Muore dopo l’intervento per lesioni a due arterie, medici condannati a risarcire

La famiglia della vittima aveva chiesto i danni dopo la tragedia

La causa penale per colpa medica terminò con una richiesta di archiviazione, nel 2012, accolta dal gip ma ora, nei giorni scorsi il tribunale civile accogliendo le richieste di risarcimento danni degli eredi di una vittima di un caso di malasanità ha condannato in solido l’azienda ospedaliera pisana, i due medici e l’assicurazione a pagare 528 mila euro più interessi e rivalutazione e circa 56mila euro di spese processuali. La dottoressa di Lucca e il medico di San Giuliano risultano coperti dall’assicurazione che di fatto è quella che dovrà rimborsare gli eredi della vittima.

I fatti oggetto del contenzioso civile terminato nei giorni scorsi con la sentenza a firma del giudice Eleonora Polidori del Tribunale di Pisa, risalgono al novembre del 2012 quando l’uomo era stato ricoverato per una sospetta polmonite. Il 6 novembre di quell’anno i sanitari hanno accertato però anche la rottura della corda tendinea del cuore attraverso un esame diagnostico di ecodoppler e solo dopo molti giorni di terapia antibiotica avevano deciso di sottoporlo a un intervento chirurgico.

L’operazione per la sostituzione di una valvola mitralica era iniziato infatti il 10 dicembre del 2012 intorno alle 8 del mattino per terminare dopo circa 10 ore, verso le 18 quindi, ma alle 14 del giorno dopo i medici comunicavano ai parenti il decesso dell’uomo, nonostante i tentativi di rianimazione. A seguito del decesso dell’uomo i suoi parenti avevano presentato denuncia querela a carico dei sanitari ma il relativo procedimento penale si era concluso poco dopo con pronuncia di archiviazione.

Nel 2015 sempre i parenti dell’uomo deceduto avevano attivato una procedura di mediazione, che però si era conclusa con verbale negativo per la mancata partecipazione dei sanitari. Inevitabile a quel punto rivolgersi al tribunale civile per capire cosa fosse realmente successo e chiedere gli eventuali danni, visto che il procedimento penale era terminato con l’archiviazione e quindi non si era svolta nessuna attività dibattimentale vera e propria e i parenti volevano invece vederci chiaro.

La causa civile istruita dagli eredi dell’uomo, dopo varie vicende processuali, dopo circa 7 anni è arrivata a sentenza e nelle motivazioni delle decisioni del Tribunale pisano ci sono le ricostruzioni processuali degli eventi che hanno portato alla maxi condanna di risarcimento. Per i giudici civili la cartella clinica dell’intervento è incompleta e non riporta ciò che poi è invece emerso durante l’autopsia. Due lesioni vascolari suturate a livello polmonare e aortico di cui una non è stata nemmeno inserita nella cartella clinica che deve riportare ogni singola azione dei sanitari. E inoltre tali lesioni non sarebbero nemmeno state trattate nel modo corretto, secondo i periti del tribunale. Inevitabile la sentenza di condanna partendo appunto da tali considerazioni.

Si legge infatti molto chiaramente in sentenza: “In definitiva la documentazione medica acquisita agli atti, e più segnatamente la lacunosa ed incompleta cartella clinica redatta dai sanitari, e le risultanze dell’elaborato peritale consentono di ritenere provato per presunzioni il nesso causale esistente tra la condotta colpevole dei sanitari dell’azienda resistente, per non avere attuato durante l’atto operatorio l’adeguata protezione miocardica mediante somministrazioni di soluzione cardioplegica, e l’evento dannoso patito dall’uomo, consistito nella morte del paziente. L’inadeguata protezione miocardica da parte dei sanitari nel corso dell’intervento chirurgico del 10 dicembre 2012 va qualificato come elemento dotato di rilevanza predominante, rispetto alla duplice lesione vascolare ed alla patologia polmonare flogistico-infettiva preesistente a carico del paziente, nel determinismo dell’exitus dell’uomo (decesso), avvenuto in data 11.12.2012. Tanto premesso, le domande attoree sono fondate”. Il collegio dei legali di tutte le parti in causa era formato dagli avvocati: Fabio D’Amato, Alessandro Moretti, Nicola Gori e Andrea Poli. Queste le decisioni dei giudici di primo grado.

Sostieni l’informazione gratuita con una donazione

Commenti

L'email è richiesta ma non verrà mostrata ai visitatori. Il contenuto di questo commento esprime il pensiero dell'autore e non rappresenta la linea editoriale di Cuoio in diretta, che rimane autonoma e indipendente. I messaggi inclusi nei commenti non sono testi giornalistici, ma post inviati dai singoli lettori che possono essere automaticamente pubblicati senza filtro preventivo. I commenti che includano uno o più link a siti esterni verranno rimossi in automatico dal sistema.