Operazione Vello d’Oro, confiscati beni per 2 milioni a un imprenditore del conciario

Provvedimento eseguito dalla Guardia di finanza di Firenze: per la procura il 55enne accusato di riciclaggio e autoriciclaggio è 'socialmente pericoloso'

Nuovi sviluppi dell’inchiesta Vello d’oro nel settore conciario. La Guardia di Finanza ha infatti confiscato beni per oltre 2 milioni di euro a un imprenditore di 55 anni del settore conciario.

Il provvedimento, eseguito dal comando provinciale delle fiamme gialle di Firenze, dà esecuzione a un decreto di confisca ai sensi del codice antimafia. Secondo le indagini del Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di finanza di Firenze, è infatti emersa la condizione della pericolosità sociale dell’imprenditoregravemente indiziato dei reati di riciclaggio e autoriciclaggio – e una forte sproporzione tra il valore dei beni di cui aveva la disponibilità – anche per interposta persona – e il reddito dichiarato.

Sulla base delle risultanze emerse, la procura di Firenze con il procuratore aggiunto Luca Tescaroli e i sostituti Giuseppina Mione e Fabio Di Vizio avanzò a suo tempo richiesta di applicazione della misura patrimoniale. L’ufficio misure di prevenzione del tribunale di Firenze presieduto da Raffaele D’Isa, valutando la sussistenza dei requisiti di legge, dopo i provvedimenti di sequestro patrimoniale eseguiti nel 2019 e nel 2020, ha recentemente disposto anche la confisca degli stessi beni.

In particolare, all’imprenditore e ad alcuni dei suoi familiari sono stati confiscati una ventina tra conti correnti, libretti di deposito, carte prepagate, strumenti finanziari e polizze vita, 6 autoveicoli, 3 aziende – operanti nel settore della lavorazione delle pelli – con sedi a Reggio Calabria e Pisa, il 50 per cento delle quote societarie di altra società del settore alimentare con sede a Catanzaro, nonché 8 immobili, tra i quali uno a Tenerife.

I provvedimenti patrimoniali eseguiti traggono origine dall’operazione Vello d’Oro che, coordinata dalla procura di Firenze e condotta dalla Guardia di finanza e dai carabinieri, nel febbraio 2018 aveva portato all’arresto di 14 persone tra la Calabria e la Toscana, per reati che vanno dall’associazione per delinquere all’estorsione, dal sequestro di persona all’usura, dal riciclaggio all’abusiva attività finanziaria, dall’emissione di fatture per operazioni inesistenti al trasferimento fraudolento di valori, anche con l’aggravante del metodo mafioso.

Nell’ambito dell’indagine era stato ricostruito un apposito sistema criminale, volto, da un lato, a riciclare i soldi illecitamente acquisiti da due realtà criminali calabresi e campana e, dall’altro, a creare riserve occulte di contante in varie aziende toscane. Nel contesto erano state messe sotto la lente alcune società, riconducibili all’imprenditore, che avrebbero veicolato capitali illeciti, di fatto in raccordo tra le società coinvolte e il sodalizio criminale contiguo alle famiglie ‘ndranghetiste dei Barbaro e dei Nirta, attive nella zona del litorale jonico della provincia di Reggio Calabria, nonché personaggi collegati al clan camorristico Lo Russo, dell’area nord della città di Napoli.

Il provvedimento di oggi si inserisce in una più ampia strategia, basata sul coordinamento dell’ufficio della procura di Firenze per le misure di prevenzione e per il contrasto ai patrimoni illeciti anche di provenienza mafiosa, diretto dal dottor Giuseppe Creazzo, per contrastare, anche attraverso l’applicazione della normativa antimafia, l’infiltrazione criminale dell’economia legale.

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