Vescovo racconta “L’avventura della scoperta”

Sono passati nove mesi dal suo ingresso in diocesi (leggi qui Migliavacca, dopo l’ingresso, “La porta del vescovo è aperta”) e poco di più dalla sua nomina a vescovo di una diocesi che da un anno era sotto reggenza. In questi mesi il vescovo Andrea Migliavacca, come aveva anticipato, si è lasciato guidare dalla vita della parrocchia della quale è diventato pastore. Alla vigilia del nuovo anno pastorale, mentre le attività in parrocchia rientrano nel vivo e le chiese accolgono un po’ più fedeli di quanti ne vedano d’estate, il vescovo di San Miniato si concede, intervistato da Michael Cantarella per il settimanale La Domenica, tra primi bilanci e obiettivi futuri.

Eccellenza, sta ripartendo l’anno pastorale, quali sfide attendono la diocesi?
“Credo che abbiamo alcuni riferimenti che ci accompagnano e sono i richiami e le indicazioni date dal Convegno ecclesiale di Firenze e, legato a questo, l’invito che il Papa ha fatto a tutta la Chiesa italiana di approfondire l’Evangelii Gaudium, con la quale il Pontefice ha indicato dei cammini per l’evangelizzazione. Credo che queste siano le sfide: comprendere il cammino che ci è indicato e capire come tradurlo nella concretezza della nostra realtà”.
Lei è reduce dalla Gmg di Cracovia, come è stata questa sua “prima” da vescovo tra i giovani?
“È stata un’esperienza arricchente, nuova su più versanti, proprio perché ho partecipato da vescovo. Essendo ospitato in un albergo con gli altri vescovi non ho vissuto la concretezza della vita della Gmg con i giovani che è, ad esempio, dormire per terra, con il sacco a pelo. Questo aspetto di vicinanza ai giovani un po’ mi è mancato. D’altra parte è stato bello condividere questa esperienza con i vescovi, un’occasione per me di conoscerli di più, di conoscerci a vicenda. È stato bello vedere come i vescovi che erano presenti ci tenevano molto ed erano molto contenti di essere lì con i giovani. Infine ho avuto l’opportuità di essere un vescovo che proponeva delle catechesi: ho fatto la prima a circa 250 giovani di Biella, la seconda a 300 giovani di Verona e per me è stata un’esperienza molto arricchente, anzitutto di ascolto delle testimonianze dei giovani e di dialogo con loro”.
Entro Natale invierà la sua prima lettera pastorale alla Chiesa di San Miniato, può anticipare a grandi linee i contenuti di questo atteso documento?
“Il dettaglio è ancora da definire e da stendere con più precisione, per cui la concretezza di queste proposte la troveremo nella lettera, che deve essere ancora bene meditata. Però direi che ho davanti due fili conduttori: il primo è l’Evangelii Gaudium, accogliendo l’indicazione del Papa mi sembra che sia una traccia di cammino che dobbiamo raccogliere e tradurre come proposta pastorale per l’anno nuovo nella nostra diocesi. Una seconda attenzione richiesta alla Chiesa è la famiglia e allora anche su questo dovremo individuare un percorso concreto per tradurre questo approfondimento e accoglienza del dono della famiglia. La terza cosa: mi piacerebbe aiutarci a scoprire i doni che già abbiamo nella nostra comunità diocesana e scoprire che questi doni sono da scoprire e da vivere nella condivisione come risorsa”.
Domenica 2 ottobre, ordinerà il suo primo sacerdote. Quali sono i suoi sentimenti alla vigilia di un appuntamento così importante per la diocesi?
“Il sentimento è quello di gratitudine di poter celebrare l’ordinazione di un nuovo prete, per me il primo. Poi don Marco per me è stato anche il primo diacono che ho ordinato e quindi diventa occasione per esprimere gratitudine al Signore insieme a don Marco e insieme a tutta la nostra chiesa per il dono della vocazione e dei preti. Poi c’è la percezione di un dono grande che ci sovrasta, che va oltre le nostra capacità umane. Quindi essere trasmissione di questo dono del Signore è davvero è un’espressione molto bella. Don Marco in questi mesi come diacono mi ha spesso accompagnato, aiutato nel ministero nelle parrocchie e abbiamo avuto modo durante l’anno di conoscerci e di apprezzare il suo servizio”.
Ormai a un anno dalla sua nomina, può dirci come sono stati questi primi mesi da vescovo?
“Sono stati l’avventura della scoperta: la conoscenza dei preti, l’incontro con loro prima di tutto e poi con le diverse comunità parrocchiali e l’incontro con tanti laici, associazioni, movimenti che davvero mi hanno dato l’impressione di una comunità ricca e viva. Per questo dicevo che questo è uno degli aspetti su cui lavorare un po’ nell’anno nuovo. Poi è stata anche un’avventura di conoscenza di questo territorio così bello in Toscana, che aiuta ad apprezzare il dono della creazione e a sentire quanto ne siamo responsabili. Infine è stato un tempo in cui, sempre con maggiore consapevolezza, si prende coscienza della responsabilità dell’essere vescovo e quindi l’importanza di riflettere, confrontarsi, ricercare una sinodalità per compiere le scelte giuste per camminare insieme”.
Nel corso dell’incontro del Santo Padre con i nuovi vescovi, Francesco si è molto soffermato sulla figura del sacerdote. Che tipo di messaggio emerge per i nostri preti e per la nostra chiesa?
“Mi ha colpito come il Papa, sia nel discorso che ci ha fatto in occasione di questo incotro con i nuovi vescovi e anche nell’assemblea di maggio, con la Cei, abbia proposto e sottolineato la sua stima per i preti in Italia per quello che fanno, per la loro presenza, per il dono della loro vita, per la testimonianza che portano e allora mi sembra di cogliere una parola di stima e di incoraggiamento per i nostri preti. Ma queste parole toccano anche il tema delle vocazioni: il Papa ci vuole dire come può essere bello vivere da presbiteri nella comunità cristiana. Mi sembra infine che il Papa richiami vescovi e i sacerdoti a vivere autenticamente il Vangelo. Papa Francesco non ce lo dice soltanto, ma testimonia questo con la sua vita, oltre che con le parole. Una vita che ci racconta con lucidità la buona notizia. Ecco, mi sembra questo il richiamo, essere preti e vescovi che vivono nella comunità cristiana e che con i loro stile di vita, con le parole e l’accoglienza, raccontino la bellezza e l’autenticità del Vangelo”.

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