Omicidio di Querce in Cassazione: 30 anni al marito

La Corte di Cassazione ha scritto l’ultimo e definitivo capitolo dello sviluppo giudiziario dell’omicidio di Querce, quello in cui perse la vita la 50enne Marinella Bertozzi. I giudici del terzo grado di giudizio infatti hanno confermato la condanna a 30 anni di carcere per suo marito Giacomo Benvenuti, operaio conciario di un’azienda di Santa Croce sull’Arno, dove venne arrestato dai carabinieri nel 2015 alla fine delle indagini. L’uomo fin dal primo grado di giudizio, accusato di omicidio volontario aggravato aveva, secondo quanto sostenuto dalla pubblica accusa, ucciso la moglie al termine di una serie di percosse il 30 ottobre del 2014 – come evidenziò l’autopsia -, causandole emorragie interne agli organi del tronco.

Probabilmente prima di essere uccisa dalle botte, la donna era stata anche percossa con un corpo contundente e aveva subito un tentativo di strangolamento. Una condotta, come appurarono i carabinieri, quella di picchiare, ingiuriare e umiliare la moglie, che Benvenuti aveva più volte tenuto, come confermato anche da alcuni testimoni in aula. La Cassazione ha quindi chiuso definitivamente anche il complesso iter giudiziario. In primo grado con rito abbreviato davanti al giudice per l’udienza preliminare di Firenze, Benvenuti era stato condannato a 18 anni di carcere con gli sconti di pena previsti dalla legge. Sentenza questa che era poi stata appellata in secondo grado. La corte di assise d’appello di Firenze aveva portato la condanna a 30 anni riconoscendo, oltre che all’omicidio volontario, anche l’aggravante di aver commesso il delitto verso il coniuge. Poi l’impugnazione in terzo grado di giudizio davanti alla corte di Cassazione dove l’avvocato Eraldo Stefani, che ha difeso Benvenuti, ha impugnato la sentenza rilevando vari vizi di forma nelle indagini e in particolare nel modo in cui gli inquirenti erano entrati in possesso di elementi di prova emersi da dichiarazioni spontanee rese dallo stesso Benvenuti, che non sarebbero dovute arrivare in aula. Secondo il legale, Benvenuti in quel momento in cui aveva parlato davanti ai carabinieri non era indagato, ma solo persona informata sui fatti. In Cassazione è stato dimostrato che in realtà quelle prove erano già in possesso dei carabinieri che seguirono le indagini, anche prima che il Benvenuti le rendesse spontaneamente.
Per questo e per altri motivi, il ricorso è stato respinto ed è stata confermata, questa volta con sentenza definitiva, la condanna a 30 anni di carcere per Giacomo Benvenuti confermando le sue responsabilità – già emerse in corte di appello di fatto – per il reato di omicidio volontario aggravato. Le indagini avevano avuto un esordio piuttosto incerto in quanto in un primo momento gli inquirenti avevano ipotizzato una morte naturale sulla base di quanto rilevò il medico del 118 quando venne chiamato dallo stesso Benvenuti la sera del 30 ottobre del 2014, dopo che aveva percosso fino alla morte Marinella, persona che versava in una stato di salute piuttosto fragile, forse anche in conseguenza della condizioni del rapporto con il marito. Quando il medico del 118 arrivò sul posto infatti pensò a una morte naturale, ma poi l’insistenza dei fratelli della vittima nei giorni successivi, i quali riferirono agli inquirenti che in passato il Benvenuti aveva già percosso la moglie, persuase la Procura a chiedere un’autopsia. Dalla quale emersero una serie di gravi lesioni alla testa, al tronco e alle gambe che avevano causato delle emorragie interne che erano state fatali per la Bertozzi. Dall’autopsia emersero anche i segni di molte vecchie percosse sulle ossa, segno letto dagli inquirenti come conferma del fatto che il Benvenuti non era nuovo picchiare la moglie. Da li scattò l’arresto cautelare per il Benvenuti che venne prelevato dai carabinieri il 5 marzo del 2014 nella conceria di Santa Croce dove lavorava.

Gabriele Mori

 

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