”
Oltretutto, si invitato i lettori della presente a valutare tutti gli aspetti della sentenza che abbiamo provveduto a sottolineare.
Premesso che ovviamente la sentenza del Tar è solo di primo grado, che la comunicazione di un fatto che sembra configurarsi come reato non è certamente una sentenza di condanna definitiva, però sussistendo vari sopralluoghi di Arpat e premessi i fatti di cui sopra si chiede di sapere cosa hanno intenzione di fare i Sindaci di San Miniato, Montopoli Valdarno, il Presidente della Regione Toscana, l’Assessore Regionale all’Ambiente e vari altri assessori e consiglieri destinatari della presente?”

 

Santa Croce sull’Arno, lì 9 Febbraio 2019
Avv. Luca Scarselli
Sezione Valdarno Inferiore
Unione Inquilini Pisa

il link per leggere la sentenza dall’albo Pretorio del Tar (clicca qui)

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