La M3 resta a Ponte a Egola: il Tar dà ragione all’azienda

La M3 non si sposterà da Ponte a Egola. Lo ha deciso il Tar della Toscana accogliendo il ricorso contro la variante urbanistica del 2015 del comune di San Miniato che metteva in via di delocalizzazione il sito produttivo di via Nazzario Sauro.

Non solo: il Comune di San Miniato dovrà anche pagare 4500 euro per le spese di lite. Per il tribunale amministrativo della Toscana, a cui si era appellata la M3 dopo l’approvazione della variante al piano strutturale, l’impianto dello strumento urbanistico in questo caso è illegittimo e lesivo dei diritti dell’azienda. Il Comune con quella delibera del 2015 aveva dato 3 anni di tempo alla M3 per spostarsi.
Con la sentenza pronunciata il 24 ottobre e pubblicata ieri 5 novembre, il tribunale amministrativo infatti ha annullato in modo perentorio, smontandola punto su punto, la difesa del Comune che avrebbe voluto sostenere la legittimità di quella parte della delibera con cui veniva approvata la variante urbanistica e che metteva in zona di delocalizzazione la M3 che attualmente utilizza parte degli impianti della ex Icla in via Nazario Sauro e Ponte a Egola.
L’azienda produce gomma piuma, composto tecnicamente noto come poliuretano espanso, è classificata, come tutti gli impianti che svolgono questa attività, come azienda a rischio rilevante soggetta alla normativa Seveso e alle disposizioni che ne discendono anche negli aggiornamenti della legge. A Ponte a Egola il problema è che l’azienda, anche se edificata sotto il vecchio marchio Icla prima delle abitazioni, è incastonata nel tessuto urbano e quindi opera tra le case, anche se la proprietà dell’immobile e dell’azienda già in passato hanno attuato investimenti per limitare il possibile impatto in caso di incidente e prevenire possibili problemi nel ciclo produttivo, come ad esempio la gestione dei composti chimici.
La sentenza del Tar nell’argomentazione dei giudici della prima sezione fiorentina è stata abbastanza rigida, tanto da rendere quasi inappellabile da parte del Comune la decisione del primo grado di giudizio.
Ma andiamo con ordine e vediamo le decisioni del Tar come si sono articolate, perché la M3 aveva impugnato la variante al piano strutturale e per quale motivo alla fine ha avuto ragione.
In primo luogo il Tar ha ritenuto inammissibile l’opposizione fatta dai legali del Comune davanti al tribunale in quanto il Municipio, dopo aver emanato la variante al piano strutturale dove si prevedeva lo spostamento della M3 entro tre anni, non era corredata di un accordo di programma condiviso tra azienda e comune, strumento necessario per attuare la decisione presa dal consiglio comunale. Inoltre per il Tar la decisione contenuta nella variante al piano strutturale ha in sé una componente lesiva nei confronti della M3, dal momento che l’unica soluzione attuabile, non essendoci una proposta concreta alternativa all’attuale localizzazione in un accordo di programma, era l’espulsione da Ponte a Egola della M3. In altre parole, il Tar dice che per spostare l’azienda bisogna prima trovare un accordo con la medesima e prospettare altre zone dove la si possa ricollocare in modo concretamente sostenibile.
Anzi, secondo il Tar la decisione presa dal Comune nella variante al piano strutturale ha costituito fonte di incertezza per il futuro dell’azienda, impedendone una corretta programmazione dei piani di investimento. Da questi aspetti è inoltre evidente, secondo i giudici fiorentini, l’interesse della M3 affinché la norma della variante al piano strutturale venga annullata. Il tribunale poi ha anche accolto, come sostenuto dagli avvocati della M3, che il provvedimento del comune non trova giustificazione nelle ragioni di carattere igenico sanitario, dal momento che la M3 nello svolgere la propria attività rispetta le normative vigenti, quelle per le aziende soggette a rischio rilevante, ovvero la normativa Seveso e le seguenti disposizioni, come appurato dagli organi preposti, ovvero dalla conferenza dei servizi. Pertanto le scelte del Comune sono illegittime dal momento che andrebbero a incidere su un’azienda preesistente al 2015, sulla quale il comune non ha potere di agire attraverso gli strumenti che disciplinano l’uso del territorio, ma solo per le scelte future. Proprio su questo passaggio, il Tar si sofferma attentamente rimandando alle fonti del diritto, dove più volte è stato ribadito che piani strutturali e regolamenti urbanistici, che ne discendono, non possono incidere sul passato o sull’esistente, ma solo sulla futura pianificazione del territorio. Pertanto, come ribadito dai giudici, tutte le disposizioni contenute in un piano regolatore che prevedono la delocalizzazione di attività esistenti devono considerarsi estranee al potere urbanistico del Comune e si pongono al di fuori della legalità. Il Tar inoltre ha anche dichiarato errate le fonti del diritto a cui il Comune si è appellato nel resistere in giudizio al ricordo della M3, alcune pronunciate dallo stesso tribunale amministrativo della Toscana, facendo riferimento a situazioni diverse.
Il tribunale fiorentino quindi non solo ha ripristinato uno stato di legalità riconducendo il potere del comune e del suo legale rappresentante pro tempore il sindaco Vittorio Gabbanini nell’ambito della legalità, travalicata secondo il Tar con una disposizione illegittima, ma anche smontato ogni possibile tentativo di impugnare questa sentenza, sgretolando le armi degli avvocati del municipio e trasformando la variante al piano strutturale in un goffo tentativo di intervenire su aspetti su cui il comune non ha voce in capitolo.

 

Gabriele Mori

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