“Il tartufo sembra sparito”, i tartufai delle colline sanminiatesi tornano a chiedere l’adeguamento dei limiti di raccolta foto

"Dal 2017 abbiamo rilanciato la creazione delle tartufaie cercando accordi con proprietari e aziende agricole"

Non è ancora veramente iniziata la stagione del tartufo bianco nel territorio delle colline sanminiatesi. La pioggia è arrivata ma forse ne è arrivata perfino troppa, tanto da ritardare lo sviluppo e la crescita del prezioso fungo ipogeo. A dirlo sono gli stessi tartufai, quelli riuniti nell’Associazione delle colline sanminiatesi a cui fa capo un territorio di ben 30 Comuni toscani, a cavallo delle provincie di Pisa, Firenze, Lucca e Livorno. Oltre 300 i tesserati dell’associazione, che ancora non riescono a trovare granché nei boschi e nei fondovalle delle cosiddette colline sanminiatesi.

“All’inizio della stagione la raccolta è stata positiva – racconta il presidente dell’associazione Renato Battini – anche se il tartufo non era ancora di grandissima qualità. Nelle ultime settimane, invece, il tartufo sembra sparito: al massimo si trovano tartufi simili alla cosiddetta ‘marcia’, come quelli che si cavano a settembre all’inizio della stagione”. Un segnale secondo i tartufai. L’ennesima dimostrazione di una stagione tartufigena che sta slittando più avanti nel tempo e che forse avrebbe bisogno di limiti normativi più adeguati.

“Da anni proponiamo di spostare in avanti l’inizio e soprattutto la fine della stagione – dice Battini – perché in un’annata come questa è probabile che ancora a gennaio i nostri cani fiuteranno dei tartufi maturi. Sarebbe il caso, quindi, di posticipare la chiusura della stagione dal 31 dicembre al 31 di gennaio”. Del resto la domanda non manca, nonostante tutte le difficoltà legate all’emergenza Covid che ha ridimensionato il giro d’affari della ristorazione. “Da giorni riceviamo telefonate anche da commercianti del Piemonte e del Veneto – dice Battini – ma di tartufo per adesso ce n’è poco e questo produce un incremento del prezzo”.

Difficile spiegare con certezza il motivo di questo ritardo: il tartufo resta un prodotto dagli aspetti ancora ‘misteriosi’, anche se la condizione essenziale per la sua crescita sta prima di tutto nel tutela e nel mantenimento di un determinato ecosistema boschivo. Ed è per questo che l’Associazione tartufai da alcuni anni concentra i propri sforzi nella creazione di apposite aree tartufigene: territori presi in affitto o in comodato d’uso da proprietari e aziende agricole, nei quali l’Associazione tartufai si occupa della gestione e della manutenzione, attraverso interventi di taglio, pulizia del sottobosco e regimazione idraulica, garantendo libertà di accesso e di cavatura ai propri associati, anche provenienti dal altre zone della Regione, in cambio di un piccolo contributo annuale.

“Negli anni ’90 abbiamo creato le prime due tartufaie grazie a un contributo della Regione – spiega Guido Franchi, agronomo e vicepresidente dell’Associazione tartufai delle colline sanminiatesi -. Hanno rappresentato la prima esperienza di controllo e manutenzione, permettendoci di avere anche un posto dove portare chi volesse avvicinarsi al mondo della ricerca del tartufo. Dopo un lungo periodo di interruzione, dal 2017 abbiamo rilanciato la creazione delle tartufaie cercando accordi con proprietari e aziende agricole”. Quarantaquattro, al momento, gli ettari di tartufaie gestiti dall’associazione, tutte ubicate nei Comuni che rappresentano il cuore delle colline sanminiatesi: 15 ettari a testa nei Comuni di Palaia e Montaione, 7 a San Miniato e altrettanti a Castelfiorentino, a cui a breve potrebbero aggiungersi nuove zone sempre in provincia di Firenze. “Mentre all’inizio eravamo noi a cercare i proprietari – spiega Franchi – adesso sono le grandi aziende agricole che ci cercano per proporci di prendere in gestione alcune delle loro zone, ovviamente perché vedono un’opportunità dal punto di vista del controllo”.

La difficoltà sta però nei costi, dato che l’associazione è costretta ad eseguire tutti i lavori nelle tartufaie attraverso aziende specializzate che rispettano la normativa della sicurezza sul lavoro. “Non è semplice perché non riceviamo risorse”, sottolinea il presidente Battini, ricordando che dei 94 euro pagati annualmente dai tartufai alla Regione, per il rinnovo del patentino, neanche uno torna sul territorio attraverso le associazioni. Per questo tutta l’attività è condotta solo attraverso le quote di iscrizione associativa, oltre al contributo che i cercatori versano per accedere alle tartufaie.

Ad ogni modo l’interesse non manca: “Abbiamo associati che arrivano dalla Garfagnana o dalla provincia di Arezzo proprio perché sono interessati alle nostre tartufaie”, aggiunge Franchi, che da anni è membro delle commissioni d’esame per il rilascio dei tesserini. Un fenomeno in crescita, soprattutto fra i giovani e le donne, come dimostrano i patentini rilasciati negli ultimi anni. Una crescita che comunque non spaventa l’associazione: “Perché i giovani hanno un approccio molto positivo all’ambiente – riprende Franchi – e dimostrano di seguire le buone pratiche di condotta e rispetto del territorio che impartiamo nei nostri corsi”.

“Del resto il tartufaio non deve essere visto come depredatore ma piuttosto come sentinella dell’ambiente”, dice Andrea Acciai, responsabile delle relazioni esterne dell’Associazione tartufai, che insieme all’Associazione delle Città del tartufo e all’Uratt (l’Unione regionale delle associazioni tartufai toscani) sto collaborando al progetto per la candidatura del tartufo tra i beni immateriali dell’Unesco. “L’associazione sta lavorando ad una serie di collaborazioni – spiega – per promuovere il tartufo anche in ambito turistico e diffondere il mondo di valori che i nostri cercatori rappresentano. In questo senso cercheremo una collaborazione con le scuole e con le amministrazioni comunali, con la possibilità di inserire i Comuni all’interno dell’associazione in qualità di soci, definendo anche sul piano formale un rapporto che ad oggi non è definito”.

L’associazione tartufai collabora inoltre al progetto delle Terre di Pisa, con l’obiettivo di promuovere un legame fra vino e tartufo che agganci il settore del turismo esperienziale. In questo senso si inserisce il progetto Enjoy Tartufo ideato e promosso dalla Fm Edizioni del giornalista Fabrizio Mandorlini col patrocinio dell’Associazione tartufai. L’idea è quella di offrire, nei ristoranti che aderiranno all’iniziativa, appositi menu al tartufo che si potranno gustare per tutta la durata della stagione tartufigena, partendo da un evento di lancio in cui i piatti al tartufo saranno presentati e fatti assaggiare a un pool di giornalisti ed esperti del settore.

Nel mese di novembre, inoltre, l’Associazione Tartufai lancerà per la prima volta un proprio giornale (web e cartaceo) che uscirà due volte l’anno con tutti gli aggiornamenti del mondo del tartufo. In arrivo poi anche un calendario i cui protagonisti saranno gli stessi tartufai con i propri cani.

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