Crisi economica e cultura, intervista con lo storico Adriano Prosperi

di Riccardo Cardellicchio

Adriano Prosperi, nato 77 anni fa a Lazzeretto (Cerreto Guidi), docente in pensione di Storia dell’età della Riforma e della Controriforma alla Scuola Normale Superiore di Pisa. Con Einaudi ha pubblicato, tra l’altro, “Tribunali della coscienza”, “Il Concilio di Trento”, “Storia moderna e contemporanea” (con Paolo Viola, quattro volumi), “Dare l’anima, storia di un infanticidio”, “Giustizia bendata, percorsi storici di un’immagine”, con cui ha vinto il Premio Viareggio. Con Feltrinelli ha pubblicato “L’eresia del libro grande”.

“Per tutti, ma soprattutto per chi fa un mestiere intellettuale, s’impone l’obbligo civile di capire e di mettere a disposizione degli altri quello che capisce di un fenomeno che ha dimensioni mondiali e che ha cambiato molti aspetti della nostra vita quotidiana”. Così lo storico Adriano Prosperi parlando dell’attuale crisi economica.
Prosperi, da molti anni vive a Pisa. Ha al suo attivo numerose pubblicazioni che hanno superato i confini accademici. Per la saggistica, ha vinto il Premio Viareggio con ‘Giustizia bendata, percorsi storici di un’immagine’, edito da Einaudi. E’ presidente, a Empoli, del Premio Pozzale. E’ collaborare di diversi giornali. Quando eravamo compagni di scuola – una vita fa – io lo ammiravo per le sue capacità di studio. Lui, per le mie qualità nello sport. Che non ho sfruttato, preferendogli il giornalismo e i libri.
Aggiunge, Prosperi: “L’angolo visuale dei consumi culturali e delle istituzioni di insegnamento e di ricerca offre una prospettiva solo in apparenza meno drammatica di quella che si può avere nelle fabbriche e nei luoghi di lavoro. Sulle cause della crisi non spetta a me offrire indicazioni. Va detto che la politica dell’informazione non è una variabile indipendente della politica come rapporto di forze. Perciò la povertà dell’informazione televisiva su questo punto, in Italia, non è certo cosa che ci stupisca. Il potere dominante, in Italia, non ha alcun interesse a farci capire perché i pochi ricchi siano diventati sempre più ricchi e tanti italiani siano oggi ridotti a lottare con stipendi impoveriti e con mutui e rate che non riescono più a pagare. E il controllo della televisione significa controllo dei pensieri e delle idee della massa della popolazione, specialmente in un Paese dove si legge pochissimo come il nostro”.
La crisi che riflessi ha o può avere sulla cultura?
“I riflessi sulla cultura, che mi colpiscono in modo particolare, sono quelli dell’impoverimento delle istituzioni scolastiche per le politiche di risparmio cieco dei governi di destra. Il presidente Obama si è mosso in altra direzione, con la consapevolezza che solo puntando sull’innalzamento della qualità della scuola e dell’università ci si può presentare nel mondo con la possibilità di gareggiare coi migliori. Sono anche la paura e l’intolleranza – anche queste alimentate da politiche insensate – nei confronti degli immigrati e dei portatori di culture diverse, considerati come minacce sociali per la religione cattolica o per i guadagni dei commercianti o, semplicemente, come potenziali delinquenti”.
Si parla di sviluppo sostenibile. Ti sembra che vi sia in Italia?
“Si parla molto di questo, ma la cronaca quotidiana ci avverte che lo sviluppo reale – se di sviluppo si può parlare – è quello insostenibile della svendita del territorio e dei beni culturali in genere. Le biblioteche e gli archivi s’impoveriscono di personale e di mezzi, la sicurezza dei trasporti è sempre più ridotta, mentre una speculazione cieca s’avventa sull’edilizia, incoraggiata dai pronunciamenti di questo nostro governo, ma anche capace di fare i suoi danni nelle zone amministrate dal centro-sinistra. Su questa strada si compiono reati che saranno pagati da vite umane. Anzi, vengono già pagati a questo prezzo. Episodi recentissimi, come il terremoto di Amatrice e dintorni.dell’Aquila, la strage di Viareggio e il disastro del messinese, per la non parlare di Ischia, ci avvertono con frequenza terrificante che non abbiamo alternative alla ricerca di una radicale trasformazione del modello drogato di ricchezza privata e pubblica miseria in cui siamo stati immersi finora. Si tratta semplicemente di tornare al dominio della legge, non come pio desiderio di una minoranza, ma come necessità urgente di riconversione della macchina sociale ed economica”.
Si parla anche di sistema solidale. Possono essere fatti esempi o si naviga nel nulla?
“Se ne parla, ma non si vede granché. Sul piano delle politiche statali l’Italia è, come al solito, l’ultima della fila per quanto riguarda gli aiuti ai Paesi non sviluppati. Le conseguenze ci toccano direttamente. Penso, per esempio, che la politica protezionistica europea stia danneggiando l’agricoltura africana ma anche noi consumatori. E ci sono altre cose che potremmo imparare da un rapporto diverso coi Paesi africani. Trovo molto interessante, per esempio, il movimento delle commissioni per la verità e la riconciliazione. Ma il problema è come si riuscirà a cambiare un assetto dei rapporti di forza che oggi schiaccia una porzione maggioritaria dell’umanità. La domanda di giustizia è oggi una domanda in crescita in un mondo che non ha mai conosciuto, nella sua lunga storia, una più iniqua ripartizione dei beni”.
Potranno fare qualcosa la solidarietà e la carità come sentimenti diffusi da uomini di buona volontà?
“Come storico, penso che abbiamo nell’esperienza del passato un grande patrimonio italiano di istituzioni e associazioni dedite a forme di solidarietà. Oggi ne sopravvivono tracce nelle Misericordie, nelle cooperative di consumo, nelle molte forme di associazione per opere di solidarietà. La matrice cristiana e quella socialista di tutto questo sono evidenti. Ma solidarietà e carità sono in crisi. Non parliamo della crisi dell’idea umanitaria e socialista di solidarietà. L’impoverimento della parola “carità”, che oggi indica l’elemosina e poco altro, avverte che delle tante forme dell’iniziativa laicale spontanea delle città medievali (che abbracciava con la parola ‘carità’ il procurare la pace tra le fazioni, l’organizzare banchetti sociali, l’accompagnare i morti, il pregare per loro, il ricordarli) è rimasto ben poco: e questo perché, con la svolta della Controriforma, il clero impose la sua disciplina e il controllo su queste attività. Oggi, carità ha un significato offensivo, quasi come tolleranza. Occorre giustizia, occorre garanzia dei diritti fondamentali . Ma mi è difficile, come a tutti, capire il disegno del futuro che preme sotto la superficie del mondo attuale. Temo che, come sempre, la levatrice della storia sia la violenza e che i rapporti di forza tra Cina+India e Usa+Brasile saranno quelli determinanti per il nostro futuro. L’Europa potrà comunque garantire ancora una buona protezione a chi ci vive?”