San Miniato, dopo due anni è tornata a splendere la chiesa del Santissimo Crocifisso fotogallery

Lavori possibili anche grazie a Credit Agricole e Fondazione Cr San Miniato. Nel sottotetto, i piccioni avevano depositato oltre 7 tonnellate di escrementi

Un bel regalo di Natale. Non solo per la diocesi di San Miniato che ne è proprietaria, ma anche per tutti quanti, in questi giorni di festa, arriveranno a San Miniato e per tutti i samminiatesi, che questa chiesa la riconoscono tra i simboli della città. Dopo quasi due anni dall’inizio dei lavori, è terminato il restauro al paramento murario della settecentesca chiesa del Santissimo Crocifisso di San Miniato, che con lo scalone di recente restaurato (qui) è una tra le chiese più belle e ardite – per estro e soluzioni inventive – di tutta la diocesi.

Un gioiello, che da oggi torna a splendere. “Un colpo d’occhio eccezionale”, ha detto il vescovo Andrea Migliavacca questa mattina 14 dicembre presentando i restauri possibili anche grazie a Fondazione Cassa di Risparmio di San Miniato e Credit Agricole. Presenti anche il sindaco, il presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di San Miniato Antonio Guicciardini Salini, il responsabile della Direzione Regionale Toscana di Crédit Agricole Massimo Cerbai, il presidente di San Miniato Promozione Marzio Gabbanini, l’architetto che ha seguito i lavori Silvia Lensi, la responsabile della tutela dei beni artistici della Soprintendenza Mariagrazia Tampieri con le funzionarie Chiara Travisonni ed Eva Pianini.

I lavori, in corso d’opera hanno portato ad un rifacimento importante delle strutture, compreso il tetto che in molte parti necessitava di sistemazioni.

“Dopo i lavori fatti alla scalinata, questo è davvero un bel momento, perché attiene alla bellezza e all’arte che ci circonda ogni giorno – ha detto il vescovo Andrea –. Il desiderio era che col contributo di tanti si rendesse San Miniato sempre più attraente. Con questo restauro completiamo l’opera, con un colpo d’occhio eccezionale su uno scorcio della città. Una cosa resa possibile dall’opera di tanti che dobbiamo ringraziare, dalla soprintendenza al sindaco, dalla Credit Agricole alla Fondazione, passando per l’architetto Lenzi, la ditta Fratelli Alderighi e le restauratrici che hanno lavorato, un lavoro davvero minuzioso e importante”.

Lavori che nel complesso sono costati 383mila euro, finanziati per il 70%, 268mila, dall’8×1000 della Cei, per il 20%, ovvero 76mila, dalla Diocesi e infine per il 10%, 38mila, da Fondazione e Credit Agricole. La scala, ultimata e inaugurata tempo fa dopo una spesa di circa 90mila euro, aveva invece visto dare gran parte dei fondi proprio da Fondazione e Credit Agricole.

“Sono opere che è bello veder progettare e venire su – ha detto Cerbai -. Un completamento di un pezzo di San Miniato a cui siamo molto orgogliosi di aver preso parte”. Di “enorme piacere” parla anche Guicciardini, per una “rinnovata bellezza restituita alla collettività”.

Un vero ritorno alla vita per una delle chiese più moderne del centro. Realizzata fra il 1705 ed il 1718 su progetto di Antonio Maria Ferri, doveva custodire un Crocifisso ligneo del XIII secolo ritenuto all’epoca miracoloso. L’edificio, a croce greca, sormontato da una cupola su tamburo, è noto per unire l’aspetto sobrio dell’esterno a quello sontuoso dell’interno, dove si trovano affreschi di Anton Domenico Bamberini e varie statue ottocentesche di Luigi Pampaloni.

“Di fatto uno dei più importanti insediamenti settecenteschi in mezzo al contesto medievale del centro – ha detto l’architetto Lensi –. Dal 1990 non c’erano più stati interventi di rilievo e anche per questo nel corso dei lavori abbiamo passo passo ampliato lo spettro del nostro intervento. La situazione di degrado di vari intonaci erano notevole, in una parte del tetto erano anche entrati i piccioni e abbiamo dovuto eseguire interventi di pulizia notevoli, recuperando le decorazioni e in certi casi ricostruendole su stampo grazie alle parti ancora integre. Tutto questo è stato possibile grazie all’opera delle restauratrici”.

“Sono beni che formalmente hanno un proprietario, é vero. Ma sono edifici che hanno in realtà proprietà collettiva – ha detto il sindaco Simone Giglioli –. Rendono San Miniato ciò che é, così bella come la apprezzano in tanti, anche turisti. Questa chiesa poi é un luogo particolare, per la grande devozione che ha dai samminiatesi, ma anche per il bello scorcio che rappresenta. Quello di abbellire tutto questo è uno sforzo di tutti. Come sapete abbiamo partecipato ad un bando per rifare Piazza del Popolo, con la stesso spirito. Abbiamo iniziato un protocollo con la curia per piazza del Duomo. Tutte tessere di un mosaico di cui siamo tutti custodi”.

Durante l’allestimento del cantiere sono state individuate significative infiltrazioni di acqua piovana e di scarichi fognari sotto la pavimentazione del sagrato (davanti alla chiesa), che nel tempo avevano creato delle vere e proprie gallerie, con relativa esfiltrazione di acqua attraverso i muri verticali della scalinata che conduce al sagrato. Il restauro ha comportato diverse fasi e interventi: le facciate sono state completamente spicconate dall’intonaco ammalorato. Dall’intonaco che si presentava invece ancora in buone condizioni è stato raschiato via il vecchio colore. Alla base dell’edificio è stata poi realizzata una intonacatura anti umido. Le facciate sono state infine colorate con una miscela di idropittura.

Per quanto riguarda il tetto, è stata restaurata completamente la gronda per il defluvio delle acque piovane e sono state sostituite le tegole e i coppi deteriorati o danneggiati. Nell’opera complessiva di restauro è da annoverare anche l’intervento effettuato al di sotto del sagrato per la regimazione delle acque. Particolare curioso: nel sottotetto del tamburo da anni avevano accesso i piccioni che nel tempo hanno depositato oltre 7 tonnellate di escrementi che gravavano sulla struttura. È stato quindi necessario liberare da questi rifiuti organici tutto l’ambiente del sottotetto, cosa che non è stata semplicissima.

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