Omicidio a Casteldelbosco, fermato un amico di Giuseppe foto

Nella casa di Danny Scotto, l’uomo per ore in caserma e ora al carcere Don Bosco di Pisa, i carabinieri hanno trovato due pistole acquistate di recente, una delle quali, di calibro importante e compatibile con le ferite riportate. Non è ancora chiaro, però, se sia la stessa usata per uccidere Giuseppe Marchesano con 6 colpi, tutti andati a centro. Al momento l’arma potrebbe essere quella che ha sparato o solo compatibile con quella usata per l’omicidio. L’uomo che i carabinieri hanno sentito tutto il pomeriggio nelle stanze del comando provinciale di Pisa (Omicidio a Casteldelbosco, un uomo in caserma. Spunta la testimone che ha sentito gli spari: 3 sequenze da due colpi) non ha voluto collaborare e si è più volte contraddetto.

 

Il ragazzo, disoccupato di 27 anni che vive a Chiesina Uzzanese, è stato messo in stato di fermo. Restano decisive le prossime 48 ore, entro le quali il Gip dovrà convalidare o meno lo stato di fermo. Il 27enne e la vittima erano amici anche se nell’ultimo anno si stavano frequentando meno. Secondo gli inquirenti, venerdì avrebbe fatto una visita a sorpresa a Giuseppe, forse per stringere di nuovo i rapporti tra loro. Ai carabinieri, però, lui ha detto di non essere mai uscito di casa quel giorno anche se alcune telecamere avrebbero ripreso la sua auto, un pick up, circolare in strada a 4 chilometri da casa della vittima. Nelle lunghe ore di interrogatorio, il ragazzo si è più volte contraddetto e non solo su questo.
La giornata
Poco prima delle 17 di oggi 12 novembre, al comando provinciale erano arrivati anche il procuratore Alessandro Crini e il sostituto titolare delle indagini Sisto Restuccia accompagnati dal comandante provinciale dei carabinieri Nicola Bellafante e da quello della compagnia di San Miniato Gennaro Riccardi. “E’ ancora presto per rilasciare dichiarazioni” hanno detto entrando in modo veloce davanti ai giornalisti che aspettano. E’ presto, certo, ma l’arrivo in caserma dei vertici di Procura e Comando carabinieri lascia intendere che chi è là dentro è qualcosa più di una persona informata sui fatti, magari proprio l’autore dell’omicidio. Lo confermerebbe anche la presenza di un avvocato che non è necessario in caso di colloqui informale ma lo diventa se parliamo di interrogatorio.

Gabriele Mori

 

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