Una dura storia di cuoio, la diocesi: “L’uomo vale di più”

Una dura storia di cuoio, il dossier sul lavoro nel distretto conciario che tanto ha fatto discutere (qui “Una dura storia di Cuoio”, il documentario che ha fatto discutere arriva in Parlamento), debutta anche sulle pagine del settimanale diocesano La Domenica. Riportiamo in maniera integrale l’intervento. 

 

ll dossier intitolato «Una dura storia di cuoio» pubblicato ormai quasi un anno fa dal Centro Nuovo Modello di Sviluppo di Vecchiano, nell’ambito di un progetto europeo intitolato Change Your Shoes che finanziava la verifica delle condizioni di lavoro nelle filiere del cuoio e della pelle, continua a suscitare polemiche anche nel 2017. Tralasciando quelle dovute all’interrogazione parlamentare che ha riportato in auge il rapporto e alle recenti prese di posizione degli amministratori del territorio (una volta tanto, uniti), lo studio ha avuto almeno il merito di riportare al centro del dibattito politico la questione del lavoro. Sappiamo bene quanto nel corso degli anni gli imprenditori del comprensorio abbiano lavorato sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, sulla riduzione dei rischi per i propri dipendenti, sulla formazione degli stessi finalizzata a ridurre al minimo la possibilità di infortuni, sugli investimenti nel controllo delle emissioni nocive e degli agenti inquinanti e nel tentativo di rendere meno dannosa possibile un’attività che, per la natura stessa dei suoi processi produttivi, ha un forte impatto ambientale. Inoltre, gli ultimi anni hanno visto evidentemente un cambiamento nella composizione della forza lavoro: l’arrivo di molti immigrati ha cambiato il volto delle maestranze che hanno anche sopperito alle necessità di manodopera che le aziende del comprensorio avevano.

 

Non sappiamo dire se in alcuni casi sia possibile parlare di alcune «mele marce» che possono aver compiuto degli abusi, ma quel che è certo è che il distretto industriale di Santa Croce sull’Arno è ancora oggi un fiore all’occhiello dell’economia regionale e nazionale.
E’ evidente tuttavia che le condizioni di un mercato internazionale della moda sempre più nervoso, che sspesso agita il rischio delocalizzazione, mettono a dura prova il distretto, assottigliando sempre più i margini di lavoro.
A guardar bene, quello che stiamo vivendo nel nostro territorio non è una storia nuova, ma è esattamente una fotografia del nostro tempo. La frenesia del lavoro, le richieste dei mercati, le continue corse contro il tempo e contro le scadenze alla fine ci consumano e ci portano sempre più a correre, a consumare, a consumarsi. Questa corsa contro il tempo fa dimenticare le storie di imprenditori e lavoratori che con fatica hanno fatto grande un territorio, sicuramente tra tante luci e qualche ombra. E rischiano di farci fermare all’aspetto economico e produttivo. L’uomo vale molto più di questo. (m.c.)

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