Latte, pochi guadagni per gli allevatori: “Rischiano di chiudere le stalle”

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“Per il latte toscano gli allevatori percepiscono mediamente dai 36 ai 38 centesimi al litro, mentre nel resto d’Italia si toccano i 50 centesimi: è un’anomalia da correggere in fretta, se non vogliamo vedere chiudere le nostre stalle nell’arco dei prossimi mesi”. Lo afferma Marco Neri, presidente Confagricoltura Toscana, che aggiunge: “Accogliamo con piacere gli sforzi della grande distribuzione, che si è impegnata a riconoscere 3 centesimi in più al litro ai produttori, ma ancora non basta. Arrivare alla soglia del mezzo euro equivale alla sopravvivenza, sotto il settore va in crisi”.

La situazione è oggi ancora più drammatica a causa di una seconda importante discrasia. “Sugli scaffali dei supermercati interviene un altro fattore che alimenta lo squilibrio e penalizza i prodotti locali: il latte a marchio viene costantemente venduto sotto l’euro, spesso a 0,99 centesimi, mentre quello locale oscilla tra 1,60 e 2 euro al litro. Se non si lavora per una concreta e rapida parificazione dei prezzi, non ci potrà mai essere partita tra la grande distribuzione e le piccole filiere toscane”.

Il quadro si fa ancora più tetro se si aggiunge il caro energia determinato dal conflitto in Ucraina: “I produttori sono in grande affanno anche perché i costi sono triplicati, ma il prezzo del latte non viene rivalutato seriamente da anni. Se Regione e Governo non si impegnano per supportare davvero la filiera zootecnica, l’unica conclusione sarà la chiusura delle stalle, con una conseguente crisi occupazionale senza precedenti”.

Non solo, perché dalla tenuta complessiva del sistema dipendono molteplici e ulteriori segmenti. “In mancanza di misure correttive si preannuncia una sequela di effetti a cascata negativi, come la perdita pressoché totale di un circuito virtuoso composto da animali, prati messi a foraggio e prodotti tipici derivanti dal latte come i formaggi. Con il loro impegno gli allevatori toscani contribuiscono inoltre a ridurre lo spopolamento e il degrado dei nostri territori di campagna. Chi pensa che la crisi sarà delimitata – conclude Neri – si sbaglia quindi di grosso. Ecco perché il momento di intervenire è adesso”.

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