Quando c’era la Rocca, Montopoli sogna la ricostruzione foto

Magari è solo una suggestione, un sogno destinato a restare nel cassetto delle cose irrealizzabili. Eppure, se lo hanno fatto i sanminiatesi, non si capisce perché non possa farlo anche Montopoli. Erano altri tempi, dirà qualcuno, ma il desiderio di rivedere la Rocca proprio lì, dove era stata per quasi mille anni, è tornato timidamente a far capolino tra le emozioni e i ricordi della splendida serata, dal titolo “C’era una volta la Rocca”, organizzata venerdì sera dalla Pro Loco di Montopoli Valdarno.

A toccare l’argomento è stato anche il sindaco Giovanni Capecchi che, a sorpresa, si è detto favorevole, qualora ci fossero la volontà e le condizioni, a sostenere un eventuale progetto per la ricostruzione della torre che fino al luglio ’44 dominava lo skyline di Montopoli. Una suggestione appunto, dettata però dal desiderio di riappropriarsi, anche materialmente, di un edificio che per secoli è stato sinonimo di identità. Un’identità che la Pro Loco ha cercato di riallacciare, scoprendo oltre ogni aspettativa la solidità di un legame che non si era mai spezzato.
A dimostrarlo è stato il successo di partecipazione all’evento, con la cittadinanza coinvolta fin dal pomeriggio nelle iniziative rievocative organizzate nel 74esimo anniversario della distruzione. Era il 13 luglio ’44, infatti, quando la fanteria tedesca (ormai prossima a ritirarsi al di là dell’Arno), decise di minare l’antica torre sul poggio di Rocca, per togliere un punto di riferimento visivo e topografico ai colpi dell’artiglieria alleata, così come avvenne del resto ai campanili delle chiese di Capanne, San Romano, Casteldelbosco e alla torre di Villa Giulia all’Angelica. Un’esplosione che è rimasta indelebile nella mente dei bambini di allora, come dimostrano i versi della professoressa Gabriella Sani che, proprio alla distruzione della Rocca, ha dedicato una delle sue poesie lette durante la serata di venerdì. Poesia chiusa dal boato che ha rievocato il momento dell’esplosione, alle 19,40 in punto, prima del minuto di silenzio e dell’ingresso in piazza dei veicoli militari alleati: in piazza Castruccio sono arrivati gli americani con jeep e un autoblindo, proprio dalla parte sud del paese, come avvenne davvero nel 1944, lanciando caramelle a grandi e bambini. I mezzi hanno stazionato in piazza Castruccio e hanno dato a tutti la possibilità di salire e fare foto. “È stato questo il momento più toccante, quello in cui molti si sono davvero commossi” racconta la presidente della Pro Loco Serena Nazzi, entusiasta per una partecipazione di pubblico che definisce oltre le aspettative. “Il commento più bello è stato di una persona che ha detto: Ora ho capito tante cose, di più che sui libri di scuola. In tanti sono rimasti anche alla cena – prosegue – mentre in serata lo spettacolo della compagnia Brettonica ha riempito completamente via Barberia. Addirittura, chi non è riuscito ad essere presente alla giornata, mi ha fermato per strada chiedendomi di organizzare al più presto una replica. Io e tutto il consiglio ringraziamo tutti i volontari che hanno contribuito alla realizzazione e alla buona riuscita della manifestazione. Ringrazio il Consigliere regionale concittadino Andrea Pieroni e il presidente del consiglio regionale Eugenio Giani per la partecipazione, l’amministrazione comunale sempre vicina alle iniziative della pro loco”.
Tra gli spettatori, infatti, c’era anche il consigliere regionale Andrea Pieroni, figlio di Augusto (scomparso pochi mesi fa), la cui testimonianza sulla distruzione della Rocca è stata una delle molle per l’ideazione dell’evento. Insieme a Pieroni non poteva mancare il presidente del consiglio regionale Eugenio Giani, sempre presente quando si parla di storia e identità locale. Il presidente Giani, infatti, ha preso parte anche ad una delle visite guidate teatralizzate organizzate dalla Pro Loco e dai ragazzi della Brettonica, che hanno ripercorso la storia della Rocca attraverso una serie di personaggi, compresi il soldato tedesco che fu incaricato di minare la torre, fino ad arrivare ad un’immaginaria archeologa impegnata negli scavi di pochi decenni fa. Il tutto accompagnato da un’atmosfera anni ’40, disegnata dagli abiti e il contesto del tempo, con le ragazze della Danza storica impegnate a rappresentare le donne della Montopoli dell’epoca. La festa è iniziata intorno alle 18: all’ingresso di via Barberia c’era il sipario rosso che, come una sorta di macchina del tempo, si apriva sul passato. La via era una passeggiata negli anni ’40: biciclette d’epoca, bambini, donne e uomini vestiti come allora, i giochi di una volta, abiti appesi alle finestre. Poi foto d’epoca, mezzi, radio e manifesti del periodo della guerra (raccolti dall’amatore Lorenzo Salvadori), le poesie di Gabriella Sani.Il concerto di musica swing con Lindy & the lindyhop ha fatto ballare tutti al suono della divertente musica swing rafforzando l’atmosfera dell’epoca.
Sabato mattina c’è stato anche il convegno organizzato in collaborazione con la direzione scientifica del Museo civico. “Abbiamo scoperto importanti novità sul castello. La fornace che è sul poggio di Rocca è l’unica in Europa ad avere un alzato da terra di questo livello ed è stata presentata anche ad un importante convegno di studiosi delle antiche fornaci del vetro che si è tenuto ad Amsterdam qualche anno fa. Dagli ultimi studi è emerso anche che la torre di Rocca era probabilmente una torre campanaria a servizio della chiesa di San Martino. C’è molto altro da scoprire a livello archeologico per cercare di capire la struttura del nostro Castello Insigne”. Alla conferenza sono intervenuti gli esperti Paolo Morelli, Antonio Alberti, Daniela Stiaffini, Monica Baldassarri e Francesca Lemmi.
Sotto i loggiati della Cancelleria in piazza Michele, invece, sono state inaugurate le due mostre fotografiche che resteranno visibili anche nei prossimi giorni. La prima, curata da Romano Ceccatelli, mette in mostra immagini della seconda guerra mondiale nel nostro territorio, mentre l’altra è formata da una serie di foto d’epoca nelle quali Montopoli aveva ancora la sua Rocca. Un’immagine insolita per chi è nato nel dopoguerra. Un’immagine, chissà, che in un futuro lontano potrebbe anche tornare ad essere familiare. 

 

Giacomo Pelfer

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