Guerra in Ucraina: il record del prezzo del mais affama le stalle toscane

+ 47mila euro i costi di produzione per le aziende di bovini da latte

Il record del prezzo del mais affama le stalle toscane contribuendo all’incremento senza precedenti dei costi di produzione degli allevamenti specializzati nella produzione di latte vaccino che registrano mediamente perdite di oltre 47 mila euro secondo l’indagine Crea. A dirlo è Coldiretti Toscana dopo il record del decennio alla borsa merci di Chicago raggiunto dalle quotazioni del mais che hanno superato gli 8 dollari per bushel (27,2 chili); prezzo che non toccava dal 2012.

La Toscana, e così tutto il paese, è fortemente dipendente dall’estero da cui importa circa la metà del fabbisogno (47%) per l’alimentazione degli animali negli allevamenti dove i ricavi per latte e carne non riescono più a coprire i costi. E pensare che 40 anni fa la solo nella nostra regione gli agricoltori destinavano alla produzione di mais circa 150 mila ettari. Nel 2021 gli ettari destinati a questa coltivazione fondamentale per gli allevamenti sono poco meno di 10 mila (fonte Istat).

“Il deficit nella produzione di mais, che è alla base dell’alimentazione degli animali delle aziende zootecniche, è stato progressivo ed inesorabile portando ad una riduzione, rispetto a 40 anni fa, dell’85% delle superfici dedicate nella nostra regione e del 31% in dieci anni. – spiega Fabrizio Filippi, presidente Coldiretti Toscana – Oggi l’Ucraina, insieme alla Slovenia e all’Ungheria, sono i nostri principali fornitori di mais e questo sta esponendo il sistema zootecnico regionale ad una situazione di enorme fragilità che ha già portato in un solo anno alla chiusura di oltre cento stalle nel 2021 per effetto dei rincari di energia, materie prime e dei prezzi riconosciuti agli agricoltori. Le tensioni internazionali generate dalla guerra in Ucraina hanno aggravato ulteriormente lo stato di salute dei nostri allevamenti che sono tra i settori maggiormente penalizzati dall’aumento dei costi correnti di fattori produttivi essenziali come lo sono i mangimi che hanno registrato incrementi dei prezzi medi del 90%. Nel frattempo – spiega ancora – non si riesca ancora a trovare un accordo regionale per portare il prezzo del latte riconosciuto agli allevamenti ai livelli dei costi di produzione che sostengono effettivamente oggi. Trasformatori e grande distribuzione stanno discutendo da mesi sulla base di pochi centesimi che per gli allevamenti, e per tutto il sistema che ruota loro attorno fatto di territorio, paesaggio e biodiversità, significa vivere o morire”.

La causa della dipendenza della Toscana e del Paese dall’estero per il mais, ma non solo, anche frumento tenero e duro, soia e girasole, è da ricercare nei bassi compensi riconosciuti agli agricoltori e nella calamità rappresentata dagli ungulati che hanno favorito l’abbandono di molti terreni.

“Occorre lavorare da subito per accordi di filiera tra imprese agricole ed industriali con precisi obiettivi qualitativi e quantitativi e prezzi equi che non scendano mai sotto i costi di produzione come prevede la nuova legge di contrasto alle pratiche sleali ma – analizza ancora il presidente Filippi – occorre investire per aumentare produzione e le rese dei terreni con bacini di accumulo delle acque piovane per combattere la siccità ma serve anche contrastare seriamente l’invasione della fauna selvatica che sta costringendo in molte zone interne all’abbandono nei terreni e sostenere la ricerca pubblica con l’innovazione tecnologica a supporto delle produzioni, della tutela della biodiversità e come strumento in risposta ai cambiamenti climatici. Per ridurre la nostra dipendenza dall’estero di cibo ed energia è indispensabile dare il giusto valore alle produzioni agricole e accellerare sulla produzione di energia pulita dal sole attraverso l’agrivoltaico sui tetti di stalle e fienili. Solo così – conclude Filippi – possiamo cominciare a tornare ad essere padroni del nostro destino”.

 

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