Lambertucci: “Conciliare il diritto alla salute con sicurezza e ripartenza. E riformare la burocrazia”

"Per gli Enti è l'occasione epocale che ci può permettere di eliminare le criticità evidenti del sistema e colmare le falle"

“E’ l’occasione epocale che ci può permettere di eliminare le criticità evidenti del sistema e colmare le falle che si sono aperte durante questo infausto periodo. Sburocratizzare l’organizzazione degli enti locali, snellire le procedure autorizzative, velocizzare il confronto tra mondo del lavoro e Governo dando ai sindaci il ruolo di interlocutori privilegiati per relazionare sui reali bisogni del territorio, efficientare gli uffici e creare una rete sempre più veloce e flessibile, favorire la logistica e la mobilità, credo siano punti essenziali sui quali occorrerà confrontarsi al più presto se si vuole veramente ripartire con un più ampio respiro”. Ne è certo il capogruppo di opposizione in consiglio comunale a Santa Croce sull’Arno Alessandro Lambertucci, che prova a guardare oltre l’emergenza sanitaria da coronavirus.

“Stiamo lentamente – sottolinea – uscendo dalla fase uno prevista dalle misure di contrasto alla pandemia da contagio e siamo chiamati a porci di fronte a scelte coraggiose e importanti per fare in modo che il nostro Paese possa risollevarsi e riprendere a viaggiare su inedite basi di sviluppo.
Finora il governo, così come la stragrande maggioranza dei sindaci hanno deciso di fare da soli ma adesso è venuto il momento che si sfruttino e si coinvolgano tutte le forze e le risorse di questo Paese in modo da creare nuove soluzioni e aiuti concreti allo sviluppo.

Così come nel dopoguerra forze politiche molto diverse tra di loro dettero vita ad una nuova organizzazione dello Stato così, oggi, di fronte a questa drammatica situazione epidemiologica, dobbiamo assumerci le medesime responsabilità per trovare insieme, con l’apporto di tutte le migliori energie che questo Paese può offrire, le migliori soluzioni che siano in grado di conciliare il diritto alla salute con la sicurezza del lavoro e le legittime aspettative di ripartenza e ripresa economica.

Purtroppo i danni economici prodotti da queste chiusure forzate sono sotto gli occhi di tutti. Non si lamenta solo chi ha, per fortuna sua, garantito uno stipendio a fine mese grazie agli ammortizzatori sociali ma anche l’intero tessuto produttivo fatto da piccole e medie imprese, dai commercianti, dagli artigiani che non può certo permettersi di rimanere ancora fermo. Così come non si può pensare di tenere chiusa l’intera nostra filiera conciaria che è fatta si dai conciatori ma che si porta appresso l’industria chimica, meccanica, la ricerca ecc.

E’ necessario che si consenta la riapertura delle concerie garantendo da un lato la ripresa della produzione e dall’altro assicurando agli operai misure di sicurezza precise e puntuali. Proseguire in questa chiusura senza tener conto delle ricadute economiche a cui si va incontro è una follia. Interesse di tutti, industriali, artigiani ed operai è quello di riprendere la produzione con protocolli di garanzia certi e severi.

Nonostante le promesse, ad oggi, soldi alle imprese non ne sono arrivati e quelli promessi paiono tanto configurarsi quale ulteriore regalo alle banche e non certo alle attività produttive. Occorre, nel rispetto delle regole e delle misure di sicurezza che sono interesse di tutti, nessuno escluso, far ripartire il paese per evitare di contare oltre ai morti di coronavirus anche quelli derivanti dalla disperazione di chi non si trova ad avere più nulla.

