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“Non è più il tempo di piccoli sgravi e pannicelli caldi”: Vanni scrive a Draghi

23 marzo 2021 | 11:21
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“Non è più il tempo di piccoli sgravi e pannicelli caldi”: Vanni scrive a Draghi

E ne ha anche per gli enti locali: “Dall’inizio di questa emergenza si comportano come se non c’entrassero niente”

“Persone come me, che lavorano nel settore moda, comprano oggi la merce che venderanno in autunno, vi immaginate con che cuore andiamo avanti?”. C’è tutta l’ansia di chi si sente in trincea nelle parole di Alberto Fausto Vanni storico esercente di Santa Maria a Monte. Preoccupazioni e visioni sul futuro che il commerciante e storico esponente del Partito Repubblicano ha voluto mettere nero su bianco, in una lettera scritta niente meno che al presidente del consiglio del ministri Mario Draghi.

“Volevo fare una modesta proposta – dice – utile a far si che anche persone come lui, che certo hanno molta esperienza e mille sollecitazioni, possano mettersi nei panni di chi ogni giorno apre la saracinesca in un momento difficile”. Una richiesta di aiuto per tutto il settore che non nasconde anche una certa insofferenza verso i “classici” modi per sostenere il commercio, che in tempi eccezionali necessitano invece di interventi eccezionali.

“Il mio lavoro è fare il commerciante di abbigliamento uomo e donna – si legge nella lettera –. Ho tre negozi ereditati da mia nonna Quarta Etruschi e poi dai miei genitori Guelfa e Giancarlo. Sarebbe troppo lunga la mia storia familiare, ostacolata da disgrazie, mio padre è morto a 29 anni in un incidente stradale, mia mamma Guelfa, si rimboccò le maniche e ha creato un bella realtà commerciale conosciuta in tutta la Toscana. Lei è deceduta quindici anni fa a soli 70 anni.

Adesso siamo io e la mia famiglia a portare avanti con tanti sacrifici questa azienda nata nel 1933. Questa situazione economica ha messo in serie difficoltà molte piccole e medie attività commerciali come la mia, pertanto mi permetto di darle un suggerimento concreto rivolto alle piccole e medie imprese”.

Ecco, allora, la proposta: “A chi ha necessità di liquidità per finanziare la propria attività ed avere una prospettiva di rilancio economico occorre una sorta di mutuo a 20 anni con tasso pari a 0 e una piccola parte del finanziamento a fondo perduto con garanzie metà dell’azienda e metà dello Stato. Un esempio: se una azienda per superare questa situazione e per rinnovamento le occorrono 500mila euro da restituire in 20 anni, 240 rate mensili da 2.083 euro. Così la cosa sarebbe concreta veloce e fattibile.

Con questa opportunità moltissime aziende ritornerebbero in gioco e con la prospettiva di superare questa tragica situazione. Spero che la mia proposta sia letta e auspico che sia presa in considerazione: le cose semplici e lineari sono le più efficaci. La saluto cordialmente, in attesa di un suo riscontro e augurandole buon lavoro. L’Italia è dalla sua parte”.

Una lettera scritta di getto, col cuore in mano, da un pezzo di storia del commercio nostrano non nuovo a queste iniziative. “Anni fa ne scrissi una anche a Ciampi. Mi arrivò una risposta dalla sua segreteria – racconta –. Le poche parole dette da Draghi nell’ultima conferenza stampa sono condivisibili. Ma volevo anche io dare il mio contributo a questo momento difficile al quale, purtroppo, molti pensano di rispondere con i soliti pannicelli caldi. Non è più il tempo dei piccoli sgravi e dei pannicelli caldi, roba da anni ’70. E’ venuto il momento di dare risposte concrete ad un settore che vede nero, in un Paese che è indietro di 20 anni e adesso ha bisogno di una spunta strategica, con misure dallo sguardo lungo. Chi come me ha sulle spalle cinque dipendenti e quindi anche delle famiglie, chiede altro”.

E Vanni, parlando della scelta di scrivere la sua lettera, ne ha anche per gli enti locali. “Dall’inizio di questa emergenza si comportano come se non c’entrassero niente. Come se la situazione economica delle aziende e dei commercianti sul loro territorio non li toccasse. E invece anche loro potrebbero fare la loro parte. Capirebbero che chiedere la Tari a un ristoratore che apre e chiude a singhiozzo da un anno rappresenta già un ostacolo alla ripresa”.