Caso Ragusa, per la Cassazione il ricorso è inammissibile

Il caso è definitivamente chiuso
Roberta Ragusa, il caso è definitivamente chiuso: la Corte di Cassazione, ieri, ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato dalla difesa di Antonio Logli contro l’ordinanza della Corte d’Appello di Genova che aveva rigettato la richiesta di revisione della sentenza di condanna a 20 anni dell’uomo.
A darne notizia è stato l’avvocato Nicodemo Gentili, dell’Associazione Penelope: “Non solo i giudici – spiega il legale -, ma anche gli avvocati, devono parlare con le sentenze e noi abbiamo parlato. È motivo di soddisfazione professionale constatare che, ancora una volta, la suprema Corte è stata pienamente in linea con le nostre osservazioni tecniche. Con la coscienza a posto archiviamo la vicenda giudiziaria con la consapevolezza di aver mantenuto la promessa e di aver dato dignità alla memoria di Roberta. Un grazie particolare al collega Francesco Mazza che oggi ha rappresentato in giudizio l’associazione Penelope”.
La richiesta di revisione fu respinta a dicembre scorso dalla terza sezione penale della Corte d’Appello di Genova, in quanto giudicata inammissibile. La difesa aveva presentato una memoria fondata soprattutto su due detenuti ai quali Loris Gozi – il super testimone – aveva confidato di avere mentito quando disse di avere visto il marito di Roberta in auto vicino la sua abitazione.
Roberta Ragusa era sparita dalla sua casa a Gello a notte tra il 13 e il 14 gennaio 2012, uscita in pigiama e pantofole. Le indagini si concentrarono quasi subito sul marito, il quale, invece, ha sempre sostenuto la tesi dell’allontanamento volontario della moglie. Iscritto nel registro degli indagati dalla procura di Pisa il 2 marzo 2012, dopo circa due mesi dalla la scomparsa della moglie, il pm della procura di Pisa, dottor Aldo Mantovani, gli contestò il reato di omicidio volontario e di occultamento di cadavere. Secondo gli inquirenti Roberta Ragusa fu uccisa al culmine di un litigio quando, ascoltando una telefonata del marito in soffitta, capì che Logli aveva un’amante, Sara Calzolaio, tata dei figli e segretaria alla attività di famiglia, di 20 anni più giovane. Da quanto ricostruito dall’accusa il marito, dopo che Roberta Ragusa era uscita da casa, l’aveva raggiunta in una via vicina, l’aveva uccisa e ne aveva occultato il cadavere, per poi, il giorno successivo, denunciarne la scomparsa. Nel 2015 il gup aveva prosciolto Logli, ma la Cassazione aveva annullato la sentenza e ordinato un nuovo processo. Nel 2016 la prima condanna, in primo grado, a 20 anni. Poi l’Appello a Firenze e la Suprema Corte e per Logli si aprirono le porte del carcere.
Il corpo della donna fu cercato, oltre che nel pisano, anche nel lago di Massaciuccoli, sul versante di Torre del Lago e quello di Massarosa ma non fu mai trovato.