Vi è però un ulteriore grave problema di tenuta degli enti locali sotto due diversi aspetti. Il primo riguarda lo stato di salute finanziario dei comuni che, ancora prima del diffondersi della pandemia, risultavano già messi a dura prova dal rispetto dei vincoli del patto di stabilità e del pareggio di bilancio e dalla forte incertezza derivante dalla sostituzione dell’Imu e della Tasi con la nuova imposta prevista dalla legge di bilancio 2020, che non permette ad oggi di fare previsioni certe sulla capienza delle entrate per il sostentamento degli enti locali. Oggi la situazione è ancor più resa drammatica vista la difficoltà oggettiva delle famiglie di far fronte al pagamento di qualsiasi tipo di tributo.

Il secondo aspetto altrettanto destabilizzante è rappresentato dalla sospensione totale dell’attività politica democratica imposta a colpi di Dpcm che, se da una parte ha ridimensionato le prerogative degli stessi sindaci, dall’altro ha anche permesso a questi di congelare il ruolo funzionale delle opposizioni e di prendere decisioni amministrative spesso solitarie ed autonome non contemplanti alcuna forma di replica o di critica.

Se, dunque, oltre a pensare alla sacrosanta necessità di far ripartire i settori economici della nostra società non si metterà contemporaneamente mano anche ad un superamento di queste situazioni di criticità degli enti locali questa situazione ben presto rischierà di implodere bloccando di fatto l’azione dei comuni che non saranno in grado di reggere a queste condizioni di stress globale. Proprio perché i comuni sono parte sostanziale e integrante del sistema Paese sorge la necessità di ripristinare quanto prima, anche sul nostro territorio, quei momenti di confronto politico democratico per poter garantire quell’apporto stimolante suscitato dal contributo indispensabile anche delle opposizioni necessario ad individuare le line di intervento economico e sociale più corrette, più giuste e più efficaci.

Quest’anno avrebbe dovuto rappresentare l’anno zero per la riforma del fisco e timidi passi erano stati fatti dalla legge finanziaria che introduceva per la prima volta grandi semplificazioni e consegnava ai comuni la nuova prospettiva di poter ripartire finalmente con gli investimenti. Purtroppo però questo stop forzato e generalizzato fa correre il rischio di vanificare tutto perché, avendoci colti completamente impreparati, finiremo per affrontare la situazione con procedure ormai del tutto obsolete e con prassi ormai consolidate.

Se non si vuol retrocedere come sistema paese occorre allora non solo sostenere economicamente la ripresa da parte del Governo ma avere anche la capacità di rispondere alle esigenze di una società che si muove con più rapidità e di approntare meccanismi nuovi per poter rispondere ai bisogni che abbiamo di investire nella conoscenza, nella innovazione, nella formazione e nella tecnologia. C’è quindi la necessità anche negli enti locali di riorganizzare gli uffici. Dovremo cercare di ridurre gli uffici progettazione per rafforzare gli uffici entrate perché progettare opere per le quali non abbiamo le risorse per poterle finanziare è una pessima forma di amministrazione che lasciamo in eredità ai nostri figli.

Occorrerà poi smettere di fare panna montata dei bilanci comunali facendo crescere i residui attivi e aumentando il fondo di dubbia esigibilità che fanno si che un bilancio cresca in termini puramente numerici ma non cresca in termini di solidità economica. Occorre avere il coraggio di introdurre all’interno degli uffici meccanismi di performance, iniziare a lavorare con obiettivi raggiungibili e non ipotetici, sviluppare meccanismi di programmazione e premi incentivanti di crescita e di raggiungimento dei traguardi.

Dobbiamo incominciare a parlare non tanto di bilanci in termini di equilibri limitandoci a fare il compitino annuale magari copiando e prendendo spunto dal bilancio precedente ma di bilanci in termini di solidità economica; gli unici che ci consentiranno di poter far fronte ad una nuova progettazione delle nostre città in termini di piena rispondenza ai bisogni della popolazione. Purtroppo oggi si sente spesso parlare della necessità di incentivi e aiuti per favorire la crescita ma occorre anche preoccuparsi di questo aspetto afferente agli enti locali e alla necessità impellente di riformare la burocrazia di questo Paese altrimenti ogni aiuto ottenuto sarà del tutto inutile nel garantirci una crescita consistente e duratura”.

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