Massimo Baldacci dice addio al Pd: ‘Motivazioni politiche’

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Massimo Baldacci dice addio al Partito Democratico. Ex segretario dell’Unione comunale Pd di San Miniato, Baldacci ha comunicato la propria scelta oggi (22 febbraio) con una lettera inviata al segretario del circolo Pd di San Donato Luciano Buoncristiani, al segretario dell’Unione comunale Simone Giglioli, alla presidente della Direzione provinciale Barbara Guerrazzi e alla presidente dell’Assemblea provinciale Linda Vanni. Di seguito il testo integrale dell’addio, con il quale Baldacci abbandona il proprio posto dall’Assemblea comunale, dall’Assemblea provinciale e dalla Direzione provinciale del partito di cui faceva parte. 

Cari compagni,
con questa lettera rinuncio all’iscrizione al Partito Democratico e di conseguenza mi dimetto da tutti gli incarichi che ricoprivo a livello di circolo, comunale e provinciale.
Non si tratta certo di una decisione facile per me, perché è un atto che conclude una militanza ( prima nella Fgci e nel Pci, poi nel Pds, poi nei Ds e infine nel Pd) che è durata ininterrottamente dal 1970, è stata una delle cose più formative e più belle della mia esistenza e che certamente avrei sperato di poter continuare per tutta la vita.
Il mio rapporto col Pd è stato però sempre contrastato, e nelle ultime settimane è arrivato ad un punto di rottura: credo di dover contribuire, nelle mie possibilità, alla ricostruzione di un rinnovato campo del centrosinistra che non credo più possa avere nel Pd, quale esso è diventato oggi, il suo principale agente propulsore. Questo avrà conseguenze anche sulle mie scelte elettorali, e la serietà e la trasparenza a cui ho sempre cercato di ispirare la mia azione politica mi impediscono di nascondermi e di fare finta di nulla.
Come coloro che facevano parte della Direzione Provinciale e dell’Assemblea Comunale dei Ds nel 2007 ricorderanno, già al momento della fondazione del Pd io, pur essendo deciso fin dall’inizio a non abbandonare il grosso del partito dovunque avesse scelto di andare, ero contemporaneamente convinto che la fondazione del nuovo partito fosse un errore, perchè all’ambizione gigantesca di “fondere insieme tutte le culture progressiste del Novecento” non corrispondeva alcun segno dell’immane lavoro di sintesi culturale e politica che una tale operazione avrebbe richiesto. Per questo, a mio giudizio, le vecchie appartenenze non ne hanno prodotta una nuova, ma al contrario all’appartenenza al partito si è sostituita quella a vecchie e nuove cordate, a livello nazionale e via via a tutti i livelli territoriali, senza che, spesso, le divisioni nascessero neanche da nobili motivazioni ideali e politiche. Questo limite non è stato superato neanche con la Segreteria Bersani, che pure io ho sostenuto con convinzione proprio a partire da quell’obiettivo.
L’ascesa di Renzi ha fatto vacillare fin dall’inizio la mia identità di militante e, pur avendo riconosciuto fin da subito che su alcune cose egli aveva ragione e che la sua vittoria era maturata su un terreno segnato da nostri ritardi, su cui tra l’altro continuo a considerare ancora oggi inadeguata l’analisi dei compagni cui mi sento politicamente più vicino, non sono più riuscito a recuperare una piena sintonìa col partito.
La vera rottura “sentimentale” nei miei rapporti col Pd è stata l’abolizione dell’art. 18 dello Statuto dei diritti dei lavoratori.
Poi la situazione si è aggravata con la buona scuola e con molte altre scelte.
Ho continuato a lungo a sperare che ci fossero spazi di rimessa in discussione delle scelte di Renzi, ma ho sempre dovuto constatare che dopo ogni sconfitta Renzi rilanciava.
E sono così arrivato a un gesto, il voto contro le indicazione del partito il 4 dicembre con motivazioni esclusivamente politiche, che non avrebbe mai potuto esserci se il mio senso di appartenenza al Partito non fosse stato già consumato.
E per questo, prima ancora dell’iniziativa di D’Alema del 28 gennaio, avevo deciso autonomamente che o il Pd sarebbe stato capace, prima di qualsiasi conta congressuale, di definire una piattaforma ideale e programmatica e regole di funzionamento interne condivise, o avrei fatto un’altra scelta.
La mia opinione è che il Pd sia sempre stato un progetto politicamente e culturalmente debole. Credo che in un momento di fortissima radicalizzazione, determinata dalla crisi, non regga più un’impostazione politica fondata sul paradigma dello sfondamento al centro; credo che si sia dimostrata assolutamente inadeguata una politica economica fondata sulla liberalizzazione del mercato del lavoro e su sgravi fiscali uguali per tutti, compensati da una politica di bonus a pioggia; e in particolare penso che il referendum del 4 dicembre e le sue conseguenze politiche rendano molto debole la posizione di un partito dall’identità politica e programmatica estremamente labile, quale è oggi il Pd.
Per tutte queste ragioni penso che il Pd, nato in un contesto bipolare e maggioritario del tutto diverso da quello attuale, avrebbe bisogno, per recuperare un senso, di rifondarsi radicalmente, e non credo né che possa farlo con un segretario come Renzi né, e devo ammetterlo tristemente, che la segreteria Renzi sia rovesciabile dall’interno.
Da qui la mia decisione di provare a percorrere altre strade, che non so ancora quali saranno. Certamente da elettore, possibilmente anche da militante, non certo da dirigente perché non ne ho né l’età né la voglia, contribuirò alla costruzione di qualcosa che sia seriamente di sinistra, e al tempo stesso di una sinistra seria, non puramente testimoniale, radicata nel popolo e capace di porsi obiettivi di alleanza e di governo.
La mia scelta non è minimamente condizionata da ragioni di carattere personale o locale. Per quanto possa aver avuto posizioni critiche su diversi argomenti, nessuno di essi avrebbe potuto avere per me conseguenze così profonde. Ci tengo anzi a ribadire che i quattro anni in cui sono stato segretario dell’Unione Comunale del Pd di San Miniato, da ottobre 2010 a ottobre 2014, sono stati l’esperienza più faticosa ma anche più intensa della mia vita politica, e voglio, nel salutare tutti i compagni e le compagne dell’Assemblea Comunale del Pd, ringraziare ancora una volta tutti coloro, e sono davvero tanti, che mi hanno aiutato in quell’esperienza e che mi hanno insegnato molte cose.
Pur ritenendo conclusa, per le ragioni che ho spiegato, la vicenda politica del PD fondato nel 2007, non ho il minimo dubbio sul fatto che il perimetro da cui potrà nascere un nuovo centrosinistra è comunque quello occupato attualmente dal PD, da Campo Progressista e da Sinistra Italiana.
E per questo sono interessato a mantenere, anche dall’esterno, un’interlocuzione con tutti voi. 
Cordiali saluti
Massimo Baldacci
San Donato, 22 Febbraio 2017

 

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