“Con le armi moderne, la guerra fa più paura”. Giorgio ai giovani racconta la San Miniato occupata foto

Testimone vivente, protagonista del MuMe

Giorgio Morelli ha 93 anni, ma racconta con lucidità e schiettezza cosa succedeva a San Miniato durante la Seconda Guerra Mondiale e l’occupazione tedesca. “Avevo 14 anni – dice -, ma già da tempo mi sentivo adulto perché dopo la scuola aiutavo nonno alla mesticheria oppure babbo che faceva il falegname”. Dopo l’armistizio del ’43 la guerra, fino ad allora combattuta lontano, diventa parte integrante del quotidiano di San Miniato. I tedeschi temono la popolazione ed i controlli sono rigidissimi, le persone si raccolgono in alcuni luoghi come il convento e la chiesa, più protetti in caso di bombardamenti.

“Una mattina chiamarono mio zio, che faceva l’interprete, perché traducesse a tutti coloro che erano rifugiati in San Domenico che rischiavano la fucilazione: avevano paura che tra le mura del convento ci fosse una radio clandestina. Avevano visto girare una stecca di Camel, chiaro segno di contatti con gli americani”. Per Giorgio, così come per tutti i sanminiatesi, furono mesi vissuti sempre sul filo del rasoio.

“Mio padre si nascose in campagna per evitare di finire nei campi di lavoro in Germania. Tutti i giorni gli portavo del cibo nascosto in una sportina. Un giorno i soldati tedeschi mi fermarono per la strada, sentirono il profumo del coniglio appena cucinato e con i mitra spianati mi accusarono di aiutare i partigiani. Ebbi fortuna. Ad un tratto arrivarono altri due militari urlando qualcosa, forse un’emergenza, e tutti li seguirono velocemente senza considerarmi. Mi misi a correre lontano battendo il record di corsa campestre. Ricordo che la sera andavamo spesso in cima alla Rocca per assistere ai bombardamenti alleati che miravano a far saltare i ponti sull’Arno”.

Giorgio ancora adesso non si tira indietro e al Museo della Memoria racconta la sua esperienza ai ragazzi che hanno oggi l’età che aveva lui all’epoca perché “è importante che si capisca cosa è successo perché fatti simili non si ripetano, il pericolo c’è sempre anzi con le armi moderne la preoccupazione è anche più grande”.

Per ringraziarlo del suo impegno per mantenere la memoria e per la sua grande capacità di coinvolgere i giovani, la cooperativa che gestisce il Museo della Memoria, ha consegnato a Giorgio Morelli una targa speciale, in occasione di uno dei tanti incontri con le classi inserito nel percorso “Testimoni di guerra“. Presenti il sindaco Simone Giglioli, l’assessore alla Cultura Loredano Arzilli, il consigliere con delega alla Memoria Michele Fiaschi, Giulia Cantoni per l’ufficio cultura del Comune, la classe terza E delle scuole medie di Ponte a Egola.

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