Cuoiodepur e rifiuti, Scarselli scrive a Gabbanini

15 febbraio 2019 | 21:06
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Cuoiodepur e rifiuti, Scarselli scrive a Gabbanini

Una lettera aperta al sindaco di San Miniato Vittorio Gabbanini per sapere, tra l’altro, se era a conoscenza “delle contestazioni di Arpat al Consorzio Cuoiodepur e delle diffide della Provincia e della Regione”. Un lettera inviata in copia anche alla commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati. L’ha inviata ieri 15 febbraio l’Unione inquilini del Valdarno Inferiore dopo aver reso pubblica, qualche giorno fa, la sentenza con la quale il Tar respingeva il ricorso (Cuoiodepur, sentenza del Tar respinge il ricorso: la lettera). Ve la riproponiamo integralmente così come l’ha scritta l’avvocato Luca Scarselli dell’Unione Inquilini, con la quale cerca di ottenere risposte o quanto meno delucidazioni dal sindaco Di San Miniato Vittorio Gabbanini. Scarselli poi allega alcuni passaggi della relazione davanti alla commissione di incheista gia citata dove ad opera dei relatori il Senatore Laura Puppato e l’onorevole Stefano Vignaroli, un anno fa circa il 28 febbraio 2018 nel panorma toscano venne trattata anche la questione del ciclo dei rifiuti nel Valdarno. in questa realzione sono citate anche le rispsote date ai commissari dal procuratore di Pisa Alessandro Crini e dalla responsabile di Arpat Pisa La dottoressa Laura Senatori. Nella lettera di Scarselli per conto e nome dell’Unione Iquilini che al suo intero riporta anche uno stralcio della commissione di inchiesta parlamentare da cui si evince che il problema, a patto che un problema vi sia questo è ancora tutto da dimostrare in un eventuale e ipotetica sede legale e scientifica, già una anno fa, era già all’attenzione di un commissione di inchiesta. Al momento, merita ricordarlo non vi sono atti, per quanto è consentito sapere nel rispetto della legittima segretezza e dell’indipendenza della indagini dei magistrati inquirenti della procura di Pisa, a carico di nessun legale rappresentante o responsabile di settori, di aziende del territorio collegate al contesto a cui si rimanda nella relazione della commissione di inchiesta su citata.
Ecco la lettera

