Rilancerà la Pasta Caponi, nuovo progetto per Pasqualetti foto

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Oggi è a capo di un piccolo impero. Ma le sue aziende, Federico Pasqualetti, 40 anni, calcinaiolo doc, sposato e padre di due figli, se l’è create dal niente. Ammesso che tante idee e molta voglia di lavorare, specie di questi tempi, siano niente. Oltre a una buona capacità di sognare, che gli consente di non frenare l’immaginazione: si occupa di meccanica per l’industria, ma ora è anche il proprietario, insieme al fratello Alessandro, dello storico Pastificio Caponi, che ora è pronto a tornare in grande stile sul mercato con i suoi prodotti. La storia di Pasqualetti imprenditore inizia però con la Aeffe Machinery di Bientina, ben nota nel mondo conciario per le sue macchine per l’industria. E, come si dice, il primo amore non si scorda mai.

Quella di Federico è una storia di tenacia, inventiva e coraggio. Una storia, a dispetto della sua giovane età, di altri tempi. E’ la storia di chi poteva avere la vita facile e aspettare di invecchiare comodamente e invece ha raccolto la sfida che ingegno e circostanze gli hanno messo sul percorso. Oggi, tra le varie aziende di cui è propritario, c’è anche quella dello storico marchio della Pasta Caponi, importante per Pontedera e per la Valdera e la provincia di Pisa, un brand che Pasqualetti vuole rilanciare e far crescere.
Cosa è che porta un giovane imprenditore di successo che ha contribuito a rivoluzionare l’idea dei macchinari per conceria a investire e impegnarsi nel rilancio e nella cresita del pasticificio Caponi? La meccanica?
“La meccanica che ha accompagnato la mia attività imprenditoriale nella Aeffe Machinery con la pasta Caponi in realtà c’entra poco, anche perché noi vogliamo continuare a fare la pasta con le stesse macchine usate da decenni, al massimo potremo fare un po’ di manutenzione. La verità è un’altra… spesso per motivi di lavoro giro il mondo e vedo varie realtà e ovunque vado noto che noi in Italia abbiamo due punti di forza su cui nessuno ci può battere: il cibo e il turismo. Qui in Valdera, a Pontedera abbiamo un marchio storico che secondo noi per qualità del prodotto può competere con il mondo della pasta all’uovo e tenere testa a tutti. Per questo abbiamo deciso di impegnarci nel pastifico Caponi. Noi non vogliamo andare sulla grande distribuzione, ma vogliamo diventare il riferimento per la fascia alta, ristoranti, gastronomie, altrimenti se dovessimo andare sulla grande distribuzione dovremmo cambiare la produzione. E invece vogliamo che rimanga un prodotto ‘fatto a mano’, artigianale, in grado di garantire dei livelli di qualità altissimi. Per noi è un sfida imprenditoriale, ma è anche una sfida legata al territorio: una realtà come la pasta Caponi di Pontedera deve essere valorizzato. Oggi, al pastificio Caponi lavorano 5 persone più i titolari e la pasta viene fatta ancora con i macchinari e con le metodologie di lavorazione con cui si faceva nel 1958, quando è stato aperto il pastificio”.
Non è cambiato niente?
Fino a ora non è cambiato niente e addirittura il mestiere si è passato di madre in figlia. Oggi, tra le quattro dipendenti, c’è una signora che è figlia di una lavoratrice che era al pastifico Caponi quando nacque, nel 1953. Forse qualche piccolo cambiamento ora lo faremo noi nel processo di rilancio del brand, sicuramente apriremo una linea di pasta senza glutine, prodotto che è sempre più richiesto e poi rilanceremo forse il prodotto più caratteristico del pastificio Caponi che con la vecchia gestione era andato fuori produzione: le lasagne. Sono lasagne particolari, che addirittura in passato furono brevettate e oggi ne deteniamo il brevetto. Un brevetto che rappresenta la tradizione e il valori del pastificio Caponi. Insomma, non ci andava proprio giù che il pastifico finisse in mano a imprenditori stranieri o comunque che avrebbero fatto speculazione e magari implementato la produzione a discapito della tradizione e della qualità.
In un certo senso è così: il brand è nato a Pontedera e credo che per rilanciarlo serva qualcuno che conosce il territorio senza trasformare quello che è un prodotto artigianale in un prodotto industriale. Vi do un dato per capire di cosa si parla quanto mi riferisco al prodotto artigianale: le paste che si trovano sui banchi dei supermercati, anche se di qualità, alla fine del processo di lavorazione vengono asciugate, essiccate in pochi secondi grazie alle moderne tecnologie. La nostra pasta, a seconda del tipo, impiega dalle 24 alle 30 ore per essere essiccata”.
Una sfida quindi imprenditorale, ma anche culturale?
“Certo, noi ci siamo approcciati a questa nuova avventura con lo stesso spirito con cui mi sono approcciato alla mia prima azienda, la Aeffe Machinery”.
Quale è la storia della Aeffe Machinery?
“E’ una storia fatta di passione per la meccanica e per il lavoro. Nel 2002, quando sono uscito dalle scuole superiori, sono andato a lavorare nell’azienda di mio padre che negli anni ’70 aveva aperto con altri soci. Facevano macchine per le concerie e altri macchianari, le facevano bene: da anni facevano sempre gli stessi prodotti. Quando sono arrivato in azienda avevo voglia di innovare, era carico di entusiamo e ho cominciato a proporre l’introduzione di novità, volevo introdurre l’applicazione dell’elettronica e dell’informatica delle macchine, studiavo come innovare, aggiornare, modificare, ma tutte le volte gli adulti mi diceva ‘no stai buono, aspetta…’. Alla fine, un giorno, nonostante la stima e l’affetto per mio padre, ho capito che dovevo provare a fare da solo: sono andato da lui e gli ho detto che me ne andavo e provavo ad aprire la mia azienda. Ho passato anni a lavorare nel garage di casa mia, a montare le macchine, provarle in fiera per far crescer la AF, nata già con l’idea di coinvolgere anche mio fratello Alessandro. Poi, dopo qualche anno, le cose hanno cominciato a ingranare e in pratica sono diventato un competitor dell’azienda di mio padre. A quel punto sono andato da lui e gli ho proposto di venire a lavorare nella nostra azienda e uscire dalla sua, convinto che la sua esperienza sarebbe stata preziosa. Non è stato facile… è servito tanto lavoro, ma alla fine l’azienda è cresciuta e ora abbimo prodotti meccanici che vanno in tutta Europa e sono apprezzati per la loro flessibilità: rispetto ai tedeschi, noi facciamo macchine affidabili come le loro, ma che sono in grado di fare più cose nel settore conciario. Abbiamo clienti ormai consolidati che si rivolgono a noi e questo è motivo di orgoglio”.
E oggi che le sue macchine nate sull’innovazione sono prodotti leader, su cosa ha concentrato la sua creatività? Continua a innovare?
“Si, proprio per questo abbiamo creato un’altra azienda dove sperimentiamo e facciamo ricerca nel settore meccanico e della conceria, dove ci confrontiamo quotidianamente con nuove esigenze del mercato e da dove tiriamo fuori le idee per il domani, un’azienda dove nascono le nuove idee e dove è possibile sperimentare, interamente finanziata da noi. Sono dell’idea che se non si innova ci si ferma: anche il nostro impegno nella pasta Caponi è una forma di innovazione. Vogliamo innovare non nel processo artigianale che va bene come è ed è un patrimonio da preservare, ma vogliamo innovare sul brand e sul rilancio del prodotto”.

Gabriele Mori

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