Dieci anni di Codice Rosa, tra vecchie e nuove sfide foto

Presto un convegno in Empolese Valdelsa

Gli accessi con Codice Rosa, da gennaio 2012 a giugno 2019, nei pronto soccorso della Regione Toscana sono stati 21.129, 3.043 dei quali di minorenni. Per questi, la motivazione di accesso prevalente, l’80%, sono i maltrattamenti, mentre per il restante 20% sono dovuti a violenza e abusi.

E’ tempo di bilanci e nuove sfide per Codice Rosa, che ha celebrato il compleanno con un convegno a Grosseto al quale ha partecipato il presidente della Società della Salute Empolese Valdarno Valdelsa Alessio Spinelli, che ha invitato il direttore della Rete Regionale Codice Rosa sul territorio dove prossimamente si terrà uno specifico seminario per approfondire, insieme a medici, infermieri, personale socio-sanitario e forze dell’ordine, le tematiche inerenti la violenza di genere, in particolare quella minorile, visto il crescente numero del fenomeno in questa fascia di età.

Il modello di intervento sanitario a supporto delle vittime di violenza ha celebrato il suo primo decennio. Il progetto pilota di accesso al pronto soccorso, nato nel 2009 da una intuizione di Vittoria Doretti, è divenuto un modello prima regionale, in Toscana, poi nazionale e internazionale.

Al convegno in Empolese Valdelsa saranno coinvolte le associazioni del territorio già in prima linea contro la violenza di genere come Frida e il Centro Aiuto Donna Lilith. Un’esperienza, quella della Società della Salute Empolese Valdarno Valdelsa, molto all’avanguardia per quanto riguarda questo tema. Negli ultimi anni, infatti, sono stati attivati diversi progetti tra cui quello della risposta in urgenza, attraverso la rete Codice Rosa e il Seus (Servizio Emergenza Urgenza Sociale), che consente di sostenere le vittime nel luogo e nel momento in cui esprimono la richiesta d’aiuto attraverso una rete di protezione attiva h 24, 365 giorni l’anno e che ad oggi ha già intercettato circa 85 donne raddoppiando il trend del 2018, il potenziamento della rete dei servizi territoriali, con 15 sportelli attivi sul territorio, una nuova casa rifugio (per un totale di 5) e la sperimentazione di una casa per la semi autonomia per le donne che non necessitano di un progetto di protezione, progetti per l’autonomia abitativa e lavorativa e il progetto “Engage” in collaborazione con il Centro Ascolto uomini Maltrattanti) per il trattamento degli uomini autori di violenza in modo da prevenire il rischio di recidiva.

“Il nostro obiettivo – spiega Spinelli – non è quello di combattere soltanto alcuni generi di violenza bensì quello di opporsi alla cultura della violenza, che purtroppo nella nostra società si sta facendo sempre più largo anche a causa della pericolosa sottovalutazione di alcuni fenomeni e della spregiudicatezza di certi atteggiamenti, anche da parte della classe politica”.

All’incontro di Grosseto erano presenti anche Sabrina Mazzei consigliera comunale incaricata in materia di pari opportunità a Fucecchio (che ha promosso insieme alle colleghe della Commissione delle Elette e Nominate molte iniziative formative, informative e di sensibilizzazione sul tema) e Renzio Ciofi, docente all’Università di Padova al master per Dirigente di sicurezza urbana e contrasto alla violenza, che parteciperà attivamente al seminario nella nostra zona.

“Siamo convinti – per Mazzei – che la strada percorsa in questi 6 anni è giusta ma ancora lunga. Dobbiamo continuare a coinvolgere le nostre scuole e rafforzare ancora di più la rete con le associazioni di volontariato, di categoria e con i centri antiviolenza, siglando un protocollo d’intesa. La violenza di genere è un problema culturale e una responsabilità sociale che riguarda tutti, uomini e donne, e non possiamo più restare indifferenti.”

Durante il convegno è stata inaugurata una panchina rossa, simbolo della lotta contro la violenza sulle donne, sulla quale gli organizzatori, anziché apporre la tradizionale targa, hanno pensato di disegnare l’immagine di un computer dal cui monitor si legge una conversazione di richiesta di ultimo incontro che, se accettato dalla vittima, porta il carnefice – come dimostrato dai dati – a compiere l’atto ultimo della violenza: il femminicidio.

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