“San Miniato non è una città fantasma e vive di tradizioni”

“Il 10 giugno torna la Notte Nera, l’evento che ci sta aiutando a riposizionare San Miniato, che da un paese di zombie si sta trasformando in un luogo vocato al food, all’arte e ai giovani”. Questo post su Facebook dell’assessore Giacomo Gozzini, che voleva essere soltanto una battuta, uno scherzo senza cattiveria come lui stesso ha precisato più volte anche da samminiatese doc, è stata l’occasione per far partire una polemica, come spesso accade sui social, a suon di attacchi e paroloni. Fuori dai social, però, ha aperto a una serie di riflessioni. Il primo a commentare quel post è stato il collega Michael Cantarella, che sulle pagine del settimanale La Domenica da oggi in distribuzione, coglie l’occasione per invitare la città alle radici di storia e tradizione. Di seguito l’articolo.  

Ci è capitato molto spesso di essere apostrofati in malo modo. Ma zombie, ovvero i morti che camminano, non ce l’aveva detto ancora nessuno.

 

Questo paese di “morti che camminano” viene fortunatamente salvato nel 2017 dalle illuminate iniziative legate al tartufo, eventi culturali di prim’ordine, festone di mezz’estate che riempono le strade di giovani, altrimenti infestate dalle mefistofeliche creature.
Questo scivolone ci permette finalmente di ragionare di questo paese di zombie, che nell’idea di un amministratore del comune di San Miniato, sarebbe la città della rocca, estendendolo però a tutto il comprensorio, così ci capiamo meglio.
San Miniato, che vuole essere la capitale del nostro comprensorio, ospita una comunità cristiana da quasi 400 anni. Una comunità antichissima, che affonda le sue radici in questo territorio che in maniera profonda e che (non lo diciamo noi ma la storia) ha plasmato e contribuito a forgiare.
Al di là delle diverse letture politiche che hanno attraversato queste latitudini nel tempo, spesso lacerando il tessuto sociale del comprensorio, va detto che abbiamo una solida tradizione alle spalle e un grande futuro.
Il problema è semmai contrapporre il “grigio” mondo dei centri storici ovviamente in difficoltà per tante ragioni, alla luce delle iniziative ludico – mangerecce.
La Chiesa non fa politica, è sacrosanto, ma in questa sede ci preme proporre un’alternativa a questa visione di una San Miniato solo come un palcoscenico prestigioso, riprendendeno le parole degli ultimi due Papi, Francesco e Benedetto XVI: entrambi, con stili diametralmente opposti, ci hanno ripetuto e ci ripetono come il senso vero delle comunità (religiose e civili) e il loro sviluppo si basi prima di tutto sui rapporti.
Rapporti di solidarietà, di prossimità, di condivisione che mai la chiesa di San Miniato si è dimenticata di realizzare nelle sue piazze.
Senza andare lontano, viene in mente l’ingresso, recente, di monsignor Migliavacca, oppure la tradizione della mattina del giovedì santo, quando il centro brulica di ragazzini prossimi alla Cresima che salgono alla cattedrale per la benedizione degli oli santi.
Due eventi strettamente ecclesiali e di fede, che però tingono la città del colore di una comunità che varca il colle di San Miniato e che unisce un territorio ben più ampio.
Eventi semplici e fuori dal mondo glamour e alla moda, fuori forse in qualche modo dal mondo, ma che conservano ancora lo spirito autentico di questa città e di questo territorio. Senza comprendere appieno il passato, non certo un recinto di zombie, non sarà possibile neppure immaginare un futuro.

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