Don Alberto Breda sui fatti di cronaca: “costruiamo un nuovo modo di essere”

Di seguito le riflessioni morali e spirituali di don Alberto Breda, prete a Santa Croce sull’Arno, sui fatti accaduti negli ultimi giorni, dall’attentato di Barcellona ala vicenda di don Massimo Biancalani a Pistoia. “Dobbiamo avere il coraggio di costruire un nuovo modo di essere” sostiene il sacerdote.

“In queste settimane – spiega don Alberto – abbiamo ripetutamente assistito ad una valanga di commenti e reazioni a seguito dell’attentato di Barcellona, della vicenda di don Massimo Biancalani a Pistoia. In molti casi abbiamo addirittura sentito dei semplici copia e incolla di quanto era successo in precedenza in altre simili situazioni. Difficile dire qualcosa di nuovo visto che i fatti e la matrice sono spesso i medesimi: cambiano però i luoghi e le persone che vi partecipano e in tutti i casi ci sono soprattutto o morti, o feriti – non solo fisicamente-, o dolore a cui però talvolta dimostriamo meno attenzione e sensibilità. Non voglio fare la morale a nessuno ma non posso aprire i social e trovare sistematicamente una schiera di persone che scrivono di tutto, apostrofando gli attentatori e le persone che fanno il proprio dovere con i peggiori insulti, cosa peraltro che facciamo anche quando siamo in strada, allo stadio, al palasport, e commentando che ‘continuiamo a integrare … loro continuano ad ammazzarci … alle armi gente … non c’è rimasta altra soluzione’. Ritengo ancora una volta – aggiunge il prete – che la prima soluzione sia attivare il cervello, evitando di far intervenire le forze dell’ordine ad ogni sbadiglio di qualcuno. Non è con altre uccisioni, fomentando l’odio verso gli immigrati o trascinando l’opinione pubblica dentro una riflessione devastante che la nostra società, il nostro territorio, diventeranno più civili e accoglienti, cosa che peraltro siamo costretti dalla situazione ad imparare e accettare. Credo che innanzitutto ci sia bisogno di una presa di consapevolezza che ci porta a capire, in profondità, e costruire un equilibrio. Sarebbe superficiale fermarci alle sole apparenze, ai soli fatti, alle semplici considerazioni da bar. Essere consapevoli di una nuova trasformazione del contesto sociale ci porta anche ad essere responsabili e quindi anche ad esercitare tale responsabilità nelle sedi opportune: pubblica amministrazione, mondo del lavoro, associazioni, realtà scolastiche, parrocchie. Ritengo che in questo momento, se vogliamo fare delle battaglie costruttive, siano davvero altre le questioni su cui confrontarci: penso soprattutto al mondo del lavoro piuttosto che al valore di una crescita economica che punti ad essere per tutti, italiani e non, inclusiva e sostenibile. Un secondo aspetto che potrebbe essere interessante da sviluppare: provare ad uscire dal personalismo. Tutti parliamo come se fossimo la verità e fossimo in grado di suggerire la risoluzione del problema o dei problemi. Non dimentichiamoci che la risoluzione non può che essere corale. Una qualsiasi riflessione e proposta forte, credibile, sostenibile avrà forza se nascerà all’interno di una dimensione comunitaria e sarà condivisa da molti uomini di buona volontà. Da ultimo – conclude don Alberto – dobbiamo accettare di essere vulnerabili: ci difendiamo perché abbiamo paura. La paura non fa altro che renderci ancora più chiusi e diffidenti e ciò vale anche fra connazionali, e non solo verso persone di altra nazionalità, religione, formazione culturale. Questa chiusura non fa altro che generare dall’altra parte frustrazioni, rabbia, scontentezze e ulteriori resistenze. Ecco perché dobbiamo avere il coraggio di costruire un nuovo modo di essere, non per buonismo, come qualcuno tenta di addossare ad altri quando vuole affermare le proprie opinioni contrarie, ma per lungimiranza”.

 

 

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