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“I diritti di cittadinanza non possono essere garantiti per zone”, i segretari Uil scuola sull’elezione diretta del presidente

29 novembre 2023 | 14:00
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“I diritti di cittadinanza non possono essere garantiti per zone”, i segretari Uil scuola sull’elezione diretta del presidente
“I diritti di cittadinanza non possono essere garantiti per zone”, i segretari Uil scuola sull’elezione diretta del presidente
“I diritti di cittadinanza non possono essere garantiti per zone”, i segretari Uil scuola sull’elezione diretta del presidente

“Contributo di idee” al disegno di legge costituzionale

Non ci possiamo permettere che i diritti di cittadinanza vengano garantiti a seconda della zona geografica in cui si nasce e si vive. Per noi ci sono diritti fondamentali delle persone che non possono e non devono essere oggetto di autonomia differenziata: ci riferiamo al diritto all’istruzione, al diritto alla salute e sicurezza, al diritto al lavoro”. Con queste convinzioni ben salde, i segretari provinciali Uil scuola RuaMaria Vanni e Claudio Vannucci commentano il disegno di legge costituzionale per l’elezione diretta del presidente del consiglio dei ministri.

Riceviamo e pubblichiamo il “contributo di idee” dei due segretari.

Si tratta, a nostro giudizio, di un disegno di legge che modifica alla base il nostro sistema istituzionale passando da una Repubblica Parlamentare ad una Presidenziale o semi. Prima di entrare nel merito della proposta legislativa, ci corre l’obbligo disottolineare, che un passaggio così delicato per la vita delle nostre istituzioni sisarebbe dovuto fare non con un Disegno di legge Costituzionale, sulla base dell’articolo 138 della Costituzione, bensì avrebbe meritato lo strumento della “Convenzione per le riforme istituzionali”: una Commissione redigente mista, costituita su base proporzionale, da parlamentari e non parlamentari, con la partecipazione di esperti delle parti sociali e della società civile.

Questo sul metodo. Quanto al merito, durante l’unico incontro avuto con la Ministra per le Riforme Istituzionali avevamo dato la nostra disponibilità a discutere su come rendere più stabili i Governi, tenendo però presente i pesi e i contrappesi della nostra attuale Costituzione. Avevamo posto il tema di non mettere in alcun modo in discussione le prerogative e le funzioni del Capo dello Stato nonché come fosse indispensabile aprire, contestualmente alle riforme costituzionale, un confronto su una riforma elettorale che mettesse in prima fila la possibilità per le elettrici ed elettori di scegliere i propri e le proprie rappresentanti.

Come organizzazioni sindacali ci troviamo questo disegno di Legge, che a nostro avviso, come già detto sopra, non solo cambia la natura della nostra Repubblica, ma mette in forte discussione i poteri e le prerogative del Capo dello Stato. Per come è stata disegnata la proposta di revisione costituzionale, ci troviamo di fronte ad un ruolo per il Presidente della Repubblica che da “arbitro imparziale” diventa un “notaio”.
In questo modo si rafforza la figura del Presidente del Consiglio, ma contestualmente si indebolisce quella del Presidente della Repubblica con il rischio, che si instauri una sorta di “diarchia istituzionale”.

Il Presidente della Repubblica non avrà più il potere di nominare il Capo del Governo, come previsto ora, ma si limiterà a conferire al Presidente del Consiglio eletto l’incarico di formare il governo. È pur vero che rimarrà tra i poteri del Capo dello Stato la nomina dei ministri, ma essendo questi scelti dal Presidente del Consiglio, questo potere in pratica si trasformerebbe in una specie di “atto praticamente dovuto”.

Quanto alla cancellazione della possibilità per il Presidente della Repubblica di nominare nuovi Senatori a vita, ci limitiamo a dire, che i Senatori a vita non sono il problema delle nostre istituzioni, ma con la loro cancellazione si priverà il nostro Paese della presenza di personalità di rilievo della cultura, della scienza nel Parlamento.
Il Disegno di revisione costituzionale non risponde neanche al principio del “simul stabunt simul cadent” tra Presidente del Consiglio e Parlamento.

Il Premier eletto, infatti, può essere sostituito da un’altra persona eletta dentro la stessa maggioranza e tranne il richiamo alla continuità di attuare il programma presentato, il “secondo premier” può in realtà costruirsi una maggioranza come vuole. Paradossalmente, il secondo premier sarebbe più forte e autorevole del primo, senza passare dal “voto popolare”, perché solo la sua caduta porterebbe al voto anticipato, non quella dell’eletto direttamente.

