Cocaina, crack e armi: condanna definitiva per un 52enne

Era accusato di far parte di un giro di spaccio da San Miniato a Pontedera
Cocaina, crack e armi, sentenza passata in giudicato per il capo di una banda che agiva in provincia di Pisa. Condanna definitiva per un 52enne di Cascina, A. C., che era già stato riconosciuto colpevole nel 2020 dal gup del Tribunale di Pisa, per aver gestito insieme ad altri complici un vorticoso giro di spaccio di cocaina in tutto il Pisano, da San Miniato a Pontedera.
L’uomo era stato arrestato durante un blitz a seguito del quale le forze dell’ordine lo avevano trovato in possesso di cocaina e crack, soldi in contanti, armi e oggetti provento di furto ed era stato condannato a 7 anni di reclusione, e 40mila euro di multa, in abbreviato. La suprema corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il suo ricorso confermando la condanna e condannandolo anche alle spese di giudizio e a 3mila euro di sanzione.
Gli ermellini hanno depositato il 7 ottobre scorso le motivazioni della sentenza definitiva sulla base delle seguenti considerazioni: la detenzione e lo spaccio di vari tipi di stupefacenti anche di particolare pericolosità (eroina e crack); il rinvenimento nell’abitazione di contenitori e strumenti ancora sporchi di cocaina, circostanza indicativa di una disponibilità originaria ben maggiore; la considerevole percentuale di principio attivo della cocaina; il possesso di bilancini di precisione, di buste in cellophane, di appunti con nomi e numeri di telefono, circostanze indicative di una consolidata attività di spaccio; il possesso di una pistola e di una baionetta, che delineavano uno scenario allarmante collegato alla conflittualità latente nell’ambiente del narcotraffico, e forse la banda era pronta ad una guerra con altre gang rivali nel Pisano; il rinvenimento di una considerevole somma di danaro, segno della disponibilità di un ingente flusso di danaro riconducibile all’attività criminosa.
Queste le principali risultanze processuali. Si legge infatti in sentenza: “Per tali ragioni nella sentenza impugnata i reati in questione sono stati logicamente considerati quale espressione di un’attività organizzata sia pur in modo rudimentale, ma connotata di gravità e non occasionale, di spaccio di stupefacenti da reperire e da diffondere – unitamente ad altri soggetti – in modo sistematico”. Il caso giudiziario è chiuso. Resta come sempre in questi casi, l’anello superiore della catena, da scoprire, l’approvvigionamento della droga che quasi sempre avviene tramite boss e picciotti della criminalità organizzata, egemone nel traffico di cocaina in Italia. Ma questa è un’altra storia.