
Sarà presentato alle 17 di questa domenica, 27 novembre, il catalogo che documenta la mostra personale “Fotoromanzo” di Sergio Breviario, tuttora in corso e visibile fino al 27 novembre. La mostra e il catalogo sono un’iniziativa del comune di Santa Croce sull’Arno, assessorato alle politiche ed istituzioni culturali, con la sponsorizzazione della cassa di Risparmio di San Miniato.
Fotoromanzo è un progetto pensato appositamente per gli spazi di Villa Pacchiani e il catalogo, a cura di Ilaria Mariotti, raccoglie le immagini dei lavori presentati e realizzati per la mostra in cui le opere di Sergio Breviario si articolano all’interno del primo piano della Villa e dialogano con alcune opere selezionate dal Gabinetto dei Disegni e delle Stampe del Comune di Santa Croce sull’Arno e, al contempo, la fanzine realizzata appositamente come complemento all’installazione sonora che dà il titolo alla mostra.
L’artista ha selezionato alcuni degli ex libris della Collezione appuntando la sua attenzione su alcuni filoni tematici e stilistici presenti nella produzione: l’elemento naturale, il fantastico, l’invenzione di macchine, interessandosi anche alla natura del segno, all’astrazione.
Le due ali del Centro Espositivo, accolgono micromondi narrativi e di pensiero: dall’una parte un’installazione sonora e una fanzine. Quest’opera si sviluppa attraverso immagini fotografiche dove gli attori si muovono in un luogo bizzarro e domestico allo stesso tempo, databile e tuttavia sfuggente nella sua promiscuità stilistica. I dialoghi (scritti da Luca Bertolo) mettono insieme registri diversi in un’apparente semplicità rispetto al piano del racconto raggiunta attraverso una complessità di citazioni, trame, pensieri collettivi, stereotipi, eccezionalità. Una vicenda dove l’arte ha la capacità di interagire nella vita delle persone, si fa oggetto, strumento per intravedere altri mondi e giustificare comportamenti inaspettati.
Nell’altra ala dello spazio espositivo si dispone la selezione degli ex libris fatta da Breviario e in colloquio con i suoi lavori. Al centro, una sorta di statuto e di richiesta della mostra, una scultura che diventa un cannocchiale: uno strumento per invitare alla sospensione del giudizio, un invito ad accogliere il bizzarro e l’inaspettato.