Acqua putrida nel fosso vicino casa a Orentano: la battaglia per coprire il canale dura da 25 anni foto

"Solo promesse non mantenute da tutti i sindaci che si sono succeduti: qui c'è un problema sanitario"

“Fiducioso di un intervento a breve termine di codesto Ufficio, sensibile al miglioramento ambientale ed alla tutela della salute, ringrazio anticipatamente per la collaborazione e porgo rispettosi ossequi”. Era il 6 ottobre del 1997 quando Massimiliano Andreotti scriveva queste righe a conclusione di una lettera indirizzata all’ufficio ambiente del comune di Castelfranco di Sotto. La richiesta: provvedere alla pulizia del fossato che corre lungo via Barghini nella frazione di Orentano, visto lo stato delle acque putride ristagnanti e le maleodoranze. Non poteva immaginare che da quel giorno sarebbe iniziato un lungo percorso – fatto di chiamate, lettere e avvocati – ancora oggi lontano dal vedere la fine. Sono passati quasi 25 anni e ancora il signor Andreotti cerca una soluzione al suo problema.

Lo fa attraverso tutti i canali possibili: lettere protocollate, richieste di incontri ai vari sindaci e dirigenti comunali, report di Arpat, l’agenzia regionale per la protezione ambientale, e rivolgendosi anche agli avvocati. Tutto finora è stato vano. La speranza è che raccontare la vicenda contribuisca a trovare una soluzione rapida. Come successo per un’altra assurda e incredibile esperienza in cui il signor Andreotti ha avuto la sfortuna di ritrovarsi protagonista: quella in cui per 20 anni ha dovuto pagare le tasse su alcuni terreni espropriati dalla provincia di Pisa (Qui tutta la storia).

Venticinque anni di richieste di pulizia della fossa in cui non sono mancate le beffe: come il verbale elevato nel 2006 dalla polizia locale per non aver provveduto a effettuare la ricavatura delle fosse di scolo. Oggi Andreotti è un coltivatore diretto, ma per una vita ha lavorato in banca: per questo ha saputo conservare tutta documentazione con cura, perché abituato ad affrontare certe “beghe”.

La vicenda

Massimiliano Andreotti, 83 anni, abita da una vita nella corte Nencettino, a Orentano. Nella sua cartellina ha ordinato tutti i documenti dal ’97 a oggi: da quando per la prima volta ha chiesto “un sopralluogo lungo le fosse di via Barghini” in quanto lì “vengono scaricate acque putride e maleodoranti che provocano una proliferazione di vermi, batteri e soprattutto di zanzare”. Si tratta di un canale che corre lungo il perimetro di diverse proprietà in via Barghini: per alcuni tratti di proprietà di Andreotti, per altri di altri abitanti della corte. Già nel lontano ’97 Andreotti lamentava che la mancata pulizia da parte di tutti provocava l’impossibilità di intervenire anche da parte sua: “mi è impossibile – scriveva all’epoca – provvedere alla pulitura periodica della fossa a causa di un fetore e di infestazione di zanzare”. Come ebbe modo di precisare più tardi, il timore era anche quello di beccarsi un’infezione, visto lo stato insalubre del luogo che impediva anche solo una breve sosta vicino al canale. Quello che chiedeva Andreotti era di provvedere all’installazione di tubature per impedire che le continue infiltrazioni potessero anche causare l’inquinamento dell’acqua di alcune famiglie. Una tombatura del rio, in altre parole.

Dopo quella lettera passano dieci anni fatti di chiamate, sollecitazioni e promesse non mantenute da parte del sindaco di turno. Fino all’ottobre del 2006 quando Andreotti vede arrivarsi a casa una multa proprio per non aver effettuato la ricavatura della fossa. Andreotti non ci sta e decide di fare ricorso: anche perché nel frattempo, dopo 10 anni, la situazione era peggiorata. Nelle motivazioni del ricorso Andreotti spiega che non solo è impossibile sostare lungo il fossato per la ricavatura, ma che addirittura i nipotini che abitano vicino al canale sono stati costretti a ricorrere a cure mediche. “Punture di zanzare e insetti di ogni tipo – spiega Andreotti – non se ne poteva più”. In quel ricorso Andreotti sostiene anche di aver fatto tutto il possibile per mantenere la pulizia del luogo, come il taglio delle erbacce e la pulizia delle banchine, e aggiunge: “Ad un problema irrisolto da quasi 10 anni per inadempienze del Comune, si aggiunge anche la beffa di dover pagare ed essere sanzionato per una infrazione non dipendente dalla mia volontà, ma dalla ‘merda’ che in quella fossa stagna specie d’estate, periodo della pulitura delle fosse”. Infine, chiede di essere ascoltato per esporre le sue ragioni.

Ma la data dell’audizione non gli verrà mai notificata perché i documenti del suo ricorso si perderanno tra le scartoffie degli uffici comunali e alla fine Andreotti pagherà la multa. È a questo punto che Andreotti tira in causa anche colui che successivamente diventerà sindaco di Castelfranco di Sotto, Gabriele Toti. “Io decisi di lasciar perdere e pagare il ricorso anche dietro consiglio del Toti – racconta Andreotti -. In quel periodo il Toti mi fece anche un’altra promessa: che insieme ai lavori di via Nencini si sarebbe fatta anche la tubatura della fossa. Quando hanno finito i lavori in via Nencini e io vidi le macchine della ditta andare via, chiamai il Toti. La risposta? Mi disse che erano finiti i soldi. Da lì poi anche da candidato sindaco ogni volta che veniva a chiedere i voti riprometteva che avrebbe sistemato tutto”.

Arrivando ai giorni nostri, un passo verso la soluzione sembrava essere compiuto nel 2018, con un preventivo di spesa per la fornitura e messa in opera di un tubo autoportante e la realizzazione di cinque pozzetti per la raccolta delle acque. Spesa da dividere in parte tra tutti i proprietari, mentre la restante quota sarebbe stata a carico del Comune: quasi 9mila euro, iva compresa. Dopo un accordo a parole, però, non se ne fa nulla: nessuno dà seguito ai fatti e il preventivo sfuma nel nulla. Passa un anno e ci sono le elezioni, Toti viene rieletto sindaco e Andreotti continua con le sollecitazioni.

Niente si muove finché Andreotti decide “tirare in mezzo” l’avvocato, con una lettera inviata al Comune, all’Azienda Usl Centro e all’Arpat. Oggetto: quella che è diventata un’”emergenza igienico ambientale”. Ormai stare fuori in giardino, soprattutto in estate, è diventato impossibile. Gli scarichi ristagnanti “non potendo defluire – si legge nella lettera – finiscono con permeare nel terreno circostante provocando l’inquinamento delle falde freatiche e delle acque che vengono prelevate dai pozzi per gli usi domestici. Questa ultima circostanza è documentata da analisi effettuate nei campioni prelevati nella zona”. Infatti, è possibile osservare il cambiamento della qualità dell’acqua dal ’97 al 2014 grazie a tre rilevazioni e analisi di Arpat. La presenza di escherichia coli ed enterococchi (batteri) è passata dallo zero a valori decisamente più alti.

L’ultimo aggiornamento di una storia che dura quasi 25 anni è la lettera dell’avvocato di Andreotti. “La fine legislatura è troppo tardi – conclude -. Sono già passati troppi anni e per questo chiedo, ancora una volta, un intervento celere, immediato. A tutto questo, al problema igienico sanitario, si aggiunga quello sulla sicurezza stradale: con il tempo la banchina sta cedendo sempre più e anche per questo serve un intervento”.

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