Morte Scieri, il testimone: “Vogliono scagionare i vertici”

L'ex militare dopo le nuove ipotesi di accusa: "Responsabilità scaricate solo sui commilitoni"

Si arricchisce di un nuovo tassello l’indagine sulla morte del paracadutista di leva della Folgore, Emanuele Scieri di Siracusa, morto il 13 agosto 1999 in circostanze ancora da chiarire.

Per arrivare a delle certezze sono stati coinvolti anche i carabinieri del Ris che hanno effettuato dei rilievi sul luogo di ritrovamento del cadavere per poter comparare un eventuale Dna trovato sul posto, con quello dei tre commilitoni del paracadutista indagati per la sua morte. Oltre a tutti problemi di un’indagine partita a rilento, due procure stanno indagando in parallelo, la procura pisana che indaga per omicidio volontario in concorso e la procura militare con ipotesi di reato di violenza ad inferiore mediante omicidio in concorso.

Le tappe di questa indagine infinita hanno inizio con il ritrovamento del corpo del militare, il 16 agosto 1999, rinvenuto ai piedi di una torre utilizzata per asciugare i paracadute, con ferite riconducibili ad una caduta dall’alto. In un primo momento il caso venne archiviato come suicidio, ma a seguito d’indagine della commissione parlamentare presieduta da Sofia Ammodio, il fascicolo è stato riaperto con l’ipotesi di omicidio.

Eppure ancora oggi le due procure (quella pisana e quella militare) non hanno uniformità di vedute sul movente che avrebbe determinato questo delitto. La procura civile (allo stesso modo della commissione d’inchiesta parlamentare) ipotizza che la morte di Scieri sia da attribuire ad un atto di “nonnismo”, mentre la ricostruzione della procura militare ipotizza che Scieri sia stato punito per aver ricevuto in caserma una telefonata al cellulare (al tempo era vietato ricevere telefonate in caserma). Una differenza che a prima vista potrebbe non essere considerata determinante, ma che secondo Mario Ciancarella, da sempre in prima fila per chiarire le circostanze della morte, potrebbe portare a dei risvolti importanti nello stabilire le responsabilità di questo delitto.

La testimonianza di Mario Ciancarella è stata determinante per la riapertura delle indagini: “Ho letto – dice – che la procura militare di Roma ha delle nuove prospettive sulla vicenda della morte del parà Emanuele Scieri. Si parla di atto “punitivo” e non di nonnismo. Questa nuova ipotesi di reato sembra fatta a proposito per scaricare la responsabilità sui soli commilitoni della vittima, sottraendo dalla responsabilità i vertici della catena di comando”.

Tra gli indagati della procura di Pisa, oltre ai tre militari (che secondo entrambe le procure erano presenti alla morte di Scieri), vi è anche un nome altisonante, l’ex comandante della Folgore Enrico Celentano, indagato per i reati di favoreggiamento e false informazioni al pm.

“Molti interrogativi sono dovuti alla tardività con cui si sono mosse le indagini. Sono passati 20 anni – prosegue Ciancarella – e io non volevo inizialmente occuparmi del caso. Ricordo però che quell’estate mi recai ad Auschwitz. Vedendo quei luoghi in cui venivano uccise delle persone mi chiesi come era possibile che negli edifici adiacenti non ne sapessero nulla. La situazione mi ha ricordato quello che era successo a Scieri e ho pensato: com’è possibile che nessuno nella caserma non sapesse nulla? A quel punto lasciai a tutti i ragazzi della caserma il mio numero di telefono in modo che potessero contattarmi se avessero avuto delle informazioni”.

La telefonata non si fa attendere: “I primi di settembre del 1999 venni contattato in forma anonima da una persona che diceva di essere stato presente alla morte del militare. Secondo questo anonimo, Scieri era stato soprannominato “l’avvocato” perché minacciava di denunciare gli atti di nonnismo che lui e i commilitoni subivano. Una nomea che si era portato dietro dalla caserma dei Lupi di Toscana,. Durante il suo trasferimento gli fecero assumere la posizione della sfinge (rimanere seduti senza appoggiare la schiena) con la temperatura sull’autobus portata al massimo”.

Dalla telefonata di questo personaggio anonimo si ottengono altre informazioni importanti secondo Ciancarella: “I responsabili della caduta, dopo aver constatato le gravi condizioni in cui si trovava Scieri, si rivolsero al corpo di guardia per sapere come comportarsi. Dal corpo di guardia partì una telefonata ad un personaggio sconosciuto che consigliò loro di lasciarlo li, senza soccorrerlo, e di occultarne il corpo. Infatti al suo ritrovamento il corpo si trovava sotto un tavolo con le tracce ematiche che colavano dalla testa sotto il legno. Era chiaro che se il corpo fosse caduto dall’alto sarebbe finito sopra e non sotto il tavolo”.

Sono state fatte delle indagini sulla telefonata?
“Dalla caserma risulta che sia stata effettuata solo una telefonata in uscita verso un cellulare che era in uso al generale Celentano, fra l’altro distaccato in un’altra caserma. Secondo il generale la telefonata fu fatta da lui stesso verso la moglie”.

Cos’è “l’esercizio 9”?
“È una pratica utilizzata come umiliazione – spiega Ciancarella – e non per punire. Scieri doveva scalare la torre con l’utilizzo della sola forza delle braccia, senza usare le gambe, alle quali gli erano stati slacciati gli scarponi in modo da non potersi reggere neanche appoggiandosi. Lo scopo di questa pratica è quello di far chiedere pietà alla recluta quando si fosse reso conto di non poter affrontare lo sforzo della scalata. Secondo l’anonimo, qualcuno ha schiacciato con il piede le dita della mano a Scieri per farlo cadere, quando ormai era quasi in cima alla torre, infatti il corpo presenta una frattura al dito mignolo della mano. Con tutta probabilità Scieri non ha voluto chiedere pietà e si è rifiutato di sottostare a questa pratica di nonnismo”.

Si arriverà mai alla verità su questo caso o dobbiamo prepararci ad una mezza verità?
“Il magistrato di Pisa ha dimostrato di cercare la verità, mi auguro che anche la procura militare faccia lo stesso. Basta farsi le giuste domande per avere delle risposte”.

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