Agosto in conceria, Distretto in pre allerta ma mancano gli ordini. Cgil: “Troppa incertezza”

"Tutto il mondo è fermo e i marchi hanno ancora i magazzini". Il fast fashion tra le incognite

Il distretto industriale di Santa Croce sull’Arno si prepara a un agosto caldo. Lo fa con una certa dose di speranza e apprensione, perché quella che sta affrontando è un’estate davvero tiepida. Lo è per il meteo appena primaverile, ma lo è di più perché manca la pioggia di ordini che avrebbe dovuto inondare le aziende di questo spicchio di Toscana al rientro dal lockdown.

Se la riapertura è stata una corsa a chiudere le consegne, a mancare al momento sono ancora i nuovi ordini. “Tutto il mondo è fermo – ricorda il segretario generale Filctem Cgil Pisa Loris Mainardi -. Il mercato italiano assorbe solo una piccola parte delle nostre produzioni: il virus è ancora attivo negli Stati Uniti e Hong Kong si trova davanti addirittura a una ricaduta. L’unica cosa certa è l’incertezza e questo non aiuta i mercati né le produzioni”. Tanto di più che “I Marchi hanno ancora roba in magazzino pronta per quando ripartiranno i negozi, in più c’è da tenere conto che quando non si capisce come bisogna muoversi, in genere non ci si muove: in questo clima, nei negozi di Usa e Hong kong non si va per comprare le borse da 3mila dollari. La filiera della moda è futile” e in emergenza e restrizioni, tutto quanto non necessario è ancora più che superfluo.

Così succede che, dopo la cassaintegrazione, “le aziende si stanno informando e stanno riflettendo sui contratti di solidarietà“. In un distretto in cui il 60per cento circa della forza lavoro è rientrata dopo la riapertura, mentre gli altri sono ancora in cassaintegrazione. Alcuni lavoratori che erano rientrati al lavoro, stanno tornando in cassa, magari lavorando solo qualche giorno a settimana.

“Ma le aziende si aspettano poco lavoro da fine luglio in poi. Se così fosse, si potrebbe dover aspettare fine ottobre o novembre per ripartire con i nuovi ordini. E se allora ci fosse una nuova ondata di contagi, sarebbe la fine”.

Nonostante la speranza sia ben diversa, tanto che per recuperare le settimane di chiusura, le associazioni dei conciatori così come i sindacati e gran parte dei lavoratori, si stanno preparando all’eventualità di tenere aperte le concerie ad agosto.

“A oggi – precisa però Mainardi – non esiste niente di concreto sulla possibilità di fare accordi per lavorare d’agosto né ordinativi che lascino presupporre che sarà necessario. Il sospetto è che a fine luglio si potrebbe anche pensare di chiudere e andare in ferie”. Forse in zona, visto che molte cassintegrazioni sono ancora in pagamento e che comunque i guadagni ridotti e l’incertezza potrebbero rendere non facile partire in vacanza.

Come sarà l’agosto del Distretto lo sapremo “fra un mese. Allora capiremo come organizzare le ferie di agosto: se per chiudere o per tenere aperto”.

Ad aumentare il clima di incertezza in tutta la filiera moda, c’è poi l’attendismo legato alle recenti posizioni di stilisti che vorrebbero “prendersela con calma”, slegarsi dalle stagioni della moda diminuendo le sfilate e promuovendo il fast fashion, cioè collezioni nate sui trend, portate in passerella e subito sugli scaffali, con tempi, costi e consumi ottimizzati. Con le sfilate, nelle ipotesi di un grande marchio, ridotte da 5 a 2 all’anno, a ottobre e marzo. E una produzione inferiore di capi, come auspicato da un altro, con un rallentamento capace di valorizzare la filiera. Come a dire, più lusso e più “in tempo”, al lavoro sulla stagione prossima e non su quella dell’anno prossimo.

“Che per la filiera della pelle e cuoio però – spiega ancora Mainardi – significa togliere lavoratori. Senza campionatura, per esempio, chi fa solo campioni non serve. Il principio lo comprendo e posso anche condividerlo, ma bisogna sapere che sulla filiera incide, è inevitabile”.

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