Danimarca: tempo passato, modo futuro foto

Copenaghen e non solo vista con gli occhi (e gli scatti) di Funa il viaggiatore romantico

Cop-enhagen, dove i poliziotti danno i numeri, robo-hotel e tivoli

Ieri sera abbiamo dormito in un hotel senza personale, tutto regolato da uno schermo e carta di credito. In aiuto una voce sintetizzata femminile dolce come una rapa. Alla mattina una colazione prefabbricata selfservice. Meno male, cominciavo a credere che ci avrebbero fatto una flebo di cappuccino…

A Copenhagen il gioco si fa duro.

Hotel Bella Sky Copenhagen. Dici a un pulsante a quale piano vuoi andare.
La struttura è architettonicamente delirante, interni fengshui, 2 torri divaricate (pisa tutta esclama “gaò!”) con slanci esterni con tripudio di triangoli e tronchi di cono che si incuneano verso l’alto fino all’esame di geometria solida.

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Un passaggio aereo fra le 2 torri al 24esimo piano per trapezisti in viaggio d’affari. Le sfide estetiche di Dubai sembrano colpi di tosse di una pulce.

In fondo niente di nuovo sotto il sole: il gusto geometrico per le abitazioni viene da lontano e basta guardare una casa medioevale per ritrovare la mano degli avi degli architetti moderni.

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Sotto un vento teso proveniente da Marte ci avviciniamo per linee rette alla metropolitana sopraelevata soffice, silenziosa e oleopneumatica.

Stranamente non funziona l’emissione del biglietto con carta di credito, forse perché proveniamo da una nazione approssimativa, ma subito interviene un poliziotto cyborg-guardone che verifica e, constatando che non ho spiccioli (la macchina accetta monete ma non banconote non chiedetemi perché) mi dice che per questa volta possiamo andare senza biglietto e che se ci ferma un altro controllore dovremo dire che 800 ha autorizzato. Cioè, lui chiama sé stesso 800.

In centro a Copenhagen è un piacere/dovere visitare Tivoli, il parco divertimenti che con il nome fa già sorridere bimbi di tutte le età. Finalmente una traccia diversa, un’atmosfera rilassata, con tanto verde, qualche concessione ad effetti speciali con incidentali luci e nebbie stroboscopiche in pacifica convivenza e sudditanza ai gettonatissimi giochi primitivi con cavalli di legno, corse di giocattoli di ferro e gelati giganti.

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Al ritorno, notiamo che all’hotel c’è un piano per donne sole; proviamo ad andare ringalluzziti. Nisba
…Posso comporre odi saffiche… niet
…ho una forte componente femminile… nix
…abbiamo carenza di senso materno… e che è?

Il bagno in camera è una prova di brain training: tutto è così squadrato ed essenziale che mi fa sembrare un Botero. I futuristici rubinetti funzionano con un movimento scattoso e fluido avanti-indietro: lo scopro sull’orlo dell’esaurimento nervoso con la bocca che cola dentifricio e moccoli.

I vichinghi tropicali e mori

L’indomani con un salto da canguri del tempo siamo ad aspettare un piccolo traghetto da circa 20 macchine per andare in un isola con un nome tutto lettere strane che porta a pronunce improbabili: stavolta a dormire siamo sull’isola di Æerǿskøbingi, in una casa del Trecento tutta in legno, con bagno in comune sul piano come accadeva a San Pellegrino in Alpe quando io e il mondo eravamo più piccoli.

E se andrete in bagno lo sapranno tutti, considerando che la casa del Trecento tutta in legno scricchiola al minimo sospiro.

Qualche mago ha mescolato un giro di flutti che porta intorno a quest’isola piccolina piccolina (se in auto andate troppo forte, in qualche tornantino vi potreste vedere la targa…) una corrente tiepida che fa prosperare piante semitropicali e fiori inusitati a queste latitudini.

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Alcune fattorie sparse fra i campi di segale con vista mare accompagnano verso un paio di paesini, alle due estremità opposte dell’unica strada sinuosa e degna di tale nome: (Ærøskobing e Marstal) sembrano il buen retiro di Hansel e Gretel, senza marzapane, stradine in ciottolato con finestre piene di pizzi e colori che non sfigurerebbero in quadro di Mondrian o Kandinski.

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Piccoli musei di modellini di navi e navi in bottiglia. Con in più il tintinnare del sartiame del porticciolo  (nb: 24h…) e le case di legno che scricchiolano insomma occorre tararsi su una serie di rumori dimenticati e profumi di pesce fritto e pasticceria appena sfornata!

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Ristoranti accoglienti come un grembo materno (uno si chiama addirittura Mumm…) offrono gli onnipresenti smǿrrebrǿd, fette di pane nero con un dito di burro e con sopra di tutto di più fino alla mucca che forse hai incontrato il pomeriggio, ma anche piatti da marinai che sono andati fuori per mesi e mesi e riportano memorie di posti lontani e sapori diversi, e allora ecco anguille giganti provenienti direttamente dal Mar dei Sargassi (fritte nel burro, con patate affogate nel burro; se non amate il burro potete tornare a casa a nuoto) o zuppe e risi con curry e spezie.

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Generalmente i ristoranti che si affacciano sull’acqua hanno un’entrata per chi arriva in qualsiasi modo da terra e una per chi arriva in barca.

Alla locanda Aalekronen le barche sono molte di più delle auto.

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Unica costante la birra Æerø della piccola Rise Bryggeri  con il piccolo logo di un leone che fronteggia un passerotto, declinata in alcune variazioni di biondo che sembrano ricalcare tutti i biondi (e bionde) scandinavi. Ma c’è anche una dark ale, scura come certi bruni e brunette e anche una rossa, che… beh… avete capito. Isole e porti di mare, come ci sono i biondi in Sicilia per via dei normanni, qui saranno arrivati dei siciliani

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Mentre torniamo sulla terraferma (difficile concetto nella Danimarca continuo ponti e ferryboats fra un isola e un’altra) in silenzioso navigare su acque lisce e piatte fra terre verdi case colorate e cieli metallici, un ultimo appuntamento ci porta ad Aahrus e al suo ARoS, un bellissimo museo di arte moderna ideato con performances a livelli progressivi sull’idea della Divina Commedia, dal sotterraneo-inferno fino al paradiso con un tetto (ci vuole fantasia a chiamarlo così) circolare di tutti i colori. Se non siete daltonici lo diventerete; se lo siete, finalmente il mondo torna al suo posto.

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Nel villaggio storico che ripercorre le ere dai vikinghi agli anni Settanta, un viaggio nel tempo ricostruito con esattezza da Lego e rispetto dei minimi dettagli, vecchie giostre attirano nuovi bambini che non si curano della differenza fra il loro presente e il loro passato: tengono entrambi.

Le bambine che ora girano in tondo su seggiolini attaccati alle catenelle, la sera cambieranno i vestiti alle barbie virtuali sul loro tablet, e molto probabilmente questo equilibrio è la Danimarca

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Funa il viaggiatore romantico

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