Calzaturiero, in Toscana export in flessione del 30,3%. Calano imprese e addetti

Tutti i dati del 2020 elaborati dal centro studi di Confindustria Moda per assocalzaturifici

Il comparto calzaturiero in Italia ha sperimentato nel terzo trimestre dinamiche un po’meno sfavorevoli, ma comunque ancora non positive. E’ quanto emerge dai dati elaborati dal centro studi di Confindustria Moda per assocalzaturifici, che evidenziano nel periodo esaminato cali a doppia cifra nel fatturato delle aziende raggiunte dall’indagine (-26,6 per cento). Solo il 14 per cento degli intervistati ha dichiarato di aver superato, o quantomeno eguagliato, il fatturato del terzo trimestre 2019, mentre più della metà del panel ha denunciato un calo compreso tra il meno 20 e il meno 50 per cento.

Dati che trovano riscontro nell’indice della produzione industriale di Istat, che ha registrato in luglio-settembre un meno 17,4 per cento. Il calo da inizio anno resta considerevole, in tutte le variabili.

“I dati cumulati dei primi 9 mesi dell’anno – spiega Siro Badon, presidente di assocalzaturifici – ci mostrano un settore messo a dura prova dall’emergenza sanitaria. Registriamo contrazioni attorno al 20 per cento in volume per consumi interni (meno 17,8 per cento) e vendite estero (meno 20,1 per cento), forti arretramenti nella produzione industriale (meno 29,4 per cento) e una riduzione media di un terzo (meno 33,1 per cento) nel fatturato delle aziende associate. Flessioni generalizzate, quasi sempre a doppia cifra, sui principali mercati di sbocco, con l’attivo del saldo commerciale che si è ridotto del meno 18,1 per cento. I primi timidi segnali di rientro alla normalità nella domanda, sia internazionale che interna (a settembre export e acquisti delle famiglie italiane avevano eguagliato i volumi dell’analogo mese 2019), rischiano di essere subito annullati dalla seconda ondata pandemica, con gravi ripercussioni sulle capacità di tenuta del settore, che ha visto ridursi ulteriormente nel 2020 il numero di imprese attive (meno 101 nei primi 9 mesi) e di addetti (sceso di circa 2mila 600 unità)”.

“Considerando anche i produttori di componentistica – continua -, i saldi negativi salgono a meno 231 imprese e meno 3mila454 addetti. Il ricorso alla cassa integrazione guadagni ha raggiunto l’ennesimo record (più 930 per cento nei primi 10 mesi dell’anno nella filiera pelle, con più 1267 per cento ad ottobre). Forte è la preoccupazione per i mesi a venire”.

In Toscana nei primi 9 mesi del 2020, il numero di imprese (tra calzaturifici e produttori di parti) ha registrato, secondo i dati di Infocamere-Movimprese, una variazione pari a meno 61 unità, tra industria e artigianato, accompagnata da un saldo negativo di meno 497 addetti nelle localizzazioni attive. Sul fronte dell’export si registra una flessione del meno 30,3 per cento in valore sui primi 9 mesi 2019; in particolare il terzo trimestre ha evidenziato un più 5,4 per cento, in netto miglioramento rispetto al meno 60,2 per cento tendenziale fatto segnare nel secondo. Le prime 5 destinazioni per export sono: Svizzera, USA, Francia, Regno Unito, Germania.

Nel dettaglio, relativamente al mercato interno nazionale, i dati cumulati dei primi 9 mesi mostrano contrazioni degli acquisti delle famiglie italiane del meno 17,8 per cento in quantità e del meno 23 per cento in termini di spesa, con prezzi medi in calo del meno 6,3 per cento, anche per il maggior utilizzo, nei mesi di quarantena, di pantofoleria e calzature ad uso domestico di minor valore medio unitario (oltre che per il minor numero di cerimonie e occasioni di utilizzo). Secondo il Fashion Consumer panel di Sita Ricerca per assocalzaturifici, i segmenti merceologici più colpiti risultano quelli delle scarpe ‘classiche’ per uomo e donna (con cali attorno al meno 30 per cento), mentre per le calzature da bambino e le sportive/sneakers le flessioni sono comprese tra il meno 15 e il meno 20 per cento. Meno pesante, come anticipato, la frenata per il segmento pantofoleria/relax, sceso del meno 7,4 per cento in paia e del meno 6,8 per cento in spesa.

Malgrado il boom delle vendite online, si profila dunque un 2020 nero per gli acquisti in Italia, considerato anche il crollo dei flussi turistici dall’estero e dei mancati introiti da essi derivanti, soprattutto per le fasce lusso.

Le esportazioni nazionali, che da sempre costituiscono il traino del settore, hanno subìto nei primi 9 mesi dell’anno una contrazione del meno 20,1 per cento in quantità, con un meno 17,2 per cento in termini di valore. Complessivamente sono stati esportati da gennaio a settembre, operazioni di pura commercializzazione incluse, 127,1 milioni di paia (quasi 32 milioni in meno rispetto all’analogo periodo del 2019) per 6,4 miliardi di euro. Prezzi medi in aumento del più 3,6 per cento.

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