Quindi, in sintesi, non ci convince l’assenza della “sfiducia costruttiva”, trovando abbastanza “pasticciato” il procedimento previsto in caso di sfiducia del Presidente eletto direttamente dai cittadini. A nostro avviso, o si introduce il meccanismo della sfiducia costruttiva, o altrimenti, in caso di sfiducia, sarebbe meglio andare direttamente a nuove elezioni. Altro punto critico è l’assenza del tetto dei mandati per l’elezione del Premier: una concentrazione nelle mani di una sola persona ha bisogno di essere limitata nel tempo come avviene nelle grandi democrazie dove è prevista l’elezione diretta del Presidente o come avviene per l’elezione diretta dei Sindaci e Presidenti di Regione.

Un punto che riteniamo dirompente è il premio di maggioranza per la ripartizione dei seggi in Parlamento del 55%. È inconcepibile una norma così precisa in Costituzione, che assegna il 55% dei seggi e allo stesso tempo rimanda alla legge ordinaria l’eventuale quorum, il numero dei turni, il sistema, se maggioritario o proporzionale, con cui eleggere il premier e assegnare i seggi.

Per la Uil l’obiettivo della stabilità dei governi è una priorità per dare certezze nel breve e medio termine al sistema economico e sociale del Paese. Governabilità è sinonimo di un programma politico omogeneo e condiviso e riguarda senz’altro sia la struttura istituzionale, sicuramente da riformare, sia la legge elettorale da cambiare. Il dibattito che si apre con questa riforma, sull’eccessivo uso della decretazione di urgenza e la continua richiesta di “fiducie” al Parlamento, mette in luce un problema che si pone da anni circa le prerogative del Parlamento.

Se le prerogative del Parlamento vanno salvaguardate dall’eccessivo ricorso alla fiducia, che strozza il dibattito parlamentare, se va rafforzato l’esecutivo, sottraendolo per quanto possibile a continui ricatti di questa o quella forza politica, se occorre conciliare l’equilibrio dei poteri del Capo dello Stato con quelli del Presidente del Consiglio, allora bisogna indicare nuove modalità di compatibilità tra queste esigenze.

Vanno sicuramente dati più poteri al Presidente del Consiglio dei Ministri, quali ad esempio la revoca dei Ministri, al posto della decretazione di urgenza il Governo dovrebbe poter dettare l’agenda al Parlamento sulle proprie iniziative di Legge e andrebbe limitato il ricorso alla fiducia solo per la Legge di Bilancio.
Per questo crediamo che la giusta via sia una riforma Costituzionale sul modello tedesco, con una Legge elettorale proporzionale, una soglia di sbarramento alta, la reintroduzione delle preferenze ed il sistema del premierato. In questo modo il Capo del Governo non viene eletto direttamente dai cittadini, bensì dal Parlamento su proposta del Capo dello Stato, introducendo il principio della “sfiducia costruttiva”, consentendo in tal modo al Parlamento di poter cambiare il Capo del Governo con una mozione di sfiducia con una maggioranza che ne indichi il nuovo.

Occorre, inoltre, superare il nodo delle “garanzie dell’opposizione”, non con generici rinvii ai regolamenti parlamentari, ma costituzionalizzandole. Ma il nostro Paese ha anche bisogno di riforme istituzionali più ampie a iniziare dalla revisione del Titolo V della Costituzione, insieme al superamento del sistema del “Bicameralismo perfetto” con l’istituzione del Senato delle Autonomie” che sia veramente rappresentativo dei territori.

Alcune materie, oggi, di competenza concorrente sia dello Stato che delle Regioni devono essere riportate in seno alla competenza esclusiva dello Stato, citando a titolo esemplificativo il commercio con l’estero, tutela e sicurezza del lavoro, grandi reti di trasporto, produzione e distribuzione di energia. E con la revisione del Titolo V della Costituzione andrebbe tolta dall’agenda politica del Paese la Legge sull’autonomia differenziata approvata giusto qualche giorno fa da questa Commissione.

Una Legge che come abbiamo già avuto modo di dire davanti alle piazze, così come disegnata dal testo normativo approvato da questa Commissione Parlamentare, rischia di accentuare le differenze ed i divari,fino ad arrivare vicino alla“disgregazione” del nostro già fragile Stato nazionale, aumentando le disuguaglianze sociali e territoriali.

Non ci possiamo permettere che i diritti di cittadinanza vengano garantiti a seconda della zona geografica in cui si nasce e si vive. Per noi ci sono diritti fondamentali delle persone che non possono e non devono essere oggetto di autonomia differenziata: ci riferiamo al diritto all’istruzione, al diritto alla salute e sicurezza, al diritto al lavoro.
Crediamo poi che, prima di parlare di autonomia differenziata, si debba fare ogni sforzo per porre sullo stesso piano tutti i territori, con investimenti infrastrutturali e con risorse per assicurare i diritti civili e sociali in ogni parte del Paese: dal nord al sud, dalle aree urbane alle aree interne.