Biogas dai fanghi di conceria, “coprirà l’85% del fabbisogno di energia dell’impianto di depurazione”

Il progetto di Cuoiodepur. Ma Matteoli assicura: "Se ci sono possibilità di migliorare l'assetto dell'indotto, associazioni e consorzi sanno lavorare insieme"

“Il costo energetico impatta per oltre il 30% nel processo di depurazione, il progetto che stiamo sviluppando potrebbe risolvere questo problema”. Mentre a Santa Croce sull’Arno ancora si cerca di superare le secche del caso Keu, nei giorni in cui Antimafia, Noe e Forestali confiscano milioni di euro in proprietà all’ex imprenditore e smaltitore di rifiuti Francesco Le Rose, l’altra metà del distretto, a Ponte a Egola, danno la caccia ai fondi del Pnrr, con un progetto da oltre 30milioni di euro che punta a produrre biogas dai fanghi conciari.

Ma alla domanda se questo rappresenti uno stop del ‘percorso unitario’ delle due associazioni e dei due depuratori delle sponde dell’Arno, la risposta, unanime, è “No”. “Non è un caso se anche su questa iniziativa è stato convocato un comitato di distretto – dice Michele Matteoli, presidente del depuratore Cuoiodepur -. Se ci sono possibilità di migliorare l’assetto dell’indotto, associazioni e consorzi sanno lavorare insieme”.

Non deve cogliere di sorpresa quindi ‘l’assalto’ del comune di San Miniato, proprietario dell’impianto sanminiatese di depurazione, ai soldi messi a disposizione dal Ministero della Transizione Ecologica, che dai fondi de Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza si è ritagliato una fetta da oltre 1,5 miliardi da distribuire sul territorio nazionale “per la realizzazione di nuovi impianti di gestione dei rifiuti e l’ammodernamento di impianti esistenti”. “Un progetto che proporremo al finanziamento – commenta il sindaco Simone Giglioli – e che va nella direzione dell’economia circolare, nella quale crediamo fortemente”.

IL PROGETTO

E’ qui che casca a fagiolo l’implementazione dell’impianto di Ponte a Egola che il Consorzio da tempo studiava nella sua fattibilità, anche a seguito del protocollo d’intesa firmato nel 2019 con la Regione Toscana (allora guidata da Enrico Rossi) e Rea Impianti in cui già si annunciava la progettazione di opere per 30milioni di euro per “la realizzazione di un impianto di cogenerazione integrato ad un processo di cogenerazione anaerobica dei fanghi di depurazione e di alcune tipologie di rifiuti o sottoprodotti (residui della lavorazione delle pelli) derivanti dall’area conciaria di Ponte a Egola”.

“In riferimento al ricorso a possibili fonti energetiche alternative sono state valutate diverse possibilità – si legge nella proposta progettuale -. La soluzione più idonea e potenzialmente perseguibile è risultata la possibilità di effettuare cogenerazione mediante sistemi a biogas. Produrre biogas dalla co digestione anaerobica dei fanghi conciari e di alcune tipologie di rifiuti o sottoprodotti residui della lavorazione delle pelli”.

Si intende, per cogenerazione, ogni processo in grado di generare simultaneamente elettricità e calore. Un processo che si vuole innescare in un impianto che, secondo i piani di Cuoiodepur, sarà realizzabile in tre step, al costo complessivo di circa 28milioni di euro.

Inizialmente – si legge nel cronoprogramma – si prevede di installare e gestire nelle strutture di Cuoiodepur un impianto di cogenerazione con utilizzo di gas metano di rete“. Questo impianto, secondo le stime, sarà in grado di produrre energia elettrica dal gas metano ancora rifornito dalla rete per circa 15milioni di KWh annui. Il secondo step prevede lo sviluppo di un impianto di teleriscaldamento da realizzarsi nell’area industriale di Ponte a Egola. Il terzo step prevede l’implementazione di un impianto di digestione anaerobica dei fanghi. I fanghi conciari, in pratica, trattati a particolari condizioni, temperature ed ambiente controllato, saranno messi in condizione, data l’elevata parte organica di cui sono composti, di produrre biogas e biometano. “L’immissione degli scarti della lavorazione conciaria alla fase di digestione – si legge sempre nel progetto – sarà subordinata ad uno step di pretrattamenti, come la triturazione, l’idrolisi ed altri procedimenti che ne favoriscano la degradazione”.

La massa dei fanghi, una volta avvenuta la digestione e la produzione di biogas, si ridurrebbe di circa il 50%. “Questi fanghi – si legge – hanno ancora un contenuto importante di carbonio e azoto organico, che dalle indagini condotte presentano prerogative per poter essere reimmessi in un ciclo idoneo di trasformazione in ammendanti o fertilizzanti, in conformità con le vigenti normative”. Il flusso di fanghi in ingresso all’impianto si attesterebbe attorno ai 1200 metri cubi al giorno.

TEMPISTICHE

Secondo i piani del Consorzio, una volta ammesso il progetto a finanziamento, la realizzazione del tutto avverrebbe in circa tre anni: 6 mesi per la conclusione della fase sperimentale e la validazione, 4 mesi per il progetto esecutivo e per la predisposizione della domanda di VIA e AIA, 6 mesi per l’autorizzazione della Regione Toscana, 14 mesi per la realizzazione degli impianti, 3 mesi per il collaudo.

IL TELERISCALDAMENTO

Secondo le stime del Consorzio, ne viene fuori un impianto che a pieno regime sarebbe in grado di produrre qualcosa come 3,5 milioni di metri cubi di metano all’anno, che si trasformano in 15-16milioni di Kwh all’anno ed in una energia termica quantificabile da mandare nella rete di teleriscaldamento delle aziende dell’area industriale pontaegolese. “Si deduce – continua il documento – che con la produzione di energia elettrica da biogas si copre oltre l’85% del fabbisogno attuale di energia elettrica consumata nell’impianto di depurazione”.

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