“Illustrissimo sindaco siamo venuti a sapere di altri fatti concernenti il Consorzio Cuoiodepur ed, in particolare, che lo stesso è stato oggetto dell’attenzione della Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati.
Riportiamo in calce alla presente richiesta i passaggi più significativi ed alleghiamo l’intera relazione della suddetta Commissione; ricordando, oltretutto, che avevamo portato alla Sua attenzione anche dei passaggi di una recente sentenza del Tar Toscana, ma ad oggi non abbiamo
ricevuto risposta.
Di conseguenza siamo a rivolgerLe ufficialmente e le pubblicamente le seguenti domande:
Lei era a conoscenza delle contestazioni di Arpat al Consorzio Cuoiodepur e delle diffide della
Provincia e della Regione?
Era a conoscenza del fatto che lo stesso Consorzio fosse stato oggetto della relazione della
suddetta Commissione di Inchiesta parlamentare ??
Se sì.. perché non ha detto niente alla cittadinanza?
Da quanto ci è dato sapere il Comune nomina alcuni consiglieri del Cda del suddetto
Consorzio, questi ultimi non hanno mai riferito niente al Sindaco??
Detto tutto ciò riportiamo alcune parti della relazione dell commissione di inchiesta sopramenzionata pag. 174 – 176 e 185 – 187 :
‘3) Il depuratore del Consorzio Cuoiodepur di San Miniato….Tutto ciò precisato, va rilevato che ARPA Toscana (Arat ndr) contesta al consorzio (doc. 2049/9) l’accettazione dei liquami su gomma, posto che il depuratore, a predominanza industriale, non è dotato del relativo comparto chimico-fisico. Invero, tali rifiuti non sono consentiti per tipologia (codice CER) e quantità, in quanto sono difformi rispetto alla normativa ambientale, tant’è che è intervenuto un provvedimento di diffida della regione Toscana (decreto dirigenziale n. 5856 del 15 luglio 2016).
Sul punto è intervenuta ancora la responsabile del dipartimento di Pisa di ARPA Toscana, dottoressa Laura Senatori, la quale ha osservato che l’impianto di Cuoiodepur, in realtà, è un depuratore che non è autorizzato al trattamento dei rifiuti, nemmeno ai sensi dell’articolo 208 del codice ambientale, dal momento che possiede un’autorizzazione semplicemente allo scarico per la depurazione dei reflui. Tuttavia – ha proseguito la Senatori (relazionando alla commissione ndr) – presso tale impianto viene fatta anche un’attività di smaltimento di rifiuti, ai sensi dell’articolo 110, comma 3, usufruendo della lettera a) del decreto n. 152 del 2006, che consente a un impianto di depurazione di accettare rifiuti su gomma, purché
siano definiti i limiti di accettabilità in fognatura, sul presupposto sostenuto dall’azienda che, se quei rifiuti pervenissero nella fognatura industriale, loro li prenderebbero. Tuttavia – ha osservato la Senatori – rimane da spiegare la differenza tra un depuratore e un impianto di trattamento rifiuti, date le tipologie di rifiuti che entrano.
Peraltro, il depuratore urbano del consorzio Cuoiodepur usufruisce di una deroga che riguarda esclusivamente i cloruri in relazione all’attività conciaria, in quanto essendo le pelli salate, si ritrovano nelle acque di scarico concentrazioni altissime di cloruri, che nessun impianto di depurazione è in grado di abbattere. In virtù di tale deroga, finalizzata allo scopo anzidetto, il consorzio riceve gli extra-flussi dell’attività agroalimentare, per esempio la salamoia della ********, che ha più di 30.000 cloruri.
Si tratta di rifiuti che l’impianto di depurazione non potrebbe ricevere, non essendo la deroga ottenuta estensibile ad altre tipologie di rifiuti, così come non potrebbe ricevere i rifiuti su gomma, che provengono da impianti di trattamento rifiuti. Invero, l’ARPA Toscana ha rinvenuto
presso l’azienda formulari degli impianti di trattamento della ******, della ***** e anche della ******, prima della sua acquisizione da parte del gruppo *******, i quali hanno conferito all’impianto consortile i loro rifiuti. Purtroppo, trattandosi impianti di trattamento rifiuti, non si sa che cosa in realtà abbiano mescolato a loro volta e che cosa abbiano poi conferito all’impianto del consorzio Cuoiodepur.
Ciò che ARPA ha osservato è che l’impianto, obiettivamente, non è strutturato per essere un impianto di trattamento rifiuti, in quanto è concettualmente predisposto per il trattamento dei reflui conciari, quindi, il chimico-fisico che possiede è finalizzato a questa tipologia di rifiuti,non ad altre tipologie. A fronte di questa posizione, che l’ARPA Toscana sostiene da diversi anni, nel 2014 la provincia di Pisa, che allora era competente, ha diffidato il consorzio Cuoiodepur dall’accettare questi rifiuti, ma senza effetto.
Successivamente, con il passaggio delle competenze ambientali alla regione Toscana, quest’ultima ha emesso una diffida proprio su questo aspetto, a cui, tuttavia, il consorzio non ha minimamente ottemperato. Per inciso, va detto che, come ha ricordato il presidente della provincia di Pisa nella relazione in data 8 maggio 2017 (doc. 1994), a seguito alla legge n.56 del 2014 (Legge Delrio), con legge regionale della Toscana del 3 marzo 2015, n. 22, sono state trasferite alla Regione le funzioni in materia di rifiuti e bonifica dei siti inquinati, già esercitate dalle province. Sono passate alla regione anche le funzioni esercitate dalle province ai sensi della legge regionale 18 maggio 1998, n. 25 (Norme per la gestione dei rifiuti e la bonifica dei siti inquinati) e le funzioni concernenti l’applicazione del tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi, di cui alla legge regionale 29 luglio 1996, n. 60. Il trasferimento di funzioni alla regione ha inoltrecomportato anche il passaggio a tale ente del personale delle funzioni trasferite. A questo punto l’ARPA Toscana ha investito anche la procura della Repubblica di tutta la relativa tematica. Tuttavia, dal 2014 a oggi, pur in presenza di un impianto di depurazione dei reflui, e non di un impianto di trattamento di rifiuti industriali, per il quale manca l’autorizzazione, che crea, peraltro, anche un impatto ambientale, a causa dell’inadeguatezza dello stesso impianto rispetto alle sostanze trattate non vi è stato modo di superare il problema.
La dottoressa Senatori ha inoltre precisato che, tramite la condotta industriale, sono arrivati all’impianto, nel 2016, 1,6 milioni di metri cubi. Si parla della condotta industriale, esclusa quindi quella civile. Gli extra-flussi (quelli su gomma) sono stati 82.000 metri cubi nell’anno, che chiaramente, facendo un confronto quantitativo, rappresentano poca cosa rispetto al resto.
Pertanto, è quasi impossibile trovare nello scarico sostanze anche pericolose, dopo una diluizione del genere.
Comunque, il parametro non sarebbe il cromo perché il grosso del cromo viene proprio dalla condotta industriale, in quanto le concerie che fanno la concia al cromo dovrebbero averne in quantità minime perché, effettivamente, dovrebbe prevalere la concia al vegetale. Tuttavia, il cromo è presente, sebbene non del tipo esavalente, cosa che è stata esclusa dalle indagini effettuate da ARPA Toscana. Di conseguenza, il cromo esavalente non c’è neanche nei fanghi prodotti dall’impianto di depurazione.
Sul punto, comunque, si tornerà di seguito, a proposito delle dichiarazioni rese in data 6 novembre 2017 dal dottor Alessandro Cirini (
Crini ndr, nella relazione della commissione parlamentare il procuratore di Pisa viene citato come Cirini ma il vero nome è Alessandro Crini probabilmente, a causa di un refuso del redattore), procuratore della Repubblica presso il tribunale di Pisa, il quale si è soffermato sulle possibili conseguenze dell’uso del cromo nella concia del pellame. Viceversa, l’ARPA Toscana ha rinvenuto nello scarico il superamento del selenio, una sostanza pericolosa, in concentrazioni misurabili nei loro scarichi. Il selenio non proviene dall’attività di concia. L’origine del minerale è un’altra. Presumibilmente, il selenio proviene dagli anzidetti extra-flussi, posto che l’impianto di depurazione ha tre fonti di approvvigionamento: la condotta industriale, quella civile e gli extra-flussi, sicché vi è da ritenere che il selenio sia contenuto proprio negli extra – flussi…
Confidando in un pronto riscontro porgiamo distinti saluti”

Santa Croce sull’Arno lì, 15 febbraio 2019
Avvocato Luca Scarselli
firmato digitalmente
si allega relazione commissione inchiesta