Ricercato per associazione a delinquere: arrestato all’aeroporto. Le indagini dei finanzieri tra Firenze e il Marocco foto

Un’organizzazione con case, auto, garage da cui smistavano enormi quantitativi di cocaina: in 4 mesi trovate 20mila dosi per oltre un milione di euro. Scoperti grazie alle telecamere installate nell’auto di uno del gruppo

Avrebbero importato almeno 10 chili di cocaina pura dal Marocco verso l’Italia, ma le indagini della guardia di finanza di Firenze hanno interrotto un traffico che avrebbe potuto fruttare oltre un milione di euro. È stato arrestato un uomo marocchino, ricercato dall’anno scorso perché colpito, insieme ad altri sette connazionali, da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per associazione a delinquere avente lo scopo di commettere più delitti di acquisto, importazione e illecita detenzione di cocaina.

L’ordinanza era stata emessa nel 2020 da Agnese Di Girolamo, giudice per le indagini preliminari del tribunale di Firenze, su richiesta di Ester Nocera e Giulio Monferini della Direzione distrettuale antimafia della Procura della Repubblica di Firenze nell’ambito di una complessa e articolata indagine condotta tra il 2019 e il 2020 dal 2° Nucleo operativo metropolitano di Firenze.

Il ricercato ora arrestato aveva trovato rifugio in madrepatria e, a distanza di un anno dall’esecuzione delle misure restrittive, aveva tentato di fare rientro tramite un volo proveniente dal Marocco e diretto a Bologna: ad aspettarlo all’aeroporto, però, ha trovato i finanzieri di Firenze, che non avevano mai smesso di monitorare i suoi spostamenti. Indagini condotte tra Firenze e il Marocco, che hanno permesso di mettere a nudo la struttura dell’organizzazione anche grazie alle telecamere installate dai finanzieri nell’auto di uno dei membri.

L’attività era nata dall’arresto di iniziativa a giugno del 2019, durante un ordinario controllo economico del territorio, di uno degli associati – anche lui ricercato per essere evaso dagli arresti domiciliari rompendo il braccialetto elettronico, con la complicità del capo dell’associazione – trovato all’epoca in possesso di più di 1 chilo di cocaina.

Le successive attività investigative, condotte anche con mezzi tecnici, avevano permesso di individuare la struttura gerarchica interna dell’associazione, ricostruendo la precisa suddivisione dei ruoli e dei compiti, in base alle competenze dei consociati – valutate sin dall’inizio dall’organizzatore – e di localizzare le strutture (garage, abitazioni, ma anche aree di parcheggi, sottoterra in luoghi pubblici) adibite allo stoccaggio della merce e al confezionamento delle dosi, in base alle richieste del mercato.

In particolare, il promotore e direttore dell’organizzazione – che aveva un suo cugino come braccio destro – si occupava di mantenere i contatti con i fornitori, di ricevere le richieste degli acquirenti, di contabilizzare i pagamenti, di remunerare i collaboratori addetti alle vendite; provvedeva anche a pagare le spese di vitto, alloggio e quelle legali dei venditori, mentre i suoi 4 fratelli si occupavano della vendita della sostanza ai singoli pusher e altri 2 soggetti, anch’essi tra loro fratelli, unici ad avere un lavoro regolare presso ditte di lavorazioni meccaniche e autofficina, erano incaricati delle funzioni di cassieri e custodi del denaro. In merito l’ordinanza di carcerazione afferma che “l’associazione è indiscutibilmente strutturata ed organizzata in modo stabile e permanente con la disponibilità di abitazioni, automezzi, dispositivi telefonici, distinzioni di ruoli operativi, intercambiabilità tra i sodali, supporto ai sodali in caso di arresto, tutto ciò a piena conferma che esiste un accordo indeterminato a commettere più delitti che di per sé concreta il reato associativo”.

Le attività delle fiamme gialle avevano poi ricostruito la rete di altri spacciatori, anch’essi per lo più di origine marocchina o albanese, delle varie zone della città, che a loro volta creavano delle singole piazze di spaccio. Sono state inoltre documentate numerose cessioni di cocaina, pervenendo, durante le indagini, all’arresto di ulteriori 3 soggetti che, comprata la sostanza stupefacente dai sodali, erano in procinto di rivenderla ai consumatori dopo averla “tagliata”.

Inoltre, grazie ai filmati delle telecamere installate all’interno di una autovettura dei rei – in regola con la revisione, il bollo e l’assicurazione, ma utilizzata solo come deposito di droga e denaro e mai spostata -, era stato possibile individuare il meccanismo di apertura di un doppio fondo collocato sul cruscotto tra il lato guida e quello del passeggero, in cui venivano nascosti i panetti, da circa 1 chilo di cocaina, previo frazionamento degli stessi, così da ripartirli in più parti all’interno della cavità nascosta.

In tal modo era stato possibile intercettare, nel corso delle indagini, un quantitativo di 10 chili e più di cocaina pura tra novembre 2019 e febbraio 2020, pari ad almeno 20mila dosi per un valore sul mercato di più di 1 milione di euro.

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